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Filippo Facci sul mancato lockdown in Campania: "Tutti temono reazioni, guai trattarli come cittadini normali"

Filippo Facci
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La Campania dovevano farla rossa scarlatta, da subito, o viola funerario: l'avevano già capito tutti da un pezzo, l'aveva detto persino il sindaco Luigi De Magistris (più che altro per inimicizia col presidente della Regione Vincenzo De Luca) e però no, guai: mica si può trattare la Campania come se fosse una regione normale, mica puoi trattare i suoi cittadini come se fossero cittadini normali con un senso civico normale: bisognava aspettare un po', fare una riunione a parte, mandare i tecnici del Ministero per controllare, accorgersi del segreto appunto di Pulcinella (cioè che i dati erano farlocchi, nella miglior tradizione contraffattoria partenopea) e magari, adesso, occorre pure colorare altre regioni per mimetizzare il progressivo arrossamento di una Campania che, nel novembre 2020, toh guarda, ha scoperto il Covid. I napoletani, di mascherine ed assembramenti, se ne sono sempre bellamente fo***ti - non tutti i napoletani: e che noia doverlo sempre precisare - ma bastava passare a Napoli nell'estate e nel primo autunno per percepire il solito mondo a parte, dove davanti a Borgo Marinari si vedevano ragazzi in tre in motorino senza casco - anche adesso De Magistris ha dimenticato di chiudere il lungomare - e tu figurati a dirgli di mettere la mascherina.

 

 

Cioè: le regole anti-assembramento, in Italia, ci sono praticamente da marzo: ora le hanno scoperte per esempio anche a Giugliano (125mila abitanti, comune non capoluogo di provincia più popoloso d'Italia) dove le ordinanze contro gli assembramenti le hanno firmate soltanto l'altro ieri perché il neo sindaco ha scoperto che «gli ospedali sono in grande sofferenza perché ormai totalmente saturi, e il personale medico ed infermieristico è piegato da turni massacranti». Chi l'avrebbe immaginato: cosicché ora i minori, dopo le 18, potranno circolare solo accompagnati, e le piazze saranno chiuse per l'intero weekend, sarà vietato fumare in pubblico (chissà che c'entra) e niente spiagge di sabato e domenica. Poi ci sono i sindaci dell'orrido casertano, zona dove le mascherine servirebbero da decenni per la puzza dei mucchi di spazzatura che ti fa deragliare per strada: ecco, nel casertano, per far rispettare le regole, i sindaci chiedono l'intervento dell'esercito.

PARACULATE
Ovviamente i paraculi ondeggiano e se ne lavano le mani (senza disinfettante) e dicono anche: «Comprendiamo la volontà di voler evitare assolutamente un nuovo lockdown generalizzato e lasciare che siano le autorità locali a scegliere quali restrizioni aggiungere ma se noi sindaci variamo ordinanze abbiamo bisogno dell'esercito e di più forze dell'ordine affinché queste regole siano fatte rispettare». Se per «queste» regole serve l'esercito, per altre forse servirebbero i Marines. «È impensabile credere che le Polizie Municipali possano da sole realizzare un capillare controllo ci ritroviamo bersagliati di critiche, a volte anche dileggiati, e questo ci ferisce». Traduzione: la possibilità che nel casertano la cittadinanza comprenda e rispetti le regole, senza il monito di gente armata, non viene contemplata. «Le aziende sanitarie locali sono sotto stress e hanno pesanti carenze di organico, ma riteniamo inaccettabile che le comunicazioni di nuove positività vengano effettuate dopo giorni, visto che questo ritardo si ripercuote sull'attivazione dei servizi di assistenza; ciò che non può essere più tollerato è il ritardo nell'esecuzione dei tamponi, soprattutto di guarigione, cui spesso bisogna aggiungere giorni e giorni di attesa per la comunicazione dell'esito. Abbiamo registrato segnalazioni di mancate risposte del 118, lunghe attese in ambulanza e auto in attesa di un posto in ospedale».

Echi da una presunta zona gialla: sono sempre i sindaci a parlare, i parvenu del Covid-19. Ma non basta che nel casertano (se preferite lo chiamiamo agro-aversano) si registri oltre il 40% dei casi dell'intera provincia, ossia 5.301 positivi su 12.320: per disciplinare la cittadinanza occorre spianare le mitragliette dell'esercito. E non basta, in Campania, chiedere i dati: occorre inviare i tecnici del ministero per una ricognizione sui dati reali. Neanche davanti all'ufficio immigrazione di Napoli (la Questura, cioè) sono capaci di far rispettare un minimo i distanziamenti: lo denuncia il sindacato di Polizia. E poi? Poi arriva il drammatizzatore per eccellenza, Luigi De Magistris, un altro che pare sia arrivato ieri: «La situazione è sottostimata con i dati formali i vertici della Asl dicevano che il tempo medio di arrivo di un'ambulanza è intorno ai 20 minuti, un tempo non drammatico: io ho relazioni delle forze di polizia secondo cui l'ambulanza per un incidente non arriva prima di 40-60 minuti.

 

 

I laboratori che fanno i tamponi dicono che i dati da loro elaborati non risultano nei dati ufficiali, dove si parla di 600 terapie intensive di cui 186 occupate, ma poi ci scrivono i medici e dicono che non riescono a trovare terapie intensive per i pazienti. Quindi c'è qualcosa che non va, i conti non tornano». I conti non tornano a tutta l'Italia, ma è di adesso anche la lagna degli esercenti napoletani che al pari degli altri hanno vissuto e vivono in un altro pianeta, dove i negozi erano già pronti per il Natale: addobbi esposti in piazza Mercato coi commercianti a frignare, ora, come se stessero sbarcando gli alieni: «Se ci chiudono rischiamo il fallimento», «siamo in questa piazza da quasi un secolo», «già la chiusura alle 18,30 ci aveva danneggiato», «se la merce pagata resterà invenduta non so come faremo».

«UN'ECONOMIA PARTICOLARE»
Non sapevano di essere in Italia, dove il problema sussiste da marzo: Napoli non è Italia, lo sanno anche loro. Sono abituati a cavarsela sempre. Quindici giorni fa il presidente della Regione, Vincenzo De Luca, annunciava un imminente lockdown perché gli ospedali erano al collasso: poi ha smesso di annunciare. La scena se l'è presa tutta De Magistris, nemico politico di De Luca ed eterno elemosinatore di denari anche per l'ignobile causa del lavoro nero: «Napoli ha un'economia particolare, anche circolare, fatta di sommerso, di lavoro ad ore, di una serie di attività che sfuggono alle statistiche ordinarie in tema di lavoro e di produzione». Sfuggono. Come i dati reali sul Covid. Ieri il presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro, ha detto una frase da rileggere dieci volte: «Riteniamo validi i dati della Campania ma approfondimenti sono in atto per cogliere aspetti che potrebbero completare una analisi che è in corso». Che cazzo vuol dire? Forse che i dati non contemplavano che tra i medici di famiglia di Napoli e provincia risultano 6 morti per Covid (da settembre) oltre a 20 contagiati e due appena dimessi. Forse che i dati sono vecchi e parziali mentre i numeri veri galoppano, come ha ammesso la Federazione dei Medici dove ogni medico di famiglia segue almeno 7 pazienti in sorveglianza domiciliare, e sono assediati nei loro studi dove non hanno la minima protezione. Loro, la zona rossa, la invocano: «Bisogna bloccare tutto per frenare il contagio». In sostanza, va tutto al contrario come al solito. La Lombardia è zona rossa, ma si vive. La Campania è zona gialla, ma non si vive. Non più.

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