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Filippo Facci, "ipocriti che pensano solo alla poltrona". Perché la crisi di governo è doverosa

Filippo Facci
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Ma davvero - domanda - c'è ancora chi definisce «irresponsabile» una crisi di governo durante la Pandemia? Non è ancora chiaro, cioè, che la crisi è necessaria proprio perché c'è la Pandemia? Non è ovvio, dunque, che la crisi serve a scongiurare una volta per tutte l'equivoco, la sfiga, ciò che ha fatto coincidere il governo peggiore possibile col momento peggiore possibile? I termini responsabile e responsabili e responsabilità, in queste ore, si inseguono in una giostra demenziale da capogiro, ciò che fa sembrare incerti anche i punti fermi e immutabili. Il primo, stranoto, è che i presunti responsabili, quelli che rimpiazzerebbero i vuoti di governo, sono solo gli impresentabili ambasciatori di centinaia di parlamentari che hanno terrore di perdere l'ultimo scranno ben pagato della loro vita: e questo lo sanno tutti. Hanno voluto il taglio dei parlamentari e centinaia di essi hanno perciò zero probabilità di essere rieletti, e la strabordante maggioranza di essi - lo sanno tutti anche questo - sono grillini o ex grillini, quelli che schifavano la politica perché aspettavano la democrazia diretta: beh, ora sono in più di cinquanta ad aver venduto la «cadrega» e a essersi imboscati in quasi tutti gli altri gruppi parlamentari: sono scappati dappertutto (non solo nei soliti partiti: oltre al gruppo misto ricordatevi che esistono Alternativa Popolare, Centro Democratico Italiani in Europa, +Europa, Azione, Movimento Italiani all'Estero, Cambiamo!, Alleanza di Centro, Noi con l'Italia, Usei, Popolo Protagonista: tutta paranza democratica) e hanno tralasciato, i grillini, solo le minoranze linguistiche: per quanto siano una minoranza linguistica e pure sintattica. Questi grillini ex o post, peraltro, sono quelli che invocavano il vincolo di mandato (ricordate?) e cambiavano marciapiede se incrociavano un politicante avverso, ma ora si dicono pronti a un governo di solidarietà nazionale (con loro a capo, certo) pur di non rinunciare allo stipendio sino a fine legislatura. Il fatto che con nuove elezioni vincerebbe il centrodestra (sondaggio di ieri docet) li lascia indifferenti: è come dopo la morte, tanto loro non ci saranno.

Il momento è ora - Così, ora, parlano di irresponsabilità per chiunque interrompa il corso di un governo durante una pandemia. Il problema è che la pandemia non è iniziata l'altro ieri, e non finirà martedì prossimo, ergo: non è che dobbiamo tenerci per forza un governo incapace (manifestamente) sino a che esisterà un ultimo italiano sfiorato dal virus. Il momento di cambiare è adesso, perché adesso, coi vaccini, o si corre o si muore come corpo sanitario ed economico. A dirlo, oltre alla logica, non è stato un patologo, ma l'economista Carlo Cottarelli: «L'importanza del Recovery Plan è indubbia per il medio termine», ha scritto sulla Stampa, «ma al medio termine occorre arrivarci, e per arrivarci dobbiamo superare l'attuale crisi Covid senza troppi ulteriori danni: per questo penso che la vera priorità al momento sia il Piano Vaccini. Eppure se ne parla troppo poco».

Pezzi fuori posto - In altre parole, è da un anno che ci scontriamo col problema di frenare il contagio ponendo tuttavia vincoli all'economia, oltreché all'istruzione. Il governo Conte si è dimostrato capace solo di ricomporre di continuo (con errori clamorosi, costati carissimi) il puzzle delle aperture e delle chiusure, spesso mischiando incompetenza politica a incompetenza epidemiologica. Dopo un anno di tentativi, la coperta resta corta. La gente continua a morire, l'economia pure (l'anno scorso il deficit è salito a 180 miliardi) e quindi, ora, tutto si riduce a una gara contro il tempo per uscire dallo stallo: tutte le risorse devono essere spese per uscire il più celermente possibile dalla crisi sanitaria. Ora è arrivato il vaccino e quindi basta improvvisare: non possiamo lasciare anche questo giocattolo in mano a Giuseppe Conte e a Domenico Arcuri. Gli obiettivi dichiarati da questo duo disgraziato sono troppo modesti, rispetto a quanto stanno facendo altri Paesi: 6 milioni di italiani vaccinati entro fine marzo, 30 milioni entro fine 2021. È poco. «Sono obiettivi modesti, perché lascerebbero gran parte della popolazione italiana nell'incertezza», ha ribadito Cottarelli. Insomma, ora viene il difficile e il complicato: sarebbe il caso - è davvero il caso - di lasciar spazio a politici non improvvisati e di cui non doverci vergognare di continuo. Serve gente in grado di accelerare il programma di vaccinazione e rimettere a punto il deludente piano di inizio dicembre: quindi serve ben altra competenza, c'è poco da fare. Poi ci sarà il tempo di litigare sui ristori, sul Recovery Plan, persino sulla miseria degli ipocriti «responsabili» che per uno stipendio terminale darebbero via un Paese.

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