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Coronavirus, a Caterpillar in Rai parte la "caccia al lombardo". Razzismo, ma la chiamano satira

Gianluca Veneziani
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u pensa un po' se fosse successo nei confronti di napoletani, siciliani o immigrati. Avrebbero subito gridato al razzismo e alla discriminazione territoriale, invocato l'intervento dei vertici Rai e fatto campagne social per chiedere la sospensione del programma. Invece è accaduto nei confronti dei lombardi e tutto passa in cavalleria. Accompagnato pure da una risata e una complice tolleranza. Quanto successo due giorni fa alla trasmissione Caterpillar su Radio 2 sarebbe molto grave, se non fosse poco serio. Eppure si avvertiva forte la sensazione di fastidio mentre i due conduttori, Massimo Cirri e Sara Zambotti, lanciavano tra frizzi e lazzi la campagna «Caccia al lombardo rosso», invitando gli ascoltatori a segnalare anche con «delazioni anonime» la presenza fuori dalla zona rossa dei milanesi e di tutti i lombardi che hanno raggiunto le seconde case in altre regioni, col rischio di infettarle. L'iniziativa, pur lanciata con toni divertiti, veniva presa seriamente dagli ascoltatori. Dal Trentino alla Toscana alla Liguria arrivavano chiamate di cittadini che denunciavano l'arrivo di lombardi potenzialmente contagiosi. E i conduttori stessi esplicitavano lo scopo della campagna: «Vogliamo fare denuncia dell'invasione dei milanesi nelle zone più salubri», avvertiva la Zambotti. «Dobbiamo difenderci dall'invasione dei milanesi che arrivano coi loro Suv e ci fanno ammalare tutti». Se l'intento era satirico, be', c'era davvero poco da ridere. La faccenda diventava inquietante quando Cirri, credendosi simpatico, suggeriva alcune misure per contenere la minaccia del milanese infetto. E così proponeva l'uso di «forconi, fiaccole e pece per fare giustizia», consigliava di munirsi di «pick-up con persone sopra armate» per allontanare l'untore, di «ricacciare a mare il lombardo invasore» e di «accatastare le fascine per bruciare i lombardi» (sic!).

Dagli al meneghino! - La campagna sembrava utile solo a mettere gli italiani gli uni contro gli altri. «A me piace molto incitare all'odio sociale», ammetteva Cirri, ridacchiando. «Verso i milanesi c'è un certo gusto a farlo», gli dava ragione la Zambotti, che poco prima aveva spiegato: «Il milanese è stato sempre antipatico al Paese». Ci importa poco che i due conduttori vivano a Milano e che la loro potrebbe suonare come una forma di autoironia; e diventa anche relativo che il loro programma faccia satira e che quindi tutto dovrebbe essere preso con leggerezza. In questa fase storica, e su certi temi, non c'è molto da scherzare, a maggior ragione che già durante la prima ondata ai lombardi è stato affibbiato il marchio infame di untori. È proprio il caso di rinfocolare questa narrazione turpe, alimentando la lombardo-fobia? È proprio il caso di rischiare che qualcuno prenda sul serio la campagna e apra la caccia al milanese o lo consideri, a prescindere, come un pericolo? E non è insopportabile far passare sul servizio pubblico l'idea che il lombardo sia più infetto degli altri e per di più menefreghista e quasi si diverta a contagiare gli italiani? Ci pensino su Commissione di Vigilanza e Agcom, sempre pronti a intervenire quando si tratta di altre violazioni. Gli ascoltatori, lombardi e non, dal loro canto hanno un'arma: boicottare il programma, smettendo di ascoltarlo. Il miglior modo per passare sopra questi insulti come un caterpillar.

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