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Pietro Senaldi, Trump e il Pd: "Esperto nel governare senza consenso, con che faccia critica Donald?"

Pietro Senaldi
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Joe Biden, l'uomo che per otto anni è stato il vice di Obama alla Casa Bianca, sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti. Non è d'accordo Trump il quale afferma che, se si contassero solo i voti legali e non anche quelli truccati, avrebbe vinto lui. Il repubblicano sostiene di essere indietro unicamente a causa di brogli e corruzioni operate dall'avversario. In sostanza, contesta le schede arrivate per posta e, come aveva preannunciato alla vigilia delle urne, si prepara a inondare la Corte Suprema di ricorsi per impugnare la vittoria del candidato democratico. Non sarebbe onesto stabilire, restando da questa parte dell'Atlantico, chi ha torto e chi ha ragione. Se qualcuno lo fa, è guidato da simpatie e non da notizie e dati. Comunque sia, confidiamo che tutto si sopisca in breve tempo.

 

 

 

L'atteggiamento di Trump non ha turbato più di tanto Biden, non a caso soprannominato «sleepy», cioè sonnecchiante. Viceversa in Italia ha scandalizzato tutta la sinistra, che ha rimarcato sdegnata il disprezzo verso le istituzioni dell'ormai ex presidente americano. Uno dei più saggi e meno ideologizzati del nostro fronte intellettual-progressista, Massimo Cacciari, ieri si è lanciato in una raffinata analisi. Ai microfoni di Radio 24 ha spiegato che il comportamento di Donald non lo stupisce affatto, in quanto è tipico dei sovranisti, i quali, pensando di incarnare solo loro la volontà del popolo, ritengono di avere il diritto divino di governare a prescindere da qualsiasi esito elettorale. È intuitivo che il filosofo veneziano parlava delle Americhe per lanciare messaggi in Italia. Peccato che qui da noi le parti siano invertite. La sinistra nostrana ritiene di essere la sola ad avere le competenze e la cultura per occupare i salotti del potere e non riesce ad accettare che il popolo le voti contro. È da quando, nel 1994, Berlusconi distrusse la gioiosa macchina da guerra di Occhetto che si ripete lo stesso film. Accuse infamanti, girotondi in piazza, decine di processi basati sul nulla, perfino, in stravolgimento a ogni principio del diritto penale, sanzioni applicate a comportamenti precedenti alle norme che le prescrivono. E ora, con Salvini, ministri processati per aver fatto il loro lavoro e chiamati alla sbarra da soli per decisioni condivise da tutto il governo, premier incluso; anzi, in primis.

Cambiano pure la costituzione - I Trump italiani, se così si vogliono definire coloro che se ne fregano dell'esito del voto, si chiamano Zingaretti, Renzi, Conte, Franceschini, Speranza, che in questi giorni decide le sorti di tutti noi dall'alto dei 3.943 voti personali che ha rimediato alle scorse Politiche nella sua Basilicata. La riprova si ha in questi giorni. Il centrodestra, per la prima volta nella storia della Repubblica, governa l'80% delle regioni italiane, la cui maggioranza è solitamente nelle mani della sinistra. E guarda caso, proprio l'altra sera, i leader di Pd, M5S, Italia Viva e Leu si sono ritrovati insieme, per una volta tutti d'accordo, per riformare il Titolo V della Costituzione, ovverosia per rottamare quel poco di federalismo posticcio che c'è nel Paese e tornare a un centralismo assoluto, in barba ai referendum di Lombardia e Veneto di tre anni fa e alle richieste di autonomia di una decina di Regioni, tra le quali perfino l'Emilia-Romagna. Morale, la sinistra non può dare lezioni di democrazia a nessuno. Oggi, sollevata, festeggia la vittoria di Biden, molto meno ampia del previsto, e celebra gli Usa come faro dell'Occidente; ma ieri, quando temevano un successo di Trump, gli intellettuali d'area erano già partiti con il processo all'America, ignorante, violenta, razzista e ferma ai tempi del generale Custer. Gli stessi che oggi impartiscono lezioni di decoro istituzionale a Trump, quattro anni fa, quando Donald a sorpresa arrivò a Washington, sprecarono fiumi di inchiostro per sostenere che il miliardario di New York era stato eletto grazie ai soldi della Russia di Putin, scassata economicamente e in favore della quale il presidente durante il suo mandato non ha preso una sola decisione. Se la Casa Bianca è democratica, le istituzioni Usa sono sacre, se è repubblicana, diventano subito un covo di farabutti. Un po' come Palazzo Chigi o il Viminale, sedi di un'associazione criminale se in plancia c'è Berlusconi o un leghista, luogo dell'unità nazionale di fronte al quale tutta Italia deve inchinarsi, obbediente e rispettosa, quando a comandare c'è la sinistra o un suo figurante.

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