Antonio Socci contro Giuseppe Conte: "Non ha bloccato i contagi e ha ucciso l'economia", il conto da pagare
Il Capo del governo non manca di autostima, ma difetta nell'autocritica. Forse direbbe che non ha posto in garage per un'altra "auto", ma in questo momento gli sarebbe più utile la seconda, perché ha i freni per fermarsi e il volante per sterzare. Infatti chi ha una responsabilità di guida (di un Governo, come di un'Azienda) non può eludere la realtà: deve verificare dove sta andando e fare un realistico bilancio per capire se la strada intrapresa è quella giusta o è sbagliata. Nel nostro caso lo impongono i dati dell'emergenza Covid. Da tre mesi il governo ha di nuovo chiuso l'Italia - danneggiando le attività economiche e limitando la libertà dei cittadini - ma lo scopo dichiarato non è stato raggiunto, infatti ci avevano promesso un Natale in libertà e invece siamo sempre più reclusi.
Vediamo nel dettaglio. In ottobre si sono avuti i primi provvedimenti governativi di "chiusura" dagli effetti nulli. Così il 3 novembre è arrivato un nuovo Dpcm, quello che istitutiva le famose zone colorate ed entrava in vigore dal 6 novembre (tali misure dovevano cessare il 3 dicembre e invece continuano tuttora e anzi sono state rese ancora più dure). A distanza di quasi due mesi possiamo valutare i risultati di questi provvedimenti confrontando i dati dei "bollettini di guerra" del 3 novembre (giorno di emanazione del Dpcm) e del 25 dicembre (il Natale che, secondo le promesse, dovevamo trascorrere in libertà). Il bollettino del 3 novembre, era questo: su 182.287 tamponi eseguiti si sono trovati 28.244 test positivi. I morti sono stati 353. I pazienti in terapia intensiva 2.225. Dopo tre mesi di Dpcm e quasi due di chiusure colorate, al giorno 25 dicembre, i dati sono questi: su 152.334 tamponi sono risultati 19.037 casi positivi (mille più del giorno precedente). I morti sono stati 459 e i ricoverati in terapia intensiva per Covid sono 2.584.
ZONE COLORATE
È ovvio che si possono fare sofisticate analisi di questi dati e sulle curve dei grafici, ma, in concreto, due mesi dopo, il numero dei morti e quello dei ricoverati in terapia intensiva resta agli stessi livelli (ieri su 81.285 tamponi si sono avuti sono 10.407 positivi, il tasso di positività è salito così al 12,8 per cento. I morti sono stati 261. In terapia intensiva 2.582). Come si spiega? Il virus ha un'incubazione di un paio di settimane, infatti il governo aveva previsto di cancellare le "zone colorate" il 3 dicembre: contava quindi di dare un colpo alla pandemia con un mese di chiusure. Invece dopo due mesi non si è risolto nulla. Perché? Possibile che nessuno rifletta criticamente sull'inefficacia di quelle misure? Ci si può domandare dove si è sbagliato? Si chiede troppo? I nostri governanti somigliano a quel protagonista della serie televisiva "Happy Days" che non riusciva a pronunciare la parola "Scusa" e "Ho sbagliato". Dicono sempre di aver fatto tutto bene.
Ma intanto l'Italia è nelle prime posizioni della classifica nera per numero di morti e danni economici. Un bilancio fallimentare. I sostenitori dell'esecutivo ribattono che nessuno ha la bacchetta magica. Ma perché allora in gran parte degli altri paesi le cose vanno meglio che da noi? C'è chi replica che i ministri fanno quello che possono. Tuttavia se facendo "quello che possono" si constata che i risultati sono questi (fallimentari) sarebbe bene non insistere e magari passare la mano. Non lo ha ordinato il medico (e neanche gli italiani) di stare al governo se non si sanno risolvere i problemi. Magari altri potrebbero essere più capaci e avere idee migliori.
LA BATOSTA
Per esempio, per mesi, tanti - a cominciare dalle opposizioni - hanno ripetuto che si poteva e si doveva fare molto di più sui trasporti, il personale ospedaliero e soprattutto per le cure precoci a casa (vedi l'intervista del 15 dicembre del professor Giuseppe Remuzzi a Pietro Senaldi), una strategia che, confermano molte esperienze, potrebbe ridurre fortemente il numero dei ricoverati e quello dei morti (che sono i dati più importanti e dolorosi). Il governo invece in questi mesi li ha snobbati e ha preferito concentrarsi tutto sulle "chiusure" per combattere la diffusione del contagio. Ma questa strategia continua a non ottenere il risultato sperato. Inoltre è discutibile di per sé, trattandosi di un'epidemia che nella gran parte dei casi è asintomatica o poco sintomatica.
L'effetto vero delle chiusure non si ha sulla diffusione del contagio, ma sull'economia: è una gigantesca batosta. Secondo la Cgia di Mestre, nel 2020, le Pmi italiane hanno perso 420 miliardi di fatturato a causa del lockdown (-13,5 per cento). L'aiuto diretto del governo alle imprese è stato irrisorio: appena 29 miliardi, meno del 7 per cento. Sono state devastate intere filiere (a cominciare da ristoranti, alberghi e commercio). Un vero "massacro sociale" del ceto medio italiano (mentre, nel primo semestre, le multinazionali del web in Italia hanno aumentato il fatturato del 17 per cento). Insomma l'Italia sprofonda, si allungano le file alle mense dei poveri e il governo neanche se ne accorge.