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Luca Palamara, l'ex pm a Libero: "Ho fatto parte di un meccanismo. Ora voglio riformare la magistratura"

Emilia Urso Anfuso
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 È al centro di una vicenda complessa scoppiata in seno alla magistratura, e che ha trovato - almeno apparentemente - un solo protagonista, un unico colpevole: Luca Palamara. Eppure, basta scavare un poco tra le pieghe di questa storia per capire che non ha senso urlare allo scandalo. In queste ore circola la storia della "manina" che avrebbe passato le carte ai giornali per far saltare le trattative sul nuovo vertice dei pm di Roma. Pare una spy story «Non sta a me stabilire se esista o meno una "manina" che avrebbe passato le carte ai giornali con riferimento a fatti e notizie che riguardavano l'indagine nei miei confronti. Ciò che è certo è che anch' io sono interessato a comprendere come e perché determinate informazioni siano state divulgate e diffuse in maniera illecita».

Perché ciò che è considerato normale in politica non lo è all'interno della magistratura?

«In questo momento, e sottolineo in questo momento, è stato più facile identificare nella mia persona l'unico autore degli accordi all'interno delle correnti. Ma ciò è accaduto perché non è mai stato spiegato il meccanismo attraverso il quale le correnti operano all'interno della magistratura stessa. Questo ha creato una sorta di diversità tra ciò che avviene in politica e ciò che avviene in magistratura. Intendo dire che, poiché mai stato reso pubblico il sistema delle nomine all'interno del Csm, quando si è iniziato a parlarne si è gridato allo scandalo. I cittadini conoscono il sistema delle nomine in politica e perciò non lo ritengono scandaloso».

Il Csm sembra non trovare pace anche sulla nomina in sostituzione del dimissionario Mancinetti.

«Non ritengo di essere la persona più indicata a rispondere alla domanda. Posso dire ciò che penso: non si è raggiunto un accordo tra le correnti».

Di recente è entrato a far parte della Commissione sulla riforma della giustizia del Partito Radicale. Una giustizia giusta è possibile?

«Per circa 25 anni ho operato all'interno della magistratura, e ho sempre seguito la linea dell'applicazione imparziale della legge. Avrò modo e occasione, spero, di dimostrare che mi sono sempre battuto per i principi di una giustizia giusta. Per questo motivo, ho ritenuto di voler mettere a disposizione l'esperienza della mia attività per chi si è sempre battuto per questi principi, anche se ho espresso nel corso degli anni diversità d'opinione e d'idee su determinate questioni. Però, poiché ritengo che il tema della giustizia molto importante per la vita dello Stato e dei cittadini, voglio mettere il mio bagaglio personale e professionale a disposizione di tutti».

È stato denominato "Il caso Palamara" ma sarebbe stato più corretto denominarlo "Il caso magistratura". A un certo punto sembrava addirittura che la magistratura fosse composta di un solo elemento: lei. Mi sono fatta l'idea che tutto nasca dalla frattura tra Unicost e Magistratura democratica e la nuova alleanza con Magistratura indipendente. È così?

«La mia storia politica e associativa è caratterizzata da un'alleanza tra la corrente di Unicost e le correnti della sinistra giudiziaria. Quando quest' alleanza si è affievolita, in special modo nell'ultimo periodo, in occasione della nomina del vice presidente Ermini, si è verificato uno scostamento maggiore verso l'area moderata, e sono iniziati a nascere problemi che a un certo punto hanno riguardato direttamente la mia persona».

Mi dica la verità: lei è più potente di quanto voglia far apparire? Perché tutto quest' accanimento contro di lei? Cosa può aver mai ordito che gli altri non potessero?

«L'idea dell'uomo solo al comando non mi è mai piaciuta e non mi sono mai sentito tale. Sono stato semplicemente un magistrato che in una fase della sua vita ha fatto parte di un meccanismo, quello delle correnti, all'interno del quale, interfacciandomi con le altre, ho operato».

La cosa particolare è che lo scandalo non è scoppiato tanto all'interno della magistratura quanto a livello socio-politico. Ha scandalizzato gli italiani.

«Ogni giorno ci sono giudici impegnati nei casi più svariati. Dall'ambito civile, come i divorzi, oppure che decidono di uno sfratto, o sono chiamati a giudicare un ladro o un truffatore. Ai cittadini va spiegato che il fatto che mi ha riguardato è interno alla magistratura, si riferisce alla gestione interna del potere, ma non intacca l'applicazione imparziale della legge. Questa situazione, quindi, non deve incrinare la fiducia che i cittadini ripongono nel sistema giudiziario».

Di recente si sono tenute le elezioni del comitato direttivo centrale: tonfo per Autonomia&Indipendenza, la corrente di Davigo, costretto però dai colleghi a lasciare la carica per decadenza a poche ore dal voto. Fatto fuori pure lui?

«Davigo è stato tra i giudici che mi ha giudicato, e per tale motivo non mi esprimo su questo punto. Posso però dire che nemmeno io mi aspettavo che a distanza di pochi giorni dalla decisione che mi ha riguardato, egli sarebbe decaduto dal Csm. È però certo che la scorsa estate c'erano avvisaglie su quanto sarebbe accaduto».

Il giorno successivo all'esplosione dello scandalo sulle nomine, 5 consiglieri togati su 16 si sono dimessi e il Procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio in pensionamento forzato: un fuggi fuggi generale che potrebbe apparire come un'ammissione di colpe.

«Ognuno risponde dei propri atteggiamenti e comportamenti, io rispondo per me stesso. Non voglio giudicare il comportamento degli altri».

Lei potrebbe tornare a breve a indossare la toga se le Sezioni Unite della Cassazione dovessero ammettere il suo ricorso.

«Non demordo, utilizzerò tutti gli strumenti processuali che l'ordinamento mi mette a disposizione, facendo ricorso all'organo di ultima istanza, perché ho pieno interesse a far emergere tutta la verità su come sono andate le cose. Voglio anche far comprendere perché in quel periodo storico la corrente di sinistra della magistratura era fortemente ostica nei confronti del Procuratore Viola. Per tale motivo il ricorso sarà funzionale in attesa della decisione della sezione disciplinare, per continuare a far valere i miei diritti fino a che mi sarà possibile, passando per le Sezioni Unite e la Corte Europea per i Diritti dell'Uomo, per ristabilire la verità dei fatti".

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