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Pietro Senaldi, il retroscena su Matteo Renzi: gli attacchi a Conte? Convinto che Mattarella comunque non ci farà votare

Pietro Senaldi
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A questo giro Renzi vestirà i panni del Rottamatore, e manderà a casa il mal sopportato Conte, o quelli del Bomba, che la spara grossa ma poi non esplode mai il colpo mortale? La politica gira intorno a tale amletico interrogativo, e ormai lo farà almeno fino a gennaio inoltrato. Prima di allora, c'è da approvare una legge di Bilancio, evitare figuracce in Europa e tenere gli italiani in casa a Natale, scopo per il quale è necessario che la maggioranza conservi un minimo di contegno. Se si fa vedere infatti ai cittadini che i governanti pensano prima alle beghe loro che al Paese, poi chiedere e ottenere rigore e disciplina dalla gente diventa complicato. Conte oggi è in Europa, forte del successo di ieri alle Camere, dove quasi tutto il gregge è rientrato all'ovile. I voti dei grillini dissidenti sono stati ampiamente compensati dalle assenze tattiche dei berlusconiani, più numerose dei parlamentari pentastellati anti-governo. Dopo che Cinquestelle ha approvato il Mes, il trattato Ue contro il quale ha combattuto da sempre, è ancora più evidente che i problemi al premier non verranno dalla banda di Di Maio, bensì dai renziani. Anche Italia Viva ha votato il sì al trattato, consentendo al nostro presidente del Consiglio di portare in dono alla Merkel e l'ennesimo atto di sottomissione dell'Italia, ma non è su questo che il partito del senatore di Rignano gioca la sua partita. Quello che interessa all'ex premier, e anche al Pd, è chi gestirà i soldi del Recovery Fund per la ripartenza post-Covid.

Si parla di 209 miliardi, anche se 87 in realtà sono già spariti, perché il governo ha deciso di destinarli a progetti già decisi, messi a bilancio e che si pensava di finanziare con i bot. Invece saranno pagati dal Recovery, in un'operazione che sostituisce il debito con il mercato con quello con la Ue. mani rapaci La torta resta comunque ghiotta ed è normale, come predisse il vicepresidente del Pd, Orlando, sei mesi fa, che in tanti ci vogliano mettere le mani. Quelle più lunghe e rapaci appartengono al premier. Giacché non si fida, né umanamente né tecnicamente, della maggioranza che lo sostiene, Conte vuol gestire il malloppo come una sorta di monarca, coadiuvato da sei viceré di sua nomina e un codazzo di trecento esperti, tutti rigorosamente fuori dai partiti, i quali sarebbero rappresentati solo dai ministri economici Gualtieri (Pd) e Patuanelli (M5S) nel ruolo di attendenti del grande capo. Ovvio che Renzi si ribelli. Le sue ministre minacciano le dimissioni, ma lui stesso si è speso, riservando al premier l'insulto per lui peggiore, quello di voler fare come Salvini, mirando ai pieni poteri. La questione ora è se il rottamatore terrà il punto o, come fatto altre volte, lascerà che lo scontro finisca a tarallucci e vino. Ieri sera, prima della partenza di Conte per Bruxelles, ci sarebbe dovuto essere un vertice decisivo su chi e come gestirà i soldi della Ue, ma l'appuntamento è saltato. L'intenzione del premier di risolvere il problema con un accordo di massima per presentarsi dalla Merkel con una situazione di pace è franata. Il braccio di ferro si annuncia ancora lungo. L'avvocato pugliese vuole escludere i partiti perché teme l'immobilismo. La maggioranza sta in piedi con lo scotch, unita solo dal timore del voto anticipato.

 

 

 

 

Sconta il peccato originale di essere nata non da un progetto politico comune ma solo come un'alleanza di fortuna per fermare il centrodestra. Conte ne ha beneficiato ma ora ne paga il prezzo. L'immobilismo che lo ha retto, adesso lo affonda. Tant' è che è insistente la voce che sia stata l'Europa a indirizzarlo verso la scelta dei super commissari che di fatto esautorano Parlamento e governo, e per questo gli è difficile tornare indietro. Anche perché, se lo fa, si mostra ai partiti debole come non mai. spettatore Dall'altra parte c'è Renzi, che dopo essersi inventato il Conte bis non può accettare di fare solo lo spettatore. L'ex premier conosce le piaghe dove infilare il dito. Denuncia le forzature della Costituzione operate dal presidente del Consiglio in senso autoritario ed è tornato aggressivo nell'inchiodare Palazzo Chigi alle sue responsabilità nella disorganizzazione con la quale è stata gestita la pandemia.

È arrivato anche ad accusare il capo dell'esecutivo di spargere terrore tra la gente, attraverso i suoi scienziati di fiducia, al Comitato Tecnico Scientifico e fuori. Tutte argomentazioni sensate, che arrivano ora perché evidentemente il leader di Italia Viva non crede alle ventilate minacce di un voto anticipato in caso di crisi di governo ed è convinto che, piuttosto che portare l'Italia alle urne, alla fine il capo dello Stato sarebbe disposto ad accettare soluzioni abborracciate. Non a caso, abbandonando ogni prudenza, ieri a Porta a Porta si è detto sicuro che «Conte tornerà indietro». Comunque sia, ci porteremo il tormentone anche nel 2021.

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