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Pietro Senaldi contro Giuseppe Conte: "Menzogne sul Natale, tratta gli italiani come Kim Jong-un i sudditi"

Pietro Senaldi
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La predica non arriva da Jorge Bergoglio bensì da Giuseppe Conte. Siamo in piena commedia all'italiana, con il presidente che nei giorni pari si traveste da Christian De Sica, e spara fregnacce per giustificare le fregature che ci tira coprendo le proprie lacune e inseguendo i propri interessi, mentre nei giorni dispari ricorda Totò e sforna frasi di apparente buonsenso e sostanziale nonsenso. Solo che nessuno ride. Ieri il premier ha provato a spacciarci la festa del consumismo e della famiglia allargata per una ricorrenza intima da trascorrere come frati trappisti. L'episodio, se fosse isolato, sarebbe anche poco rilevante. Lo enfatizziamo perché è emblematico del modo di fare di chi ci comanda in questa seconda fase del virus. Incapace di agire con efficacia sulla realtà, il presidente del Consiglio la trasfigura con artifizi verbali, illudendosi che il popolo abbocchi. Siamo costretti ad avvertire l'avvocato: non è con frasi da magliaro che risalirà nei consensi e riconquisterà il cuore degli italiani. Molto probabilmente i cittadini apprezzerebbero di più se gli venisse detto: «Ragazzi, la vedo male. A Natale mandate tante cartoline d'auguri ma non invitate nessuno a casa perché i cenoni con le finestre chiuse, lo spumante a fiumi, quattro generazioni al tavolo e parenti e amici in arrivo da ogni angolo d'Italia equivalgono a un tentativo di suicidio. Scusate e pazientate, tanto tra poco toglierò il disturbo».

 

 

ELOQUIO CIRCOLARE
Conte ormai parla quasi tutti i giorni, ma dal suo eloquio leguleio e circolare non viene mai fuori quel che gli italiani vorrebbero sentire. Perché una Regione chiude e l'altra no? Quanti sono gli ospedali al collasso? Quante terapie intensive abbiamo ancora libere? Grazie a quali progetti spera di ottenere i soldi europei del Recovery Fund? Cosa abbiamo sbagliato quest' estate? Perché i bandi per allargare i reparti di rianimazione sono partiti solo il 2 ottobre? Perché ha affidato il vaccino allo stesso genio dei banchi a rotelle? I discorsi del premier rasentano il paradosso. Dopo la favoletta del Natale in raccoglimento, l'uomo ci ha parlato di scuola, per dire che «bisogna essere franchi, gli istituti non sono focolai della diffusione del contagio». Non ha spiegato però perché allora le ha chiuse tutte salvo asilo, elementari e prima media, sbugiardando la ministra Azzolina, togliendo ai ragazzi una fetta di gioventù, pregiudicando l'apprendimento e il futuro di una generazione e gettando i genitori sull'orlo di una crisi di nervi. Se continuerà a coltivare il vizio di descrivere la realtà per quel che gli è funzionale e non per quel che è, per giustificare che palestre e negozi non riapriranno presto lo sentiremo dire che l'attività fisica nuoce alla salute e avere troppi vestiti non conviene, perché poi la casa diventa piccola. Gli impianti sciistici resteranno chiusi perché il premier ci rivelerà che un suo cugino anni fa si è rotto una gamba a Courmayeur e i ristoranti avranno la stessa sorte in quanto essere parchi a tavola è un elisir di lunga vita (e questa sarebbe l'unica cosa vera).

 

 

CI MANCA UN LEADER
Conte continua a dirci cosa dobbiamo, o meglio non possiamo fare, visto che ormai è fatto divieto vivere e le nostre esistenze non sono molto diverse da quelle dei sudditi nordcoreani di Kim Jong-un, ma non ci spiega mai cosa ha fatto e cosa fa lui per noi, oltre a intrattenerci televisivamente a giorni alterni. Più che i consigli della nonna, agli italiani servirebbe un discorso da leader, che magari regga anche a distanza di 48 ore, senza che le nostre misere certezze, come quelle su shopping e cenoni natalizi, vengano smontate da ragionamenti che non sarebbero buoni neppure per il calendario di Frate Indovino. 

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