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Moni Ovadia, l'intervista: "La Lega pensa alla cultura, il Pd ai favori"

Francesco Specchia
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Una volta qualcuno era comunista, direbbe Giorgio Gaber, allo spettacolo di Moni Ovadia, comunista, filopalestinese, ebreo errante della cultura appena nominato direttore del Teatro Comunale di Ferrara grazie al leghistissimo sindaco della città Alan Fabbri. Appena nominato e democraticamente massacrato da destra e sinistra.

Ovadia, mettere lei a capo di un teatro di una giunta leghista è un po' come mettere Xi Jinping alla Federal Reserve, o Giorgia Meloni al posto di Greta Thunberg. Non si trova un po' in imbarazzo?

«Ma no. Era già successo a Cividale del Friuli, al Festival della Mitteleuropa dove ero stato arruolato dal sindaco di Forza Italia Attilio Vuga. Diceva che gli avevo fatto ingoiare tutte le cose di sinistra che detestava. Non condivideva il mio pensiero, ma portavo cose belle alla città, ed era contento».

Però, scusi, lei non era quello che il leghismo «è un brodo di coltura del fascismo»? Parliamoci chiaro. La mossa di Vittorio Sgarbi di proporla alla direzione del teatro - sacrosanta e oltre le ideologie - ha scontentato la destra e annichilito la sinistra

«La mia nomina sotto l'ala leghista è importante per il Paese: hanno riconosciuto di avere un gap nella cultura, e sono corsi ai ripari. Ai miei spettacoli capita spesso di avere nel pubblico gente con Libero o Il Giornale in tasca che fa: "Ovadia, non sono d'accordo con lei. Ma è bravo e la vengo a vederla". D'altronde se un tuo avversario politico fa la cosa giusta, è serio riconoscergliela. Ai congressi del Pd io, sulla politica economica dicevo: "Chiedo troppo se chiedo di ispirarvi a Tabacci?" Ecco, ogni militanza ha pari dignità, io sono e resterò di sinistra».

Però, la sinistra non le ha mica mai offerto la direzione di un teatro

«Eh, no. Mi telefonavano solo per chiedermi favori sotto elezioni, e io che credevo ai valori davo una mano. Ho partecipato anche alla fondazione del Pd, pensavo potesse nascere qualcosa di buono, con Veltroni che mi invitò a recitare un discorso di Primo Levi. Finché non ho cominciato, sull'Unità di Colombo, a criticare la svolta del Pd che scimmiottava la terza via di Tony Blair che io considero un criminale di guerra. Spariti tutti, e io non ho mai avuto santi in paradiso».

Pensi il destino. Lei parlava con Veltroni e Bertinotti. E ora si ritrova con Alan Fabbri, l'assessore Gulinelli, il discusso "Naomo" Lodi, uomini di Salvini. Il quale - inizialmente scettico - s' è congratulato per la scelta. Salvini. Cosa dirà lei, ora, ai compagni?

«Fabbri e Naomo, con me, sono stati dei signori. Io nella Lega ho trovato interlocutori validissimi. E ho chiesto che il mio appannaggio non fosse superiore di quello degli omologhi in altre città; e ogni altro mio lavoro in teatro non verrà ovviamente pagato, per correttezza. Eppoi, via, sugli epiteti, sono cose che si dicono, da ragazzo avevo amici come Salvini con cui al bar si discuteva animatamente, e si finiva con un "Non capisci un cazzo!" reciproco. Finiva lì e ci ritenevamo fieri avversari».

 

 

Però, lei nel suo discorso di insediamento ha citato Louis-Ferdinand Céline

«E che c'entra ora Céline?»

Come che c'entra, scusi? Céline era un tantino nazista. Lei, studioso yiddish, è ebreo con parenti finiti nei lager...

