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Marta Pellizzi, quasi cieca e con un tumore: l'Inps le taglia l'assegno

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Emilia Urso Anfuso
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Marta Pellizzi ha 31 anni e vive a Imola. Da circa 13 anni convive con gravi problemi di salute. Un tumore al cervello, recidivante, che si è ripresentato per ben quattro volte, rendendola quasi cieca e in maniera permanente. Due interventi neurochirurgici molto delicati, e ora l'attesa per il terzo. Un caso simile in un Paese civile dovrebbe trovare il sostegno delle istituzioni. L'Italia però è una nazione che, spesso, va in senso contrario alla coerenza, e persino alla decenza. La giovane ha dovuto lottare per il riconoscimento dell'invalidità civile, tanto che solo dopo una sentenza del Tribunale di Bologna ha ottenuto il 100% d'invalidità, manco fosse un premio. Poi, ecco il granello nell'ingranaggio poco oleato dell'Inps.

Arriva una nuova chiamata a visita. In commissione si presenta un solo medico, poi si scoprirà non essere specialista in alcuna delle patologie di cui Marta è affetta: è specializzato in medicina orientale. Le documentazioni richieste non vengono valutate, nel verbale di visita non si fa cenno alla condizione di gravità, ma si solleva il fatto che la giovane sia "laureata", come se questo fosse un elemento probante di una truffa ai danni dell'Inps. Risultato: l'invalidità riconosciuta cala dal 100% al 70%. Peraltro, i genitori di Marta hanno perso il lavoro a causa del Covid-19, il denaro che entra è grazie alla professione di specialista in comunicazione sui social che la ragazza ha creato con una forza d'animo mostruosa. Ecco le sue parole. «Di falsi invalidi ne sentiamo parlare spesso - dice Marta a Libero -, di quelli veri meno. Probabilmente è una concausa, una sorta di pregiudizio aggiuntivo verso chi cerca di farsi riconoscere un diritto. Sono venuta a conoscenza di molte storie similari alla mia: oltre al dramma si vive pure la beffa di non vedersi riconosciuti i sacrosanti diritti».

Come cambia la prospettiva di vita, anche a causa dei preconcetti verso chi diventa invalido?

«Si vive con l'ansia di dimostrare la propria invalidità. A volte non si ha ben chiaro dentro se vogliamo ritenerci invalidi o normodotati (normodotato, come invalido, non è un termine che mi aggrada, ma devo usarlo per farmi comprendere da chi legge). Ci si aspetta dalla persona con handicap un certo modo di vivere. Se ti viene in mente di tirar fuori la voglia e la forza di perseguire sogni e progetti, decadi dalla condizione di invalido. Sui preconcetti e pregiudizi ne ho parlato nella mia tesi di laurea sperimentale Teatro sociale e disabilità. Realtà teatrali a confronto discussa il 6 marzo del 2018 presso l'Università degli Studi di Ferrara. In quell'occasione mi sono confrontata con me stessa, ho compreso le sfumature tra essere persona con handicap ed essere persona e basta».

Ha avuto la sensazione che la commissione per il riconoscimento dell'invalidità abbia gradito poco il fatto che, nonostante la malattia e l'essere ipovedente, lei si sia laureata e abbia creato una sua impresa? La forza d'animo viene percepita come negativa?

«Direi venga usata come discriminante o elemento avverso nella valutazione. Studiare e lavorare sembrerebbero sinonimo di "essere in forma". Secondo me le verifiche dell'Inps non sono condotte accuratamente. Le domande poste sono vessatorie o ingannevoli. A volte deridenti. Lo so bene poiché sono stata 'chiamata a visita' 3 volte. La prima nel 2008, quando mi è stato riconosciuto il mio stato invalidante. La seconda nel 2011 quando mi è stato tolto il mio stato invalidante (poi ritornata invalida civile per sentenza del Tribunale di Bologna nel 2012). La recente visita invece mi ha visto nuovamente diminuire l'invalidità. Mi pare stiano giocando con la mia vita, a volte. Vi riporto alcune affermazioni che, da tempo, mi ronzano in testa, affermazioni dette da membri di commissioni medico-legali. 'Allora, visto che non è completamente cieca, può prendere la patente. Ci ha mai provato?'. 'Come mai si tinge i capelli se tanto non può vederseli?'. 'Perché non ha un cane guida? Ai ciechi serve per spostarsi».

Noi due siamo entrate in contatto grazie a un suo appello su Twitter. Molti utenti si sono appassionati alla sua storia diffondendo i suoi tweet. Mi ha detto che di recente ha ricevuto una telefonata dal presidente dell'Inps Pasquale Tridico che le ha assicurato che verificherà quanto è accaduto. Il web può quindi avere un grande potere positivo...

«I social hanno enorme peso nella vita delle persone, possono aiutarle a informarsi e, nel caso del business, a ottenere visibilità o guadagno. Un mezzo ben usato è benefico per sé e gli altri. Uso Twitter per divulgare la mia storia. Lo faccio da diverso tempo con l'hashtag #IoNonMollo. I miei tweet ottengono migliaia di visualizzazioni e sono sempre sostenuti da tantissime persone. Ho contribuito a dar coraggio a persone che mi han confessato 'grazie a te trovano la forza di andare avanti'. Ciò mi riempie di orgoglio. Una storia sconvolgente come la mia è d'impatto per i giovani. Il mio incoraggiamento gli dà forza. Il presidente dell'Inps Tridico mi ha chiamato, voleva sentirmi telefonicamente. Gli dispiace per i miei problemi di salute. L'ho sentito commosso. Presto mi arriverà una comunicazione ufficiale che farà chiarezza sulla vicenda. L'attendo con impazienza».

Un'ultima domanda: in Italia stiamo assistendo allo scandalo del reddito di cittadinanza elargito a pioggia anche a chi non ne ha diritto, criminali compresi. Che effetto le fa sapere che la distribuzione del denaro pubblico è gestita in maniera così disorganizzata?

«Provo rabbia nel sapere di aiuti destinati ai bisognosi utilizzati e spesi dai non bisognosi. Vivere una situazione di fragilità economica - e io la sto vivendo - è pesante a livello psicologico. Vorrei permettermi di rivolgere un appello: le persone con handicap hanno bisogno della vicinanza delle istituzioni. Devono essere compresi. Serve supporto e agevolazione fiscale per l'autoimprenditorialità. A oggi un libero professionista con handicap non gode delle medesime agevolazioni dei dipendenti. Si devono valutare azioni per favorire l'autoimpiego di chi come me non riesce a trovare un lavoro da dipendente». 

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