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Natale, Pietro Senaldi: "Conte e il governo sono impazziti, ora si salvi chi può da divieti inutili e incomprensibili"

Pietro Senaldi
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Il governo è impazzito, si salvi chi può. Siamo in mano a un manipolo di sadici, o quantomeno di cinici senza cuore, per dirla con Giorgia Meloni. Quando, a inizio novembre, Conte ha chiuso il Paese, aveva giustificato le restrizioni spiegandoci che erano necessarie per salvare il Natale. Ieri, in piena ossessione compulsiva da divieto, ci è stato comunicato che il Natale possiamo mettercelo in quel posto. E con lui la vigilia, San Silvestro, Capodanno, l'Epifania e i fine settimana da qui al 7 gennaio. Forse non erano in cattiva fede allora, è proprio che sono incapaci non solo di fare ma anche di prevedere. È finita l'ora d'aria, svanito il sogno di un 25 dicembre normale, consoliamoci tentando di salvare la Pasqua. Il Paese è stato riaperto solo sei giorni fa e già deve richiudere.

Ristoratori, negozianti, famiglie, sono stati tutti presi in giro. Peggio, trattati da sudditi. Da giovedì le zone rosse tornano in tutta Italia, senza che ci sia stata un'impennata dei contagi o dei ricoveri in terapia intensiva a giustificarle. La motivazione ufficiale addotta dai governanti è la prudenza, quelle reali sono la mancanza di programmazione, la codardia, la consapevolezza di essere impreparati, il terrore per il futuro e il disprezzo per il popolo ma anche per se stessi, altrimenti non si contraddirebbero ogni due per tre. L'esecutivo approfitta delle due settimane di ferie che abbiamo davanti per cercare di ridurre i contagi, senza però spiegarci cosa pensa di fare e cosa accadrà dal 7 gennaio, quando dopo averci rovinato le vacanze Conte ci restituirà la libertà di lavorare.

Questo procedere a forza di continue aperture e chiusure, oltre che estenuante per il sistema nervoso dei cittadini e devastante per le attività produttive, è inquietante per tutti, perché dimostra che chi ci comanda procede giorno per giorno, a seconda delle proprie ansie e sensazioni prima ancora che dei dati reali, sia economici sia sanitari. Il Covid toglie ossigeno ai polmoni dei malati e alla sanità pubblica. Natale e Capodanno sono per il premier le ultime occasioni per fare il pieno d'aria. Poi bisogna trattenere il fiato fino alla profilassi, sperando di non decedere nel frattempo, visto che essa è di là da venire. Se dall'8 gennaio si ritroveranno senza fiato negozi, ristoranti e quasi tutto il terziario, per l'esecutivo sarà solo un effetto collaterale di scarsa importanza. I ministri ci chiedono ancora uno sforzo in attesa di un futuro più roseo. Il presidente del Consiglio si agita per dare una parvenza di razionalità alle proprie decisioni, ma l'esperienza dei mesi passati porta solo scetticismo. Il ritornello del governo è sempre lo stesso: soffri e sarai ricompensato. A marzo sui balconi delle case che rinchiudevano gli italiani campeggiavano migliaia di scritte «andrà tutto bene». Chi oggi esponesse una frase simile rischierebbe il pubblico ludibrio, se non il linciaggio.

MISURE IRRAZIONALI
Il premier si ostina ad andare in tv alle 10 di sera per spiegare le proprie decisioni, senza accorgersi che ogni passaggio gli fa perdere consenso e credibilità. Il suo narcisismo è intollerabile. Occupa il piccolo schermo per elencare pedissequamente e noiosamente le proprie concessioni come fossimo un popolo di deficienti incapaci di informarci se non dalla sua bocca. È evidente a chi lo ascolta che è privo di ogni strategia. Le scelte del governo sono determinate dal terrore al punto da essere completamente irrazionali. Si teme che gli italiani si contagino facendo spese nei negozi e per risposta si riduce di un giorno lo shopping: il 24 tutti a casa. Il risultato è che lo stesso numero di persone andrà nei medesimi negozi in sei giorni anziché sette, con un aumento inevitabile degli assembramenti, specie oggi e domani. Eppure, prima di riaprire, quando i giallorossi non erano ancora nel panico, qualche mente illuminata aveva suggerito di posticipare l'orario di chiusura degli esercizi fino alle 21. Niente da fare, l'orario si accorcia. È come se, dopo aver scoperto che i contagi avvengono nei mezzi pubblici, l'esecutivo avesse deciso di ridurli anziché incrementarli. Con le regole che cambiano da un giorno all'altro, gli italiani non riescono a organizzarsi.

Fanno subito quel che possono perché non si sa cosa sarà consentito loro domani. Infatti questo fine settimana si riversano a milioni su treni, aerei, autostrade. Tutti in fuga, diretti a seconde case e paesi d'origine. Un assembramento folle ed evitabile, solo che si fosse consentita la mobilità per tutte le vacanze, visto che comunque il viaggio da affrontare per ciascuno di noi è uno, e allora è meglio spalmarlo su più date possibili anziché concentrarlo tra oggi e domani. Incredibilmente c'è ancora qualche cittadino che accetta di digerire le piroette legislative di un premier che ricorda più un dottore sadico che un sacerdote della prevenzione. Parte della popolazione è stata annichilita da un mix di terrore e retorica. O, semplicemente, sta in casa perché è arrivata a non poterne più di questo Paese, al punto che le pesa perfino uscire. Tra chiusure e riaperture, gli italiani non sanno più se vivono nella realtà o in un dpcm di Conte. Viene il sospetto che il comportamento del premier sia di studiata opacità, volto a destabilizzare i cittadini. Stanno a casa, così non spendono e non si accorgono di non avere più soldi. Imprenditori e commercianti vengono sfiniti con continui cambi di programma che li rendono inconsapevoli perfino dei propri diritti.

TUTTI A NANNA
Si fa l'esempio della Germania e degli altri Paesi che chiudono, senza dire che però sono rimasti aperti fino a ieri. L'Austria si ferma, ma dal 27 dicembre, mentre Berlino e Londra, che comunque hanno da sempre vacanze di fine anno più lunghe delle nostre, avevano programmato la serrata di Natale già a fine settembre. Il cosiddetto lockdown non serve solo a preservare gli ospedali, ma anche il governo, sul quale soffiano venti di crisi e che per sopravvivere ha bisogno di ovattare la situazione del Paese. Tutto chiuso, tutti a casa a nanna. A marzo, quando si riaprirà, sarà un risveglio drammatico. I ristori sono pochi, solo 645 milioni, e con un tetto massimo di 150mila euro a prescindere dal fatturato perduto, le attività fallite saranno tante e con esse i cittadini che perderanno il lavoro. Qualche milione, probabilmente. Il governo lo sa, altrimenti non avrebbe deciso di destinare oltre 100 miliardi del Recovery Fund per finanziare opere già programmate. Il che significa che i quattrini che l'Europa ci dà per rilanciarci e investire sono già stati spostati sulla mera sopravvivenza.

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