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Donald Trump, l'accusa di Renato Farina: "Per la manifestante morta nessuno si è inginocchiato"

Renato Farina
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Sul "dramma della democrazia americana" si è aperto ampio e autorevole dibattito. Quello lo lascio perdere. Mi rendo conto. La storia in generale è importante, con i suoi giganti quasi sempre di paglia. Ma le pedine, i singoli sacrificati nella macina, spariscono subito: bisognerà pure che qualcuno se ne occupi. Da qui alcune considerazioni inattuali.

LA VITTIMA
Tanti hanno visto il filmato dell'omicidio a freddo, una pena di morte eseguita con perizia nel Campidoglio di Washington. Un colpo solo e ciao. Ashli Babbitt aveva 35 anni ed era una veterana delle guerre in Afghanistan e in Iraq. Aveva tutti i difetti del mondo. Non doveva essere lì. Non si invade la sede del parlamento, soprattutto se sei una sostenitrice di Trump e addirittura complottista seguace di "Qanon", setta antiglobalista. È caduta senza un grido, gli altri del gruppetto l'hanno chiamata per nome, le hanno sollevato la testa, non si sono buttati sui poliziotti intorno, ma sul corpo inerme della ragazzona per soccorrerla. Non c'erano armi, ma i soliti stupidi cellulari. La chiamavano per nome, gli agenti li tenevano a bada. Per ore si è detto che era stata ferita, per prudenza non è stato rivelato, neppure al momento della morte, da che parte era partito il proiettile. Giusto. Esiste un dovere nell'informare: mentre c'è un incendio non si versa benzina, bisogna evitare altre morti. Poi è spuntato il filmato. La mira presa con cura istantanea dal killer probabilmente dell'Fbi.

 

 

IL TIRO AL BERSAGLIO
Non ho trovato alcuna condanna in giro. Nessuno, proprio nessuno tra i politici e gli opinionisti ha eccepito in Italia e nel mondo su quest' atto deliberatamente mortale. Non è stata conteggiata neanche tra i femminicidi, figuriamoci. Eppure chi l'ha atterrata non era in pericolo imminente, non c'è stata legittima difesa come nel caso del carabiniere che ha sparato a Carlo Giuliani a Genova il 20 luglio del 2001: il manifestante gli stava tirando addosso un estintore, e intorno c'era un clima da linciaggio. Ci rendiamo tutti conto. Nello spostamento immane della storia, quella morte è un fatto minimo, un'inezia. Non riesco a non provare compassione per quella donna. Non solo per lei ma anche nei confronti di quei trentamila mobilitati da chi aveva quattro anni prima suscitato la loro speranza di uscire dal mondo dei dimenticati.

UN POPOLO INGANNATO
C'erano certo farabutti in quella piccola massa, altri esprimevano con l'entusiasmo dell'essere insieme che fa presumere di poter conquistare il mondo, una totale disistima verso l'establishment fatto di politici, finanzieri, padroni di Facebook e di Twitter, giornalisti e politologi, uniti contro di loro.

UN LEADER VILE
2) Personalmente non perdono Donald Trump per la sua viltà. È andato in mezzo a loro, li ha spinti al gesto disperato e assurdo, da cavalleria polacca contro i panzer. E poi se n'è stato davanti alla tivù a vedere l'effetto che fa il proprio carisma, ormai trasformato in venerazione di sé stesso che merita il sacrificio degli innocenti. Quindi, a danni fatti e morti a terra (cinque, tra cui un poliziotto), dal calduccio della Casa Bianca, per salvarsi le chiappe, ha chiesto alla gente da lui inviata ad assaltare la fortezza di tornare alle proprie dimore, non una lacrima per Ashli. Non era quello il tuo leader, Ashli. riproduzione riservata L'inutile tentativo di rianimazione di Ashli Babbitt, colpita da un proiettile sparato dagli agenti di sicurezza del Campidoglio il 6 gennaio.

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