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Vittorio Feltri, l'analisi sull'omicidio del commissario Calabresi: "Al posto di Mario sarei ancora più arrabbiato di lui"

 Vittorio Feltri

Vittorio Feltri
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Mario Calabresi, già direttore de La Stampa e de la Repubblica, recentemente ha dichiarato di non aver stretto la mano a tre signori che in qualche modo avrebbero collaborato a uccidere suo padre, il famoso commissario vittima di un attentato terroristico ordito dai militanti di Lotta Continua negli anni Settanta. Ha ragione il nostro illustre collega, che delle proprie faccende familiari ne sa più di noi e ha il diritto di discuterne pubblicamente, manifestando sentimenti e perfino rancori. Il mio babbo morì giovane nel letto di un ospedale e non ho motivo di prendermela con alcuno, il destino è insindacabile, mentre gli assassini non possono essere dimenticati, tantomeno perdonati. Al posto di Calabresi sarei ancora più arrabbiato di lui, e oltre ai tre farabutti a cui giustamente ha rifiutato un saluto tradizionale, ce l'avrei anche con tutti coloro, numerosi, che all'epoca firmarono un documento ostile a suo papà, una specie di sentenza capitale che poi qualcuno provvide ad eseguire.

 

 

Si trattava di intellettuali veri o presunti, ovviamente di sinistra spinta, i quali erano persuasi che l'onesto agente fosse responsabile del suicidio di Pinelli, un anarchico sospettato della strage di piazza Fontana, gettatosi, o gettato, dalla finestra della questura. Ovvio che il poliziotto non fosse colpevole, tuttavia a quel tempo le accuse alle forze dell'ordine si dispensavano un tanto al chilo, evitando con cura di dimostrarle. Cosicché Calabresi passò, complici giornali e giornalisti, per malvivente quando invece aveva la coscienza linda. E dopo un po', sulla spinta delle maldicenze che lo colpirono, fu ammazzato all'uscita di casa. Vabbè, transeat. Ora conviene rammentare che i firmatari del citato documento contro il commissario dovrebbero vergognarsi, invece continuano a concionare badando bene di non rievocare che sull'omicidio del funzionario pesarono i loro giudizi sommari. Ciò che va segnalato è il fatto menzionato ieri sul Corriere da Galli della Loggia, e cioè che i mandanti morali del delitto ancora oggi sono sulla cresta dell'onda, gente che ha saltato il fosso transitando dal filoterrorismo al Rotary, che occupa posti importanti nel settore della comunicazione e in quello politico, seguitando a predicare. Naturalmente non faccio nomi, però chi volesse approfondire il tema è in grado di recuperare su Internet il verdetto sottoscritto dalla banda filocomunista per additare al pubblico ludibrio l'eroico uomo dello Stato. Al cui figlio, rispettosamente, consiglio di allargare la cerchia dei brutti ceffi a cui non stringere la mano.

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