Nicola Morra, il grillino dell'antimafia insulta Jole Santelli e si dice vittima della mafia: è il peggiore
Nicola Morra è uno dei tanti regali fatti all'Italia dalla politica "onesta" educata all'università del vaffanculo, e se non fosse così tragica la situazione del Paese abbandonato alla gestione di questi poveretti ci si potrebbe fare su qualche risata e amen. Un po' di buono in realtà c'è, nel senso che l'elettorato che aveva spedito questa schiatta di analfabeti a riempire d'aria fresca le stanze della politica s' è preso di ritorno certi sfiati di marcio da far rimpiangere quelli prodotti dalla fungaia dei partiti di prima. Ma è poca consolazione. Perché il margine per fare ancora danni questi qui ce l'hanno e lo usano, come si vede: con il presidente della Commissione Antimafia - questo Morra, appunto - al quale non basta la volgare propaganda in cui si è esercitato sul cadavere di un'avversaria politica, e infatti per rimediare ha preso ad argomentare che un partito dell'opposizione, Forza Italia, ha la mafia nel Dna e che lui, porello, adesso è finito nel fango perché ha dato fastidio alle cosche. Ora si duole perché la Rai gli ha negato qualche comparsata, e in effetti è male che non lo facciano vedere perché dalle cose che dice, e da come le dice, forse la gente che ha votato per questo clan di magliari trarrebbe qualche motivo di ripensamento. «Ogni popolo», ha proclamato Morra, «ha la classe politica che si merita», ed evidentemente ci meritiamo uno che perlustra le metastasi di una amministratrice nemica e le fa lezione, lei morta, su come ha gestito la malattia nel suo rapporto con gli elettori. Sortita cui il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, replica così: «La frase di Morra disonora le istituzioni: infanga la memoria di Jole Santelli ritenuta colpevole di essere stata malata; discrimina senza umanità i malati specie quelli oncologici; delegittima la libera scelta degli elettori, offende i calabresi come fossero tutti delinquenti».
Dopo di che Morra scambia la presidenza della commissione che ha spuntato con il diritto di diffamare un intero partito politico facendo l'occhiolino ai magistrati che la cantano come lui quando la fanno fuori dal vaso: e giù con la 'ndrangheta a cui hai dato fastidio, giù con la camorra che ce l'ha con te perché sei scomodo, mentre sei semplicemente uno che sgrana fesserie e volgarità indegne perfino tra i beoni di una locanda, figurarsi se vengono da chi dopotutto dovrebbe rappresentarci. Perché questa è peggio che incompetenza, di cui pure il signore in questione ha dato ampia prova, è peggio della poca dimestichezza che ti fa fare lo svarione istituzionale, è peggio insomma della rimediabile incultura del potere avventizio: è piuttosto, letteralmente, un difetto di decenza umana, tanto più grave quando prova a emendarsi spiegando che negli Usa gli elettori vogliono vedere il certificato medico dei candidati. Tra le tante stupidaggini dette da questo sconsiderato c'è che «La democrazia è soprattutto ascolto». Finché c'è gente come lui a usurparla preferiremmo che fosse soprattutto silenzio.