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Paolo Becchi, Donald Trump può ancora battere Joe Biden: "Ci sono due buoni motivi, carte alla mano"

Paolo Becchi - Giuseppe Palma
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Ad oggi Joe Biden ha 306 grandi elettori, Donald Trump 232. Ma la vittoria del candidato Dem deve ancora essere dichiarata ufficialmente da alcuni Stati. Gli avvocati del Presidente in carica stanno raccogliendo le prove di frodi elettorali e irregolarità, dopo di che chiederanno alla Corte Suprema di pronunciarsi. Gli Stati dove sarebbero avvenuti i presunti brogli sono quelli in cui è stato utilizzato per il conteggio delle schede il sistema operativo "Dominion", ritenuto inaffidabile: il Texas per ben tre volte si è rifiutato di utilizzarlo. Ora, Wisconsin, Michigan, Arizona, Nevada, Georgia (ieri al centro di un caso, con il segretario di Stato locale che prima pareva avesse decretato la vittoria di Biden ma che poi ha smentito) e Pennsylvania hanno tutti utilizzato proprio "Dominion". Stati andati a Biden, nonostante fino al primo pomeriggio del 4 novembre Trump fosse avanti in almeno 4 su 6. Nel caso in cui le prove dei brogli fossero confermate, la Corte suprema ha due strade: quella di consentire un riconteggio manuale delle schede (pronunciandosi anche sul voto postale giunto oltre una certa data) o quella di invalidare il responso elettorale negli Stati interessati La strada per un eventuale riconteggio delle schede, seppur non da escludere, è stretta.

 

 

La Corte Suprema potrebbe in alternativa invalidare il voto per frode elettorale, in tutti o in alcuni dei sei Stati citati, e in tal caso Biden potrebbe scendere sotto i 270 grandi elettori. In questo caso troverebbe applicazione il Dodicesimo Emendamento della Costituzione americana, che prevede l'elezione del Presidente da parte della Camera dei rappresentanti. Beninteso, non da parte dei deputati ma dei delegati statali nella misura di un delegato per ciascuno Stato. E se si arrivasse a questo punto, Trump potrebbe farcela. Un'ipotesi plausibile? Vi sono due precedenti. Nel 1824 nessuno dei quattro candidati alla presidenza ottenne il "magic number" dei grandi elettori, quindi la Camera dei rappresentanti elesse il candidato democratico-repubblicano John Quincy Adams, nonostante fosse arrivato secondo sia nel voto popolare che in quello dei grandi elettori. Tutto legale. Un secondo precedente è ancora più interessante. Nel 1876 il candidato democratico Samuel Tilden ottenne 184 grandi elettori, uno in meno del "magic number" di allora, conquistando anche più voti popolari dello sfidante repubblicano Rutherford Hayes, che si fermò a 165 grandi elettori. Ben 4 Stati federati del Sud, che contavano complessivamente 20 grandi elettori, non ufficializzarono però l'assegnazione dei risultati elettorali. Ed è proprio quello che potrebbe accadere adesso dopo la produzione delle prove dei brogli e un intervento invalidante della Corte suprema.

All'epoca la querelle fu risolta con un accordo tra i due partiti: una transazione informale che prese il nome di "Compromesso del 1877" (il ritiro definitivo delle truppe federali dagli Stati meridionali), per cui la commissione elettorale assegnò tutti e 20 i grandi elettori rimasti al candidato repubblicano Hayes, che divenne Presidente per il rotto della cuffia. La soluzione di un accordo tra democratici e repubblicani è oggi impercorribile, ma resta possibile una pronuncia della Corte che invalidi il voto negli Stati contesi in cui si è utilizzato per conteggiare i voti il sistema informatico "Dominion". Così Biden scenderebbe sotto il "magic number" e la palla passerebbe alla Camera, cioè ai delegati statali. Probabilmente è questo che Trump ha in mente. Per una volta diamo ragione a Stalin, che di queste cose se ne intendeva: «Non conta chi vota, ma chi conta i voti e come vengono contati». Certo, si tratterebbe della più grande frode elettorale di tutti i tempi, ma Trump non ha alcuna intenzione di mollare.

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