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Giuseppe Conte, Pietro Senaldi avverte il premier: "Gli alleati sono pronti a scaricarti"

Pietro Senaldi
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 Conte ha una settimana scarsa per aumentare il numero dei parlamentari che sorreggono la sua nuova maggioranza. I 156 voti raccolti martedì non bastano secondo il presidente Mattarella per garantire una navigazione tranquilla nell'Italia in crisi sanitaria, economica e politica. Lo sta facendo presente in queste ore anche il Pd, che vorrebbe fissare la linea di galleggiamento a quota 170, o poco meno. E qui sta il punto. Le partite in corso a sinistra sono due.

La prima si gioca alla luce del sole, con i dem che tifano perché la caccia dell'avvocato foggiano ai voltagabbana abbia successo, ma fanno poco o nulla per aiutarlo. A parole, per il Pd Conte è il punto di mediazione tra loro e M5S, partito ancora di maggioranza relativa, anche se solo nelle Camere, e pertanto la sua conferma è irrinunciabile e, se non dovesse trovare i numeri, bisognerebbe andare al voto. La seconda si svolge nei corridoi e prevede di assassinare il premier senza sporcarsi le mani di sangue e senza neppure andare alle urne. In caso di elezioni anticipate infatti, Conte farebbe un partito che toglierebbe il 5% dei consensi ai dem e un altro 5% a M5S, che verrebbero quindi colpiti quasi a morte dall'uomo che stanno sostenendo.

Per raggiungere l'obiettivo ci sono a loro volta due strade. La prima è più sicura ma servono calma, gesso e molto cinismo nei confronti dell'Italia, che pagherebbe un prezzo altissimo. Prevede di dare fiato al premier e alla sua maggioranza raccogliticcia fino all'estate, quando si entrerà nel semestre bianco, il periodo di tempo che precede l'elezione del nuovo capo dello Stato, durante il quale la Costituzione vieta le urne. In questi mesi il governo non farà nulla, se non vaccinare gli italiani poco e male, chiudere una settimana sì e l'altra no, elargire ridicoli bonus, buttare lo scarso denaro che ha nel reddito di cittadinanza o, peggio, nei monopattini, e stendere dei programmi generici e velleitari per ottenere la prima modesta tranche degli aiuti europei, che la Ue è sempre più dubbiosa se elargirci, tanto da non riuscire più ormai a nascondere le proprie perplessità.

A quel punto, qualcuno da sinistra si alzerà in piedi per certificare che Renzi aveva ragione nelle sue critiche di oggi e che il terzo Conte ha fatto meno del secondo e perciò non si può più tergiversare nel liquidarlo, tanto più che cambiare cavallo non comporta più il rischio per i parlamentari del rompete le righe, con annessa perdita del sostanzioso emolumento. È la via che apre allo scenario di un governo di salvezza nazionale, dove tutte le forze dell'emiciclo diventerebbero responsabili, sempre che per allora ci sia rimasto qualcosa da salvare.

 

 

 

La seconda strada, giusto un filo più rischiosa, ma rapida e che permette alle forze di maggioranza di mantenere il potere senza doverlo spartire con tecnici o esponenti del centrodestra, contempla che Conte venga sostenuto a parole e abbandonato a se stesso nei fatti. Se fra una settimana l'uomo di Volturara Appula avrà rimpinguato solo miseramente il proprio pallottoliere, il Pd potrebbe, senza farsi accorgere, segnalare al Quirinale che la caccia ai voltagabbana è fallita; e se Mattarella lo certificasse pubblicamente, chiedendo al Parlamento un ulteriore sforzo di responsabilità, i grillini sarebbero costretti a rinunciare a Conte. Qualcuno dispiacendosi, qualcun altro meno.

A quel punto, spunterebbe dal nulla una decina di volenterosi pronta a sostenere come premier Di Maio o qualche notabile Pd e rientrerebbe in gioco perfino l'inaffidabile Renzi, che oggi i giallorossi mettono all'angolo, ma che sarebbe irrinunciabile per la sinistra se essa ambisse a mettere un suo uomo al Colle più alto. In tutto questo, il «premier venuto dal nulla», come lo ha definito ieri il Corriere della Sera, foglio per dna governativo e per vocazione pendente a sinistra, si dimena da una settimana, inseguendo al telefono volenterosi come un piazzista cerca testimonial famosi per promuovere un evento o un vino. Giuseppe e il fido Rocco Casalino hanno aperto le scritture per l'ultimo show del foggiano, una sorta di «Isola di (ex) famosi», dove la mancanza di dignità è la dote principale richiesta per partecipare.

Ultima scivolata del premier, che per fare uno sgarbo a Renzi ne fa due al Pd, è stata la cessione della delega ai Servizi Segreti. Italia Viva la invocava, i dem la sollecitavano, Conte l'ha concessa, designando Benassi, il suo consigliere diplomatico. Una mossa che ricorda quando Berlusconi cedeva tutto al fratello per risolvere il conflitto d'interessi e che legittima la domanda se Giuseppe, ci è, ci fa, o semplicemente non ci sta più. 

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