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Walter Veltroni, Iuri Maria Prado e i motivi per non mandarlo al Quirinale: "Disprezzo incommensurabile"

Iuri Maria Prado
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Seguo con genuino interesse e con vera preoccupazione la camminata di Walter Veltroni verso il Quirinale. L'interesse è genuino e la preoccupazione è vera perché lui ci proverà sul serio, anzi è ormai da anni che si sta muovendo in quel senso: ma soprattutto perché c'è il rischio, il dannatissimo rischio che questo suo intendimento trovi soddisfazione e che alla Repubblica, dunque, sia inflitta la vergogna di finire presieduta da questo signore. Provo un disprezzo personale incommensurabile per Walter Veltroni, per la sua profonda incultura e per il modo con cui essa si accredita, pervertendosi in pedagogia di massa, presso il Paese prevedibile e sciocco che vi si subordinerebbe serenamente. Disprezzo con ogni mia fibra la storia, le parole, i simboli, la concezione e la pratica del potere, insomma tutto quanto formula la tradizione di cui Walter Veltroni è insieme frutto e rappresentante, e tutto ciò ritengo tanto più detestabile quanto più il detestarlo appare comunemente eccessivo, esagerato, immotivato. Disprezzo senza possibilità di rimedio la seriosità vacua della sua militanza pubblica, la destinazione puntuale e spesso sgrammaticata dei suoi discorsi nel precipizio di una proverbialità banalista, nel flusso scemo del canyon provincial-transnazionale che trascina le cose facili, Kennedy e Greta, la Resistenza e la Domenica Sportiva, i Beatles e il compagno Berlinguer, Martin Luther King e Sanremo, e le fa approdare fradice di una retorica strapaesana sui palchi delle televisioni democratiche che gli apparecchiano la marchetta.

 

 

DOPPIA MORALE
Disprezzo persino i comportamenti in sé meritevoli di Walter Veltroni, perché anche quelli denunciano una persistente stortura dietro quella apparente rettezza. Vedi, ultimamente (e anche questo fa parte del percorso verso l'ambìto Colle), la diuturna opera di "retweet", insomma di reiterazione, con cui Veltroni ripropone i messaggi del profilo Auschwitz Memorial, una terribile elencazione coi nomi e cognomi e le fotografie degli ebrei, degli zingari e degli altri rinchiusi nel campo di concentramento nazista. Oh, non so cosa farci: mi girano le palle e penso ai settecentomila fucilati dai comunisti sovietici tra l'autunno del 1937 e quello dell'anno dopo; penso ai lavori statistici di Mao per programmare le quantità di esseri umani da sopprimere per tenere in ordine il programma collettivista; penso alle milionate di kulaki nei gulag mentre qui, non su Marte, il maestro politico (Togliatti) del maestro di vita (Berlinguer) di Veltroni spiegava che Giuseppe Stalin era "un gigante del pensiero"; e penso che se non ci sono fotografie di questa roba su Twitter, quanto meno per opera di persone come Veltroni, è perché creerebbero qualche imbarazzo nel ricordo dello schiocco dei baci dei comunisti italiani sulle guance di quei massacratori. Io Walter Veltroni al vertice della Repubblica non lo voglio. E voglio costituire un libero comitato che lavori almeno per testimoniare che proprio non tutti, in Italia, sono disposti ad accettare una simile prospettiva di desolazione. Chi si candida a presiederlo? P.S. Inutile dire che il comitato cesserebbe di esistere immediatamente se Walter Veltroni dichiarasse formalmente la propria indisponibilità ad accettare l'incarico ove mai, come è probabilissimo, il suo nome cominciasse a girare e - dio non voglia - a imporsi alla conta. Ma questa dichiarazione non ci sarà, e dunque - purtroppo - il comitato avrà da lavorare. Ripeto: chi vuol presiedere #NoVeltroni?

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