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Giuseppe Conte, caccia a 48 responsabili: il premier promette avanzamenti di carriera

Fausto Carioti
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Cercansi 18 senatori e 30 deputati "responsabili", fuori dal perimetro dell'attuale maggioranza e disposti a votare la fiducia al governo. Si garantisce rapido avanzamento di carriera. Astenersi perditempo. Per quanto allettante, l'offerta del presidente del Consiglio non ha avuto sinora l'effetto sperato. Nessuna transumanza di nuovi Scilipoti. Eppure, se Matteo Renzi fa sul serio, come lui stesso continua a giurare, e se Giuseppe Conte vuole davvero portare in aula lo scontro col leader di Italia viva (due «se» enormi, in questa sfida tra bluffatori), è lì che si dovrà andare a parare: alla sostituzione dei 48 renziani con un numero più o meno analogo di transfughi provenienti dall'opposizione. Altrimenti il governo è finito.

 

 

E allora o spunta in pochi giorni una maggioranza disposta ad appoggiare un nuovo esecutivo (non è escluso nemmeno un Conte 3, in tal caso), o si va a votare. Il terrore che questa volta sia diversa dalle altre, grillini e piddini ce l'hanno. Roberto Fico, pentastellato e presidente della Camera, ieri ha lanciato dalle colonne della Stampa un appello strappacuore: una crisi adesso, ha detto, sarebbe «incomprensibile e disastrosa», «imperdonabile». Parole utili solo a galvanizzare l'ex sindaco di Firenze, che non toglie il piede dall'acceleratore. Per sterilizzarlo servirebbe altro: i mitici responsabili, appunto. Magari imbellettati e travestiti da nuovo movimento di Conte. Solo che non è semplice. Intanto perché Sergio Mattarella non accetterebbe di rimpiazzare un partito con un'accozzaglia di peones: ha già fatto sapere che vuole una soluzione politica seria. E poi perché la materia prima scarseggia: chi voleva correre in soccorso dei giallorossi lo ha già fatto.

GLI AZZURRI RESISTONO
Prendiamo l'aula di palazzo Madama: M5S, Pd, Italia Viva e Leu, i quattro "veri" partiti di governo, contano insieme 150 senatori, assai meno della maggioranza assoluta, pari a 161. Quelli che fanno la differenza vengono dal gruppo delle Autonomie, dal Movimento italiani all'estero e da altri anfratti del gruppo misto. Il fondo del barile, insomma, è stato raschiato da tempo: non completamente, ma quasi. Restano, come potenziali adescati, gli eletti di Forza Italia e i restanti parlamentari del gruppo misto. Con l'addio di Italia viva si libererebbero due belle poltrone da ministro e una da sottosegretario: interessano a nessuno? Ma tra gli azzurri non tira aria di smottamento. E dagli altri piovono solo 2 di picche per Conte. I tre corteggiatissimi senatori di Cambiamo!, il partito di Giovanni Toti, ieri hanno ribadito che non saranno loro ad aiutare il premier. «Siamo all'opposizione e restiamo all'opposizione», assicura Gaetano Quagliariello. Stessa cosa fanno i tre senatori dell'Udc, il partito di Lorenzo Cesa, appartenenti al gruppo di Forza Italia. «Non siamo utili idioti né servi sciocchi», è il messaggio che uno di loro, Antonio Saccone, invia al premier. Anche se blandizie e profferte abbondano. «Arrivano telefonate da palazzo Chigi e dai piani alti del Pd, perché ormai danno tutti per scontato che Renzi uscirà dal governo», racconta Cesa all'Huffington Post.

L'UNICO SÌ
L'unico "sì" ufficiale a Conte è quello di Sandra Lonardo, moglie di Clemente Mastella, eletta con Forza Italia. «Se il presidente del Consiglio dovesse rivolgere un appello ai "responsabili" per andare avanti, sarei pronta ad accoglierlo», annuncia. Non cambierebbe nulla, però: la senatrice fa parte del gruppo misto da luglio e ha già votato la fiducia al governo. Altri tacciono, come l'ex forzista Raffaele Fantetti, ed è possibile che corrano in aiuto di Conte. Ma il vuoto che lascerebbero i renziani è enorme e lo sarebbe anche se quattro o cinque di loro non partecipassero allo strappo. Truppe in grado di rimpiazzarli non se ne vedono, o attendono le ultime ore per spuntare un prezzo più alto.

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