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Vittorio Feltri su Marco Formentini: "Il leghista che cambiò Milano"

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Marco Formentini alla non verde età di 90 anni è morto, come accade a tutti i viventi, inclusi i longevi. La notizia del decesso, non lo nascondo, mi ha addolorato perché quest'uomo preparato è stato per circa sei lustri il simbolo della rinascita democratica, dopo la parentesi oscura di Mani pulite che fu una sorta di pietra tombale sui socialisti craxiani e sui democristiani, per mezzo secolo protagonisti della politica italiana e lombarda in particolare. Infatti nel 1993, a Milano, si trattava di eleggere il nuovo sindaco, e la Lega, all'epoca bossiana e in costante crescita, scelse quale candidato proprio Formentini, persona affidabile e di buona cultura in un periodo nel quale i padani passavano per rustici se non addirittura buzzurri.

La città era in fermento, essendo stati tutti i partiti, tranne quello ex comunista, stritolati da Antonio Di Pietro, capo della famosa inchiesta giudiziaria, ossia Mani pulite. Il 1993 era il primo anno in cui, a seguito di una riforma istituzionale, il cittadino numero uno di una amministrazione comunale veniva stabilito, finalmente, dal popolo. Il quale indicò l'alfiere leghista, cioè il prode Formentini. L'evento fece scalpore poiché nessuno sospettava fosse possibile che sindaco della metropoli, la cosiddetta capitale morale ed economica, diventasse un signore del Carroccio. Questi ai vertici della Giunta meneghina si comportò in maniera distinta benché la maggioranza in suo sostegno fosse traballante.

L'elezione fu un fatto storico che segnò una svolta importante anche nella politica nazionale. Era la prima volta che un leghista giungeva all'apice di un capoluogo di Regione. Formentini rimase al suo posto fino al 1997, poi il suo curriculum si arricchì di un seggio al Parlamento europeo grazie ancora all'appoggio di Umberto Bossi, dal quale si separò quando Alberto da Giussano imboccò la strada del separatismo. Infine, come succede a parecchia gente, pure lui manifestò simpatie per lo Scudo Crociato nonostante che questo fosse in crisi profonda. Così si conferma il vecchio adagio: creperemo tutti democristiani dopo essere stati incendiari. Un'ultima nota. Marco da ragazzo fece in tempo ad essere partigiano. Ora che se ne è andato senza fare chiasso rendiamogli onore, lo merita.

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