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Pietro Senaldi, iniezioni di vaccino a rischio: ecco perché il governo ci chiude in casa

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Fino a ieri mattina Domenico Arcuri esultava perché siamo primi in Europa nel numero dei vaccinati. Non è vero. La Danimarca, per esempio, se compariamo le iniezioni alla popolazione, quasi ci doppia. La questione centrale però non è questa. Il punto è che la grande campagna vaccinale, appena iniziata, è già finita. Le Regioni hanno pressoché esaurito le dosi, compresa la Lombardia, sbeffeggiata perché è partita più lentamente delle altre ma che ha già recuperato, tanto da averne ormai somministrate più di tutti. Abbiamo comprato un milione e 800mila dosi da Pfizer, abbiamo vaccinato oltre un milione di persone e Arcuri ci obbliga a tenere da parte il 30% delle fiale, perché teme che il secondo carico non arrivi entro i 21 giorni di tempo ottimale tra la prima e la seconda iniezione. La casa farmaceutica tedesca ha infatti annunciato che taglierà del 29% la quantità di siero destinata all'Italia. Di conseguenza, se fino a ieri ci aspettavamo 490mila vaccini a settimana, da lunedì dovremmo accontentarci di 350mila, che in proiezione significa che andremo avanti a fare iniezioni per almeno un anno e mezzo. Colpa del fatto che Arcuri su Pfizer aveva puntato tutto; infatti abbiamo prenotato solo poche decine di migliaia di dosi da Moderna e almeno fino al 29 gennaio non arriverà il via libera al siero anglo-italiano di Astrazeneca-Irbm.

Sta nella carenza del vaccino la ragione del nuovo giro di vite voluto dal governo. Conte e i suoi, incapaci di farci convivere con il virus, ma anche di curarlo, vista la curva dei morti, hanno puntato tutto sulla profilassi, promettendo aperture in concomitanza con la progressiva immunizzazione della popolazione. Poiché dopo due settimane siamo già in ritardo, siamo passati dall'apertura promessa alla maggiore chiusura imposta, con tanti saluti a chi aveva prestato fede alle parole del premier. Ristoratori, negozi, circoli sportivi e palestre, mondo dello sci, devono affrontare un nuovo stop, o un suo prolungamento a tempo indeterminato, malgrado la curva dei contagi non si stia alzando in modo preoccupante.

 

 

Se non puoi vaccinarli, chiudili in casa e ammazzali economicamente, è il piano pandemico del governo. Per realizzarlo, sono stati stracciati i criteri con cui venivano assegnate le zone gialle, arancioni e rosse e sostituiti con parametri più rigidi. La situazione ospedaliera sotto controllo non pesa più per uscire dalla zona rossa, in compenso ci si entra con un indice di contagio più basso di prima (da 1,5 a 1,25). Accantonata anche l'incidenza, ovverosia la percentuale di nuovi positivi ogni centomila abitanti. Prima per diventare zona rossa dovevano essere 50, ora che la Lombardia, per esempio, ne ha solo 25 e quindi sarebbe gialla, il criterio non conta più. Ci avevano detto di aver comprato 200 milioni di vaccini. Ci avevano detto che, stando a casa a Natale, saremmo potuti uscire dopo. Ci avevano detto che, attenti a igiene e distanziamento, saremmo tornati al ristorante. Balle. Le chiusure puntellano la narrazione dell'emergenza, funzionale a tenere in piedi il governo e lontano il voto. E chissà poi perché, se con i ristoranti aperti il contagio non sale, dobbiamo chiuderli e pure impedire l'asporto, malgrado il divieto riduca le entrate di un altro 50%.

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