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Nizza, il governo sfotte gli italiani: "Il viaggio del jihadista? Uno sbarco autonomo"

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Giovanni Sallusti
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La Storia non ci giudicherà da come affronteremo la pandemia Covid, che oggi monopolizza le cronache. La Storia ci giudicherà da come affronteremo la pandemia islamista, che da anni falcia le vite di inermi cittadini europei e occidentali nelle strade, nei locali, nelle chiese delle loro città. Ecco, a quel punto sarà complicato spiegare a cotanto tribunale che noi, come comunità nazionale e prima trincea d'Europa nel Mediterraneo, schieravamo nei momenti decisivi dello scontro di civiltà un ministro dell'Interno quale Luciana Lamorgese. L'ex prefetta ieri ha compreso che non poteva non emettere sillaba sul caso di Brahim Aoussaoui, il gentiluomo tunisino che ha sgozzato tre persone a Nizza sbraitando "Allah Akbar!", sbarcato a Lampedusa a fine settembre, piena era giallorossa dei "porti aperti", dopo il periodo di quarantena inviato in un centro migranti a Bari, quindi espulso tramite un foglio di via che gli intimava di lasciare l'Italia.

 

 

Subito reso carta straccia dal futuro decapitatore, che per la sfortuna dei futuri decapitati raggiungeva la Francia. Parla, infine, la Lamorgese, ma sarebbe stato meglio non l'avesse fatto. «Il tunisino è arrivato a Lampedusa con uno sbarco autonomo il 20 settembre e il 9 ottobre ha ricevuto un decreto di respingimento». Siamo a vette di neo-lingua che George Orwell non aveva neppure immaginato: l'immigrazione clandestina diventa "sbarco autonomo". Così, una mattina Brahim si è svegliato con l'idea di venire a farsi uno "sbarco autonomo" sulle coste italiane, autonomo anche dalle leggi in vigore sulle medesime coste, ovviamente, e il fatto che ci sia riuscito non scomoda responsabilità del ministro dell'Interno del Paese oggetto della scampagnata, ovviamente. Qualcuno più lucido del ministro, nella fattispecie il questore di Bari, firma poi il provvedimento di espulsione, che non viene mai eseguito. Prosegue imperterrita lei, con invidiabile sprezzo del ridicolo: «Questo è il momento di fermarsi con le polemiche ed essere vicini al popolo francese».

Non c'è dubbio, magari sufficientemente vicini da non fargli arrivare tagliatori di teste in fregola maomettana. Fino all'harakiri esplicito, per quanto involontario: «Questo è un attacco all'Europa: Lampedusa in Italia è la porta di Europa». Ecco, appunto, allora forse sarebbe il caso di tenerla, non diciamo serrata, ma quantomeno non spalancata di fronte alla jihad dei barconi, su cui l'intelligence americana mise in guardia il nostro governo già un anno fa, ma la mitologica Lamorgese rispose che i pericoli per la sicurezza dei cittadini «non devono essere inquadrati come terrorismo di matrice islamica», ci mancherebbe, lo sanno bene a Nizza. E infatti contro il virus del Terrore islamico siamo inermi. Nessun vaccino, che sarebbe poi la volontà di rispondere alla guerra dichiarata con la guerra, non con l'ignavia di nutrire il coccodrillo sperando di essere mangiati per ultimi, avrebbe detto Sir Winston Churchill. Nessun tracciamento, che sarebbe poi la mappatura sistematica di cellule (per ora) dormienti, moschee equivoche, imam pericolosi. Nessun lockdown, che sarebbe poi la serrata anche militare di quei quartieri-ghetto ormai di fatto islamizzati delle metropoli europee, per riportarli dal controllo della sharia a quello dello Stato. Sapere che noi italiani rischiamo anche di essere nostro malgrado gli untori di questo contagio, perché i nostri governanti non riescono a impedire gli "sbarchi autonomi" dei sicari coranici, è francamente troppo.

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