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Natale e coronavirus, nemmeno contro le Brigate Rosse fu schierata così tanta polizia

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Mentre si fanno le prove tecniche per un rimpasto di governo seguendo i famigerati canoni della prima Repubblica, Giuseppe Conte si appresta a trasformare le festività natalizie in un vero e proprio incubo. Infatti, sono già stati allertati settantamila uomini fra forze di polizia ed esercito per controllare gli spostamenti degli italiani, né si esclude di dichiarare nelle prossime ore il lockdown nazionale al fine di ridurre ulteriormente le libertà personali. Non si era mai osato tanto, nemmeno negli anni bui del terrorismo brigatista. Una scelta così estrema viene presentata come la migliore soluzione, per salvaguardare la salute dei cittadini. Viene in mente la manzoniana donna Prassede sempre disponibile a fare il bene degli altri a patto che quale fosse il bene venisse deciso dalla stessa gentildonna milanese.

 

IL GERME DELLA TIRANNIDE
In dottrina politica tutto ciò ha un nome: tirannia. Già Alexis de Tocqueville nel 1835 in "La democrazia in America", avverte che «non vi è autorità sulla Terra rispettabile in sé stessa che possa agire senza alcun controllo e dominare senza ostacolo. Quando io vedo accordare il diritto o la facoltà di fare tutto a una qualsiasi potenza, che si chiami popolo o re, democrazia o aristocrazia, si eserciti essa in una Monarchia o in una Repubblica io dico: qui è il germe della tirannide». A fronte di ciò, e a dispetto delle procedure costituzionali, l'azione di governo continua secondo procedure strettamente amministrative in forza delle quali, da un lato, si condiziona pesantemente la vita quotidiana dei connazionali, mentre, dall'altra, si disconosce il ruolo del Parlamento, sede esclusiva della rappresentanza della nazione e della competenza legislativa. Nessuno ignora che il nostro ordinamento riconosca all'esecutivo la facoltà di emanare norme, ma tutto ciò è previsto che avvenga secondo una rigida logica di controllo e di dibattito in sede di Assemblea elettiva.

ATTI AMMINISTRATIVI
A tal proposito, vale la pena di ricordare ancora una volta che all'articolo 77 della Costituzione si precisa che «quando in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni». Nel caso dei Dpcm si tratta addirittura di atti amministrativi, senza alcuna forza di legge. Abbiamo appreso dalla storia politica degli ultimi due secoli che una delle battaglie più impegnative che i liberaldemocratici hanno dovuto combattere è stata quella d'impedire che singoli governanti potessero avere la possibilità di accentrare nelle loro mani poteri straordinari.

Ogniqualvolta è accaduto, lo Stato di diritto ha cessato di essere tale. Forse, è giunto il momento di riflettere sul fatto che, dietro l'emergenza Covid, qualcosa di assai più preoccupante stia avvenendo nella vita politica del nostro Paese e che rimanda alla perenne tensione, nei sistemi democratici, fra "potere visibile e potere invisibile". Elias Canetti ricorda che «appartiene all'essenza stessa del potere occultarsi», ma ciò non toglie che la diversa estensione delle due sfere resti il criterio principale per potere distinguere fra un governo democratico e uno autocratico. Un criterio che in Italia, con il Conte bis, sembra essere stato smarrito. Recuperarlo, quale metro di misura dell'azione politica, non potrà che essere l'impegno primario di chi crede ancora nel valore delle libertà individuali.

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