«Célinè ha avuto problemi personali e, certo, era umanamente terrificante; ha aderito al nazifascismo fino alla fine. Ma lei può negare che il suo Viaggio al termine della notte sia un assoluto capolavoro? Che dovremmo dire, allora, del nazista Heidegger: che fosse un filosofastro o una delle menti più raffinate di ogni tempo? Dovremmo lapidare Barenboim che ha suonato Wagner in Israele solo perché Wagner era razzista?».

Oddio. Scusi se insisto. Ma lei non era quello candidato alle elezioni per Agnoletto e Tsipras, le battaglie civili, i migranti, el pueblo unido?

«Sì. Ma l'intelligenza redime. Il confronto si fa sul piano umano, non ideologico. Albertazzi e Fo fecero insieme meraviglie. Io non sono per l'embrassons nous, ma non posso non notare che Schindler, quello della lista, era nazista, e Perlasca fascista; eppure salvarono centinaia di ebrei. L'essere umano a volte è stupefacente».

Ha trovato "stupefacenti", col senno di poi, i movimenti che si è ritrovato ad appoggiare dalla sinistra estrema?

«Davvero non so cosa sia successo ad Ingroia. Credevo davvero in una rivoluzione, poi si sono persi. Con Tsipras siamo passati, ma subito abbiamo cominciato a litigare ed è saltato tutto per la malattia endemica della sinistra: il settarismo. Litigavano per i posti».

E Franceschini?

«Il ministro sbaglia nel lasciar chiusi i teatri, dove i contagi sono stati pochisismi. Io li riaprirei in tre turni da 40 minuti a sera alle 20, 21 e 22».

Sapeva che la sua nomina ha fatto incazzare molti ebrei, date le sue bordate contro Israele e Netanyahu?

«Sono molto odiato dagli ebrei di destra, alcuni loro hanno creato il simpatico profilo "Uccidiamo Moni Ovadia" con frasi tipo "peccato che i tuoi non sono morti nella Shoah". Mi danno dell'antisemita. Io sono antisionista, e considero Israele legittimo ex risoluzione Onu 181. All'atto di costituzione di Israele ci fu la famosa frase "una terra senza popolo per un popolo senza terra", peccato che un popolo là già ci fosse. Potrei anche aver torto, ma quello che voglio è un fiero scambio d'idee».

Ad occhio, lo scambio di idee sarà fierissimo.

«Guardi, col mio amico Pd Emanuele Fiano ci scontriamo sul concetto di "Gerusalemme capitale indivisa". Uno dei miei storici interlocutori è un ebreo Usa ex colono che vota repubblicano, mi dice sempre: "Moni, io sono sionista, ma se significa mettere in gioco i valori dell'ebraismo, si fotta il sionismo". Tra l'altro tutte le mie fonti non sono arabe, ma israeliane».

Moni, non deve mica convincere me. Ha pensato di chiamare, per esempio, i direttori d'orchestra israeliani, o le compagnie come la Batsheva Dance Company?

«Certo. Israele culturalmente è una potenza. Io ho lavorato con un direttore d'orchestra pazzesco di Tel Aviv, Omer Meir Wellber che chiamerò a Ferrara. Così come inviterò i loro corpi di ballo, tra i più bravi al mondo».

Senza entrare nel dettaglio del centrodestra culturalmente debole (lo è parecchio), cosa ha sbagliato la Lega?

«Anni fa dissi loro: voi siete per i dialetti, perché non organizzate un grande festival della cultura vernacolare dedicato a Carlo Porta? Non c'è contraddizione tra l'essere europeisti e preservare la propria cultura. Con Ermanno Olmi si voleva fare un Macbeth in bergamasco».

Quindi quale sarà il suo "piano di rientro culturale" con questa giunta?

«Il Talmud dice che se uno tende la mano verso di te non ti domandare, dai e basta. Ieri il mio contrabbassista è stato invitato da un amico leghista ad un ritrovo in Regione. Lui ha risposto: "Ma io sono di sinistra, con voi non c'entro nulla" e quello: "E che ci frega, noi parliamo di cultura"».

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