Pietro Senaldi: coronavirus, più morti rispetto alla Seconda Guerra Mondiale. Ma Giuseppe Conte non sa cosa fare
Giuseppe Conte ha dichiarato ieri in un'intervista a La Stampa di «non voler galleggiare». Infatti si va a fondo. A rischiare non è tanto il premier in quanto tale, che probabilmente riuscirà a tirare avanti un altro po', visto che nessuno ambisce a regnare sulle macerie, bensì il Paese. L'Istat ha fatto sapere che nel 2020 l'Italia avrà più di 700mila morti, quanti nel 1944, l'anno delle stragi di Marzabotto e Sant' Anna di Stazzema, quando eravamo contemporaneamente teatro di una sanguinosa guerra civile e di un conflitto bellico mondiale, con le rappresaglie naziste e i bombardamenti angloamericani. Allo stesso tempo, per ogni bambino ci sono cinque ultrasessantacinquenni. Calcolatrice alla mano, l'avvocato del popolo rischia di essere più devastante di Hitler ed Erode messi insieme. Cuor contento, il ciel l'aiuta, l'intrepido Giuseppe non si fa turbare dalla realtà e continua a dire che l'Italia può dare lezioni al mondo sulla gestione dell'epidemia e che lui vanta la miglior squadra di ministri possibile. Beato lui, che ha la fortuna di farsi intervistare solo da chi è più interessato al rimpasto del governo che ai destini della nazione.
Il problema di Conte è sempre stato quello di confrontarsi con la realtà, fin da quando, nel gennaio scorso, dichiarò che eravamo «prontissimi» all'arrivo della pandemia. Italia Viva e il Pd la scorsa settimana hanno anche provato ad avanzare un problema di competenze all'interno dell'esecutivo, ma poi la cosa è rientrata, quando evidentemente i due partiti si sono guardati allo specchio e hanno capito che non avevano cervelloni né soluzioni da mettere sul piatto. quali competenze Mentre l'inquilino di Palazzo Chigi si sforza di ostentare sicurezza, non possiamo stare tranquilli noi. La settimana scorsa siamo diventati il Paese europeo con più decessi causa Covid e abbiamo consolidato il nostro terzo posto nella funerea classifica del rapporto tra popolazione e defunti. In compenso siamo ultimi per distacco nella lista di chi sarà vaccinato. L'Agenzia Europea del Farmaco ha fatto sapere che probabilmente darà il via libera alla profilassi la prossima settimana. Per i nostri partner europei questa è una buona notizia. La Germania inizierà la somministrazione del siero nel giro di 48 ore, la Spagna entro il 4 gennaio. Da noi è una beffa, perché, tanto per cambiare, non siamo pronti. Il ministro della Salute, Speranza, quello del libro Perché guariremo, ha annunciato un'accelerata: si parte, se non ci sono intoppi, a metà gennaio, ma solo per medici ed esercito, perché non ci sono dosi sufficienti neppure per gli ultraottantenni, che poi rappresentano oltre l'80% delle vittime. L'inconsistenza del pupillo di Bersani ormai dà sui nervi da tempo al suo sottosegretario, il grillino Sileri, che a differenza del titolare del dicastero è medico chirurgo con specializzazione in Usa e ha vinto il suo collegio uninominale. «Ci sono una sciatteria e un pressapochismo generalizzati che hanno mandato a morire centinaia di infermieri e dottori a cui nessuno ha mai fatto un corso» è sbottato ieri l'unico scienziato che abbiamo al governo, che da mesi predica nel deserto. Come dargli torto?
Il piano vaccini è inesistente e compriamo siringhe dalla Cina a un prezzo più alto di quello a cui le aziende italiane le vendono al resto d'Europa. Abbiamo un Comitato Tecnico Scientifico e qualche capoccione all'Organizzazione Mondiale della Sanità ma siamo ancora privi di un protocollo nazionale che indichi una linea d'azione contro il Covid. A Bergamo, provincia martire, il professor Giuseppe Remuzzi, uno dei medici italiani con il più alto quoziente di valore scientifico internazionale, ha scritto con alcuni colleghi un documento che illustra le linee di cura per guarire senza ricorrere al ricovero: antinfiammatori ai primi sintomi, senza aspettare il tampone, e cortisone nei pochi casi in cui subentra la polmonite. Ricetta semplice, tant' è che qui nessuno la prende in considerazione. Di conseguenza, i consigli di Remuzzi, un uomo prudente che però giura sull'efficacia del metodo, vengono seguiti in mezzo mondo ma non da noi.
D'altronde, se la situazione si aggrava, il governo la ricetta ce l'ha già, sempre la stessa: chiudere tutto. Domenica scorsa Conte ha riaperto il Paese. Il tempo di farsi i complimenti e raccogliere applausi per la sua accorta gestione della seconda ondata, che già il premier ha fatto annunciare dai suoi ministri la imminente richiusura. Tanto per cambiare, ha dato la colpa agli italiani, che sono tornati nei bar e nei negozi riaperti. D'estate l'esecutivo dà il bonus vacanze e a Natale il bonus regali, ma se uno poi lo prende sul serio e parte o spende, fa la figura dell'irresponsabile. Il grande scudo di Palazzo Chigi è la Germania: se chiude la Merkel, dobbiamo farlo anche noi. Nessuno però a dire che le scuole tedesche sono restate aperte fino a ieri e che Berlino ha anticipato le vacanze solo di tre giorni, che per le vie di Amburgo e Düsseldorf ancora oggi si gira senza obbligo di mascherina o che alle attività chiuse la Cancelliera versa il 90% del fatturato perduto, mentre da noi la cifra non supera il 25%, e comunque non può essere mai più alta di 150mila euro, anche per chi ha un giro d'affari di centinaia di milioni.
Quest' anno avremo tanti morti quanto nel 1944, quando imperversava una guerra che ha fatto oltre 60 milioni di vittime nel mondo. Ma, sepolti i nostri caduti, ci aspetta un dramma ancora peggiore: nel 2021, quando il resto del mondo si sarà vaccinato e l'economia ripartirà, saremo solo noi a piangere, con Conte e Speranza a litigarsi la parte del gatto e della volpe, Renzi nel ruolo di Pinocchio e Grillo in quello di Mangiafuoco. La pandemia è l'iceberg, l'Occidente è il Titanic e gli italiani sono i viaggiatori di terza classe. Per noi non ci sono né scialuppe né vaccini. Solo suonatori d'orchestra nei tg della sera.