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David Sassoli, il comunista dal pensiero debole che piace ai poteri forti di Bruxelles

Alberto Luppichini
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Certe volte, nella vita, non avere il quid aiuta. Non stiamo parlando di Angelino Alfano, inciampato proprio sul quid mancante, ma di Davide Sassoli, bottegaio rosso opaco e accomodante. In effetti, le origini sono toscane, ma il carattere per niente, fin da quando inizia, negli anni '90, a lavorare in televisione. Passa con disinvoltura e flemma pensosa da una collaborazione con Santoro sulla terza rete, a Rai 2 e, infine, alla rete ammiraglia. Mezzobusto tivù asceso fra i mezzi busti imperiali per meriti sconosciuti, arriva a condurre il TG 1 e poi a ricoprirne la vice-direzione fra il 2007 e il 2009. La vera passione, tuttavia, è la politica, che lo spinge a candidarsi a Bruxelles.

Davide Maria Sassoli, nel 2009, era uguale a oggi: faccia pulita, acconciatura retrò, sorriso ammiccante e camicia a righe moscia e slavata, esattamente come il suo tono cadenzato, mono-frequenza e vagamente paternalistico. È l'anno della consacrazione nella politica della fuffa. Ovviamente, quella europea, perché l'Italia non conta niente, conta ancora meno in Europa ma Sassoli vuole cambiare l'Italia da Bruxelles, anzi, da Strasburgo. L'aspirazione del suo partito, il Pd, è anzitutto educare le generazioni future a concetti alti come l'«impegno civile», «il senso di Comunità», «l'appartenenza». Così il suo primo discorso da candidato alle è un susseguirsi ininterrotto di questi concetti belli e piacioni, espressione di una nostalgia canaglia verso il Bottegone Rosso e i suoi derivati tossici. 

 

CONCETTI INAFFERRABILI
«La politica non riesce a sviluppare pedagogie civili, interessi per la Comunità. La crisi e il rischio del declino mi hanno convinto che non potevo non essere con voi per combattere i vizi di questo Paese. Il Pd è un partito popolare che sa tenere insieme valori e sviluppo, regole del mercato e cultura istituzionale, cultura istituzionale e valori non negoziabili della democrazia». Le parole sono dotte, i concetti inafferrabili, l'idea di cambiamento vagheggiata in modo inappuntabile e volatile. Un certo linguaggio oscuro ma alto, vacuo e letterario, è la freccia che ha spinto nell'Olimpo della politica il chierichetto Sassoli, soprattutto in Europa.

Quest' ultima è l'habitat congeniale per l'ex mezzobusto e il suo linguaggio da Pizia inascoltata. Così nel 2009 approda al Parlamento Europeo, grazie all'appoggio dell'amico Franceschini. C'è un video che meglio di tutti descrive il carisma incolore e subordinato del mite Sassoli. Alla sua destra c'è Fassino, alla sinistra Franceschini e in mezzo lui, testa bassa e sorrisi di circostanza. Le parole dell'amico sono da libro Cuore: «Davide, a un certo punto della sua vita, ha riscoperto la sua vocazione: la Politica. Mi ha scritto una bellissima lettera, in cui diceva questo: dopo aver ricevuto tanto, sento che è arrivato il tempo di restituire qualcosa». 

CHE SPOT
Nel 2012 sente in cuor suo di restituire qualcosa a Roma, candidandosi alle primarie del Pd. Uno spot dimostra l'inconcludenza serafica del nostro personaggio pubblico. Sassoli, accompagnato da un comico, suona il campanello a casaccio in giro per Roma, e poi, con espressione moscia e schifata, si volta verso la telecamera: «No, non ce la faccio». La conclusione, affidata al comico, non fa per niente ridere: «Sassoli, a prendere in giro la gente, non ci riesce proprio». Per fortuna, nemmeno a prendere in giro i romani, che gli preferiscono Ignazio Marino. La botta nazionale non è una batosta in Europa, dove lo sconfitto continua a sdottoreggiare con il suo pensiero incolore, e anzi viene riconfermato. L'uomo rimane un comunista dal pensiero debole ma sempre più apprezzato dai poteri forti di Bruxelles. Così, assiso in mezzo ai burocrati, le sue omelie più convinte riguardano soprattutto l'immigrazione, dove si riconosce l'impronta indelebile delle casematte rossofuoco. La sua posizione? «Nessun uomo, donna o bambino dovrebbe morire in mare cercando di raggiungere l'Europa».

Sull'ambiente? «Le sfide climatiche e le disuguaglianze vanno di pari passo con una giusta transizione che proteggerà i nostri cittadini». Da quando è diventato presidente del Parlamento Ue, il linguaggio si è fatto ancor più cavilloso e indistricabile, incomprensibile e oscuro. Il resto è storia recente, con la sua iniziativa volta a mettere in discussione il meccanismo del MES, la leadership di Gentiloni in Europa e la posizione del segretario Zingaretti. «Cancellare il debito Covid e cancellare il MES», è l'affermazione forte di Sassoli. Alla quale ha replicato Gentiloni: «Il debito resta, sarà una discussione da aprire in una situazione meno incerta». Che il Presidente senza quid voglia scalare il suo partito senza quid? 

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