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La giustizia? Una ferita da sanare: perché è la vera vittima dei giallorossi

Alfonso Bonafede, ministro delle Giustizia

Roberto Cota
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La relazione sulla giustizia che il ministro Bonafede presenterà la prossima settimana in Parlamento è il primo banco di prova per il governo dopo l'uscita di Italia Viva dalla maggioranza. Crisi o non crisi, però, la questione giustizia è il classico nodo che arriva al pettine e probabilmente Renzi ha valutato anche l'approssimarsi dell'appuntamento nella scelta dei tempi per sferrare l'attacco a Conte. Il covid e la crisi economica hanno distolto l'attenzione, ma la gestione della giustizia sia in epoca gialloverde che giallorossa è uno dei tasti dolenti dell'esperienza di Conte premier.

Sotto la gestione di Bonafede, solo per citare due esempi, è stata approvata la modifica della disciplina sulla prescrizione che oggi consente di far durare i processi praticamente all'infinito. Inoltre, è entrata in vigore la nuova normativa sulle intercettazioni che, lungi dal risolvere l'annoso problema della tutela della riservatezza dei cittadini, lo aggrava, sia sotto il profilo della captazione delle conversazioni che del loro utilizzo. Senza contare l'approccio del ministro sempre completamente sbilanciato verso le esigenze delle procure. Bonafede si destreggia a fatica tra le norme costituzionali perché, nella sostanza , secondo lui il cittadino è presunto colpevole, non il contrario. Con lui al ministero della Giustizia, il nostro sistema giudiziario in questi anni si è pesantemente involuto. Ai sostenitori del governo ad ogni costo bisognerebbe dire che questo è il costo.

 

 

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