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Pescatori italiani in Libia liberati, ma a quale prezzo? "Riconosciuto il dittatore Haftar, mistero sulla contropartita"

Andrea Morigi
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Tornano alle loro case entro domenica, avarie dei motori permettendo, i diciotto marittimi di Mazara del Vallo bloccati da 108 giorni a Bengasi. Per sbloccare la trattativa, è stata necessaria una missione nella capitale della Cirenaica del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che ieri hanno ottenuto il rilascio dei sei prigionieri italiani detenuti insieme a otto tunisini, due indonesiani e due senegalesi da parte del generale Khalifa Haftar, comandante in capo dell'Esercito Nazionale Libico.

 

 

Il passo compiuto dal governo italiano, dal punto di vista delle relazioni internazionali, comporta un riconoscimento implicito del ruolo e dell'importanza dell'apparato militare della Libia orientale alleata dei russi, degli egiziani e degli Emirati Arabi Uniti, sostengono alcuni commentatori. In realtà, sembra essere più una gentile concessione all'Italia, finora alleata e sostenitrice del governo rivale di Tripoli ma ininfluente sugli equilibri della regione nonostante una presenza attiva della nostra diplomazia sul territorio della ex colonia tricolore, senza contare gli interessi nazionali in campo energetico. Senza far riferimento ai pescatori liberati, in una nota diffusa dopo l'incontro, Haftar ha «elogiato il ruolo e l'impegno del governo italiano nel sostenere la soluzione della crisi libica», spiegando che sono stati esaminati «gli ultimi sviluppi relativi l'andamento del dialogo politico» intra-libico e anche «gli ultimi eventi legati al dossier libico sulla scena internazionale».

LE TRATTATIVE
Per superare gli ostacoli fra le due parti, in realtà si era resa necessaria una serie di triangolazioni fra Roma, Parigi, il Cairo e Tripoli. In particolare, l'opera di mediazione risolutiva sarebbe stata condotta dal presidente francese Emmanuel Macron presso l'omologo francese Abdelfattah Al Sisi, che potrebbe pretendere dall'Italia, per ripagare il suo interessamento, una linea più morbida sui diritti umani e nello specifico sui casi di Giulio Regeni e Patrixk Zaky. Poiché i termini del negoziato non sono stati resi noti dalle parti, a differenza della fotografia di gruppo di Conte e Di Maio con i pescatori finalmente liberi, occorrerà da ora verificare se sia stata prevista una contropartita per la liberazione degli equipaggi dei due motopescherecci italiani Medinea e Antartide.

 

 

Fra le richieste messe pubblicamente sul tavolo già nel mese di settembre da Bengasi vi era infatti uno scambio di prigionieri, che avrebbe dovuto facilitare la liberazione di quattro giovani libici condannati per traffico di esseri umani e ospiti delle carceri italiane. Pertanto la loro posizione geografica attuale si rivelerà decisiva per capire come si è giunti al risultato di ieri. Se le loro celle fossero vuote o in procinto di svuotarsi, o fosse stato comunque pagato un prezzo, occorrerà chiedersi perché la decisione sia stata così tardiva. E ricordare anche che, oltre ad aver rischiato di subire un processo per aver invaso le acque territoriali libiche, nella fase più difficile, i nostri connazionali e i loro colleghi sono stati seriamente minacciati di essere indicati come trafficanti internazionali di stupefacenti.

LA CONTROPARTITA 
Qualche sospetto, l'opposizione ce l'ha. In aula al Senato, il leader della Lega Matteo Salvini esulta per questa «giornata di festa per tutti», sebbene la convocazione di Conte e Di Maio a Bengasi gli appaia fuori luogo, in quanto «l'operazione è stata portata avanti dai Servizi, non dalla politica» e .in questi casi, ricorda l'ex ministro dell'Interno, «servono cautela e riservatezza». Lo ribadisce anche il prsidente del Copasir, il leghista Raffaele Volpi, che rivolge il suo «sincero ed affettuoso ringraziamento al generale Caravelli e al personale dell'Aise per la costante dedizione e il determinante lavoro svolto. Unicamente a loro va la mia sentita gratitudine». La figuraccia, attacca il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida è sotto gli occhi di tutti dopo «la solita indecente passerella» dei vertici dell'esecutivo, «dopo oltre tre mesi di immobilismo», ma «non cancellerà l'incapacità dimostrata in questa vicenda».

 

 

È «il consueto teatrino mediatico per tentare di annacquare la crisi di governo latente e un fallimento diplomatico per il nostro Paese, oramai totalmente ininfluente nel quadrante del Nord Africa», osserva Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera. A Mazara, intanto, è l'ora dei festeggiamenti, dopo tre mesi di presenza ininterrotta al presidio permanente di fronte ai palazzi delle istituzioni romani. Se ne felicita anche l'arcivescovo locale, monsignor Giuseppe Mogavero, che nei giorni scorsi aveva invocato addirittura l'intervento dei corpi speciali.

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