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Coronavirus, italiani sull'orlo di una crisi di nervi. Renato Farina: "Sul balcone ho messo un cartello, obbedisco ma vergognatevi"

Renato Farina
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Un corteo pacifico si è mosso a Bergamo dal municipio fino alla dimora privata del sindaco Giorgio Gori. «Siamo titolari di Partite Iva, ristoratori, baristi, negozianti, ma anche semplici cittadini». Dal centro della città bassa, il serpentone si è poi spostato verso le splendide Mura Venete. Chiedevano di vedere il primo cittadino per comunicare la loro protesta per il lockdown e capirne le ragioni. Gori, che è un dem ma non ha venduto l'anima a Zingaretti e a Conte, non aveva nessuna ragione da riferire, e ha fatto sapere: non l'ho deciso io, non c'entro nulla. Lo slogan era "libertà", e la canzone "Fratelli d'Italia". La frase "siam pronti alla morte" è stata intonata con sarcasmo, persino ira. Ci vogliono far morire. A marzo e aprile il governo ci ha lasciati soli a fronteggiare il Covid, ha mandato i camion per portar via le bare coi nostri morti senza benedizione. Oggi i capi di Roma vogliono finire l'opera con i sopravvissuti sì, ma ancora per poco: assassinano il lavoro, spengono le caldaie della resistenza alla crisi, senza alcuna ragione chiara e valida, insinuano depressione profonda, sfiducia nello Stato. Cresce la consapevolezza di essere in mano a una banda della filibusta. Al servizio di chi? Dei cittadini e della salute dei bergamaschi e dei bresciani, dei torinesi e dei cosentini?

Banda della filibusta - Vogliono mettere la Lombardia locomotiva d'Italia sotto i loro calcagni, per ridurne le pretese di autonomia, umiliare la volontà di ripresa per adeguarla ai ritmi dei lazzaroni ministeriali e tribunali? Nessuno toglie dalla testa che a decidere i tre colori d'Italia non siano stati i dati, ma considerazioni sulle reazioni della gente. Napoli era stata attraversata da venti di insurrezione la notte del 23 ottobre, un paio d'ore dopo che De Luca aveva annunciato il suo lockdown personale. Misura rientrata. Non uscire in strada da quelle parti, con l'economia di strada tutta in nero, vuol dire la fame. La Lombardia è ritenuta essere un pio bove, un popolo bue assai disponibile all'obbedienza. E hanno così voluto rimettere a posto le velleità di combattere con sistemi lombardi, chiari e scientifici sul serio, l'ondata. Niente da fare. Incredibile quel che sta succedendo. Conte ha emanato un Dpcm che trasferisce tutti i poteri di vita e di morte nelle mani di Roberto Speranza, estrema sinistra, assegnandogli poteri di discrezionalità assoluta, con possibilità di sequestrare la popolazione di una Regione senza alcuna spiegazione per 14 giorni, senza possibilità di retromarcia, comprimendo diritti fondamentali, consegnandoci non a regole lasciate alla responsabilità delle persone ma a controlli di polizia. E non c'è un solo quotidiano che abbia ammesso l'insondabilità alla mente umana di certe scelte. Perché il Lazio non è rosso ma lo è la Calabria? Perché la Sicilia è arancione e la Campania gialla? Tutti hanno detto che le scelte sono state la cosa meno trasparente della storia repubblicana. Ma nessuno ha chiesto al governo di ritirare il Dpcm, di rendere per lo meno ragione delle proprie scelte. Ma si sono accucciolati devoti ai piedi del dittatore, nel nome della mitologica necessità di essere tutti solidali in questo momento difficile. La solidarietà con l'autocertificazione per andare al diavolo, la daremmo volentieri per loro. Anzi ci si è scagliati contro la pretesa di federalismo dei governatori, che sono stati tacciati di irresponsabilità e opportunismo perché non hanno accettato di "collaborare" con Conte-Speranza. Ehi, un conto è la leale collaborazione, dove si può avere voce, un'altra cosa è essere collaborazionisti come altrettanti generali Petain. Milano è Milano, non è Vichy. E non lo è neppure Reggio Calabria. Essere comandati dagli umori dei grillini e della ragion di partito del Pd, non ci va bene.

Fanno pure la morale - Per una volta - lo confessiamo - la plebe napoletana è stata superiore a quella lombarda. Per fortuna non siamo gente che tira bombe carta, non aggredisce la polizia. Al massimo appende un cartello: libertà. Io ne appenderei un altro, anche a costo di far salire la scala nobiliare a Conte: "Il Re è un babbeo". In realtà i babbei siamo stati noi. Questo Roberto Speranza stava per buttar fuori da Feltrinelli un libro intitolato: Perché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute. Che idea era? Magari era fenomenale, e se l'avessimo appresa sarebbe stata meglio di un vaccino. Peccato. Ha ritirato il libro, e con esso l'idea di salute, il 21 ottobre, quando era già in distribuzione. Cosa sapeva quel 21 ottobre per convincerlo a decidere precipitosamente? Sapeva già che non saremmo guariti? E se sì, allora perché non ha agito subito? Mentre scriveva la ricetta per la guarigione universale stava creando con la sua inerzia le condizioni per ritirarlo. Tutto preso a far passare l'aborto facile con la pillolina a casa, incapace di liberalizzare l'accesso alle facoltà di Medicina, di istituire d'accodo con il ministero dell'Università corsi estivi volanti per specializzare infermieri adeguati alle cure intensive e far tirare a lucido nuovi reparti. D'accordo, sbagliamo tutti. Nessuno al mondo ha la pozione magica. Ma non è una buona ragione per il dispotismo di chi non ha certezze se non quelle da stato di polizia cino-sovietico. Repubblica ha dedicato ai bergamaschi un corsivo con la morale di chi è seduto sul burro e guarda agitarsi le formiche sotto il proprio balcone di stipendio che corre indisturbato verso il proprio conto corrente. Ma come? Proprio voi che avete visto portar via le bare con i camion non capite il perché del lockdown? Aveva ragione Michele Serra, accidenti, a illustrare il vostro corto cervello e definire quello lombardo in generale e quello orobico in particolare «il popolo del non si chiude, brava gente, però monoculturale, confindustriali lillipuziani, i magut bergamaschi tal quali i padroni delle acciaierie». Da qui una domanda retorica da condanna senza appello: «Restano le immagini del corteo e una domanda sullo sfondo: davvero a Bergamo si è passati dal corteo di camion con le bare a quello della gente che sfila nelle stesse strade per protestare? La risposta, purtroppo, è sì». Sì. È così. Non si vive di solo lutto. Altrimenti moriremo davvero tutti. A differenza di 8 mesi fa nessuno in Lombardia e in Piemonte, in Calabria, Val d'Aosta e provincia di Bolzano ha intonato festosamente dal balcone l'Inno d'Italia. Nessuno osa scrivere più "Andrà tutto bene". Personalmente ho messo fuori un cartello: "Obbedisco ma vergognatevi"

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