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Paolo Becchi, Conte e la crisi farsa: "Una grande carnevalata, manca solo la maschera"

Paolo Becchi - Giuseppe Palma
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 Conte si è dimesso. Finalmente verrebbe da dire, visto che da quando Renzi ha tolto la delegazione ministeriale di Iv dal governo sono passati tredici giorni. Il premier ha cercato di resistere come un Japanese holdouts andando alla ricerca dei "responsabili", ma non li ha trovati. Tuttavia il presidente del Consiglio aveva ottenuto la fiducia delle due Camere, anche se al Senato solo quella relativa, quindi non era obbligato a dimettersi. Il vero nodo è stato l'intermezzo rappresentato dalle dichiarazioni previste per questa settimana del ministro Bonafede sullo stato della giustizia, sulle quali il governo sarebbe andato sotto. Le dimissioni nascono da questo scoglio.

 

 

Cosa accadrà adesso? Oggi pomeriggio iniziano le consultazioni dei gruppi parlamentari al Quirinale, che termineranno venerdì mattina. A quel punto è probabile che il capo dello Stato conferisca già venerdì un incarico esplorativo a Conte limitato a 2-3 giorni, per vedere se riesce a mettere su una maggioranza assoluta anche al Senato, comprendente Italia Viva e i "voltagabbana". Pardon, i "costruttori". I quali si stanno organizzando e oggi a mezzogiorno si riunisce la giunta per il regolamento del Senato con la richiesta fatta da De Falco per ottenere da Tabacci in "prestito" il simbolo del Centro democratico "Cd". Conte svolgerà le sue "consultazioni" nel weekend e sarà lì che probabilmente Matteo Renzi metterà dei paletti imbarazzanti per i 5Stelle, tipo via Alfonso Bonafede dalla giustizia e al suo posto Maria Elena Boschi. Un modo come un altro per far saltare il "Conte ter" e piazzare a Palazzo Chigi un altro premier gradito a Renzi e al Pd. Patuanelli andrebbe benissimo a tutti. Cosa farà il M5s al cospetto delle richieste di IV e dei "costruttori", anch' essi in cerca di un posto al sole nel nuovo esecutivo? Mai più con Renzi suona un po' come mai col Pd .

In questa crisi di governo, occorre dirlo, il vero assente è stato sinora proprio il partito di maggioranza relativa, il M5S, che esprime la bellezza di oltre trecento parlamentari. L'unica cosa che Di Maio è stato in grado di dire è che bisogna evitare le elezioni, quindi si faccia un governo a qualsiasi costo - anche a rischio di perdere la faccia - tanto c'è la mascherina che copre l'imbarazzo. Col taglio dei parlamentari e col vento che soffia nel Paese, in caso di elezioni anticipate di quei trecento parlamentari almeno duecento resterebbero a casa, quindi è altamente probabile che qualsiasi richiesta di Renzi e dei "costruttori" verrà accettata.

 

 

 

La crisi di governo è così pilotata non dal partito di maggioranza relativa bensì da chi ha perso le elezioni, il Pd, da un partitino del 2%, Italia Viva, il cui leader era il segretario dem nella disfatta del 4 marzo 2018 e da Tabacci. La chiamano democrazia parlamentare, in realtà sono giochetti di Palazzo che con la democrazia hanno poco a che fare. Il destino di questa legislatura è ancora nelle mani di Renzi. Fu lui a far saltare il primo tentativo di alleanza tra M5S e Pd nell'aprile 2018, fu lui a dar vita al "Conte bis" nell'agosto 2019. Ed è sempre lui che ha portato Conte alle dimissioni di ieri, dipenderà da lui la nascita dell'eventuale "Conte ter".

Il M5S assiste alla finestra: fateci di tutto fuorché il voto anticipato. Avremo dunque la stessa maggioranza con un altro premier? Non cambierebbe nulla. Una maggioranza diversa aperta a Forza Italia o parte di essa con Conte? Accetterà il M5S, dopo aver digerito Renzi e poi Mastella, di allearsi anche con una parte di Forza Italia? Saranno sufficienti i "costruttori"? Lo vedremo. Non c'è proprio alcun senso in quello che sta accadendo: una pagliacciata, una carnevalata. Il rischio è di finire dalla padella nella brace. 

 

 

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