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Giuseppe Conte, Pietro Senaldi: lasci stare il Natale, ecco cinque punti su cui deve rispondere agli italiani

Pietro Senaldi
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Il Natale è diventato la grande arma di distrazione di massa del governo, che ha iniziato a discuterne ben prima che partisse l'Avvento, il periodo in cui la Chiesa e i fedeli si preparano alla celebrazione religiosa della festa. Conte ne ha parlato in anticipo sul Papa, ricordando al popolo che dev' essere «un momento di raccoglimento spirituale», perciò se lo si fa in tanti non viene bene. Manco fossimo uno Stato teocratico. Ferragosto e le vacanze di fine anno erano le oasi di svago e riposo nel calendario, in questi nove mesi di pandemia sono assurte al ruolo di soli spiragli di vita tra una chiusura e l'altra. Logico perciò che anche molti adulti attendano il 25 dicembre con la stessa trepidazione dei bambini.

A me personalmente il Natale garba, moltissimo, e mi dispiace se non potrò trascorrerlo come gli altri anni, facendo baldoria con tutti i miei affetti principali. Penso di non essere il solo a dolersi, benché sappia che è una festa che rallegra molte persone ma ne intristisce anche parecchie. Queste però sono preoccupazioni personali, tuttalpiù famigliari, argomenti buoni per una tavolata tra congiunti o un pranzo tra quattro amici, tetto massimo di persone consentito quando riapriranno i ristoranti in tutta Italia, si pensa il 3 dicembre. Normale che la gente comune parli di come sarà il primo Natale in mezza clausura. Inquietante invece che questo sia il principale tema di cui conciona il governo, il quale, prima di pensare alle feste, dovrebbe darsi da fare per salvarci la vita. Cosa che fa con qualche lacuna di troppo.

 

 

Non ci sono test rapidi né abbondanza di posti letto o di medici. Se i contagi rallentano leggermente è perché gli italiani se ne stanno chiusi in casa, pronti a sacrifici economici, personali e sociali per il bene comune, che poi sarebbe prevalentemente quello delle categorie a rischio, una limitata fascia della popolazione. Il governo ha saputo solo chiudere i battenti, come nelle quarantene medievali. Ha abolito la quotidianità con lo slogan «niente liberi tutti», come se la prigionia fosse un valore universale e la vita reale un nemico. Conte oggi non dovrebbe occuparsi del nostro cenone. Un governo serio rimanderebbe la pratica al 15 dicembre, quando la situazione epidemica sarà più chiara. Anziché parlare di Natale più dei preti, i giallorossi farebbero bene a occuparsi di tracciamento dei contagi, vaccini, medici, terapie intensive, sostegno economico alle attività che chiudono e relativo reperimento dei fondi, ora che i soldi europei si allontanano. L'Alto Adige è zona rossa. In tre giorni ha fatto il tampone a tutti i suoi abitanti, ha isolato i positivi e restituito alla vita gli altri, e oggi riapre le scuole. Perché non lo possono fare anche le altre province italiane? Il vaccino deve ancora arrivare e già medici, politici, cittadini e pensatori si sono divisi tra entusiasti, favorevoli, prudenti e scettici.

Per complicare il quadro, il governo ha nominato Arcuri, già oberato da Ilva, terapie intensive, mascherine e banchi a rotelle, commissario al siero. Nessuno però si sta organizzando per custodirlo, somministrarlo, fare l'elenco di chi lo potrà ricevere per primo, mentre la Germania ha annunciato che inizierà a distribuirlo a dicembre e a febbraio sarà fuori dal guado e negli Stati Uniti il negazionista Trump ha incaricato un generale a quattro stelle, genio della logistica, di guidare l'operazione. Gli ospedali mettono i letti in corridoio, l'esito dei tamponi arriva dopo giorni, medici e infermieri non sono stati assunti e a quelli in servizio non sono arrivati i premi promessi. Anziché risolvere i problemi e fare un'informazione decente su come e dove si sviluppa il contagio, il governo scarica le responsabilità a casaccio tra scuola, mezzi pubblici, residenze per anziani e uffici e rapisce l'attenzione degli italiani con argomenti di secondo piano. A primavera era chi faceva jogging, in estate chi andava in discoteca, oggi chi vuole cenare con il cugino per le feste. «Non va ripetuto l'errore di Ferragosto» tuonano Conte e i suoi, criminalizzando i quattro gatti che sono andati in Costa Smeralda, benché sia evidente che il virus è ripartito con le scuole e le attività aperte, non certo al sole d'estate.

Natale è solo il pretesto di stagione per annichilire l'opinione pubblica. Tutti a casa, perché siamo stati incapaci di risolvere il problema, sarebbe l'unico discorso serio che può fare il governo. Eravamo troppo impegnati a scrivere libri sull'epidemia per guarirla. Ma un'ammissione tale implica un'assunzione di responsabilità politica ed economia. E qui si apre l'immenso capitolo dei ristori. Se alla fine quest' anno si scierà o si potrà andare a cena al ristorante, è solo perché il governo non ha un euro per risarcire le attività che chiude. Già si parla di prendere dai nostri conti correnti le risorse per pagare i danni che la mancata gestione di Conte del virus ci ha fatto. L’idea è una patrimoniale sui soldi non investiti; in pratica un ricatto ai correntisti: o ci dai i soldi spontaneamente, o ce li prendiamo di forza.

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