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Giuseppe Conte, l'affondo di Alessandro Giuli: "Paternalista e incapace, scarica le colpe sugli italiani"

Alessandro Giuli
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Peggio di un cenone con i parenti-serpenti è la prospettiva d'imbattersi in un Babbo Natale triste e paternalista come Giuseppe Conte. E infatti eccolo qui, sempre compreso nel suo narcisismo declamatorio, mentre s' impadronisce delle nostre feste e le trasforma nel palcoscenico di un vaniloquio inconcludente. Dopo giorni di chiacchiericcio sul Dpcm che ci attende dietro l'angolo (entro il 3 dicembre, con l'inevitabile conferenza stampa che s' immagina corredata di sobrie luminarie), dopo aver fatto trapelare da alcuni giorni il profilo dei provvedimenti allo studio, ieri il presidente del Consiglio è entrato nel vivo dei contenuti assieme ai tecnici del Cts, al ministro della Salute Roberto Speranza e ai capidelegazione della maggioranza. Ma prima del piano sequenza di riunioni serali, Conte non ci ha risparmiato le solite ovvietà, a margine del vertice italo-spagnolo con l'omologo Pedro Sanchez a Palma di Maiorca: «Stiamo lavorando per maggiori cautele a Natale» ha detto il presidente del Consiglio, auspicando «un coordinamento europeo» sull'eventuale apertura degli impianti sciistici, ammettendo che »non possiamo vivere delle vacanze natalizie in montagna come negli altri anni».

 

 

E inoltre: «Non vogliamo invadere scelte di natura nazionale, ma ci stiamo premurando per evitare che, durante le vacanze di Natale, ci siano trasferimenti transfrontalieri, evitando che nel caso si vada all'estero si possa rientrare senza nessun controllo sanitario». Immancabile poi il «momento Azzolina», con la vaga e zuccherosa promessa di tornare «quanto più possibile con la didattica in presenza» perché «quella è la pienezza di esperienza formativa che vogliamo offrire ai nostri ragazzi». Nulla di certo, a parte gli inviti alla prudenza per ricevere i quali era sufficiente consultare una vecchia zia.

SERMONI E DPCM
In sostanza Conte ci infligge la medesima variazione sul tema già esposto una settimana fa nelle vesti penitenziali del leader improvvisato, a metà strada tra un Babbo Natale esodato e la Befana di Volturara Appula carica di carbone per i cittadini sui quali ha deciso di scaricare le responsabilità della propria insipienza. Niente veglioni, festeggiamenti, baci e abbracci: «Non saranno possibili», poiché «una settimana di socialità scatenata significherebbe pagare a gennaio un innalzamento brusco della curva, in termini di decessi, stress sulle terapie intensive». Morale: «Dobbiamo prepararci a un Natale più sobrio». E va bene, figurarsi se non siamo d'accordo sul principio di salvaguardare le vite sacrificando le liturgie festaiole; ma tale sacrificio non sarebbe meno indisponente se venisse premiato da messaggi chiari (in Germania, per dire, sono bastate poche algide righe per un diktat normativo invalicabile) e da un'assistenza pubblica omogenea opportunamente commisurata agli effetti delle restrizioni. Consideriamo pure tale aspettativa come la controparte idealmente contenuta, per rimanere nella metafora stagionale, sulla prima pagina delle letterine natalizie rivolte alle istituzioni dai cittadini italiani declassati al rango di fanciulli scapestrati e impauriti. Ma proprio qui cadono Babbo Conte e i suoi aiutanti giallorossi, mostrando i loro imperdonabili limiti. Se fino a ieri non sono riusciti ad andare oltre i sermoncini moralistici e colpevolizzanti (raccoglietevi in preghiere solitarie, abbandonate l'edonismo, dimenticatevi i parenti, rispettate il coprifuoco), tra un mese gli italiani non troveranno sotto l'albero nient' altro che parole impalpabili come assegni scoperti e partite di giro. Insomma l'ennesimo calco dei Dpcm primaverili (e poi estivi e poi autunnali) carichi di soldi virtuali ma privi dei relativi decreti attuativi cifre e "pagherò" senza ristoro materiale per migliaia di cassintegrati e liberi professionisti non garantiti dai contratti di Stato.

SOLDI E PROPAGANDA
Per comprendere a quale delusione stiamo andando incontro, basta guardare a come il governo sta allestendo il così detto sistema del cash-back per invogliarci ad azzerare l'uso del contante, un sistema tanto magnificato nella propaganda a reti unificate di Palazzo Chigi quanto cervellotico ed estenuante nella prassi concreta: si dovranno effettuare a dicembre almeno 10 acquisti con pagamenti elettronici per un costo totale di almeno 1.500 euro, con un tetto per singole spese a 150 euro. Non basta: sarà necessario scaricare la app "IO", inserire il codice fiscale e i numerini dell'Iban, mostrare il QR Code al negoziante al momento dell'acquisto (immaginarsi le conseguenti file con assembramenti) e poi attendere, armati di fatalismo, che entro fine anno la Pubblica amministrazione bonifichi sul conto corrente lo sconto del 10 per cento. Tutto ciò, si badi bene, sempre se il governo riuscirà a reperire le risorse aggiuntive ai 3 miliardi stanziati. Una lotteria labirintica e verbosa come il peggior Babbo Natale che potesse toccarci in sorte. 

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