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Nizza, la sentenza di Renato Farina: il killer islamico nella cattedrale è un attacco a tutto l'Occidente

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Renato Farina
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Tre morti, molti feriti, mentre pregavano in chiesa a Nizza, decapitati o sgozzati da un tunisino di 21 anni, accolto amorevolmente a Lampedusa dal nostro governo, il famoso viaggio della speranza sì, però quella di ammazzarci. Tampone al volo, ok, carta timbrata, in perfetta forma per scannare i cristiani. Il dolore si mescola al sarcasmo, scusate. L'orrore lascia spazio alla costernazione per la nostra imbecillità che pretende pure di sventolare il Vangelo come ragione di questa follia complice del terrorismo. Che vergogna pesa su di noi. Questo governo con decreti complici - l'ultimo è datato 21 ottobre - fa sì che qualunque terrorista, proveniente da qualsiasi Paese, trovi qui la logistica perfetta per le stragi di cristiani. Che rabbia. Su queste colonne nei mesi scorsi abbiamo dato spazio alle notizie di decine e centinaia di militanti dell'Isis e di Al Qaeda rientrati in Tunisia e imbarcati per l'Italia. A questa invocata prudenza si è risposto mettendoci fuori dal recinto dell'umanesimo dalla sinistra, e pure scomunicati perché tutti costoro sono «profughi come Gesù Cristo».

 

 

Ma non si doveva essere astuti come serpenti, oltre che ingenui come colombe? Figuriamoci. Alle tre del pomeriggio tutte le campane di Francia hanno suonato a morto. Sarebbe stato bello lo si fosse fatto anche in Italia. Nizza è più vicina a Milano e Roma che non a Parigi. I vescovi francesi hanno dato questa disposizione, e dovunque alle 15 e 15 di là delle Alpi, nel Paese laico per eccellenza ci sono state messe per le vittime, e la gente arrivava, pure quella che ha dovuto ripescare nelle nebbie il ricordo del segno della croce. Emmanuel Macron ha parlato ai francesi, individuando subito il nemico nel «terrorismo islamico» e ha proclamato il «sostegno ai cattolici a nome della intera nazione». Gli ha risposto la Conferenza episcopale: «Malgrado il dolore che li stritola, i cattolici rifiutano di cedere alla paura. I cattolici si raduneranno dovunque a pregare».

Altrove, dalle parti di Avignone e a Lione, altri assassini hanno cercato di compiere una medesima strage. Fermati appena in tempo. In vasti ambiti della comunità musulmana transalpina, che raccoglie 5,7 milioni di fedeli del Profeta, ormai non esiste più soluzione di continuità nella filiera islamica tra cellule armate, correnti radicali ma finora distanti dal terrorismo, e molti ex-moderati oggi seguaci fanatici del presidente turco Erdogan, che ha istigato alla ribellione «un miliardo e mezzo di credenti» dando del pazzo a Macron che aveva condannato quindici giorni fa la decapitazione del professore di storia Samuel Paty, e aveva esaltato il diritto alla libertà, base della civiltà europea, compreso quello dell'insegnante di esibire le vignette "blasfeme" di Charlie Hebdo. Erdogan ha chiamato di fatto alla rivolta contro il proposito dell'Eliseo e del Parlamento francesi di "costituzionalizzare" l'islam, decretandone l'illegittimità quando nega i principi su cui si regge la République. Inaccettabile dal punto di vista della massima espressione politico-religiosa di questa religione impazzita: Erdogan vuole esattamente il contrario, vorrebbe cioè islamizzare l'Europa, e ha costituito per questo un esercito di 700 imam da esportazione, tra cui la metà ospitati in Francia. Ha un'arma potente di ricatto: la sua armata è la più forte della Nato, la quale a sua volta preferisce essere lo struzzo che non vede, piuttosto che il leone che ruggisce, America compresa. vittime cristiane Ammetto, non riesco a non identificarmi con i morti, mi è impossibile non sedermi con l'immaginazione nella pozza di quel sangue, e segnarmi con esso. Esagero. Il cattolicesimo è troppo carnale per essere politicamente corretto. Ma non posso farci niente.

Erano fratelli, parte di quel biblico e minuscolo resto d'Israele di frequentatori quotidiani delle messe. In Francia poi, una rarità assoluta. Capire chi erano le vittime forse aiuta a comprendere quale sia il nuovo bersaglio prelibato dei terroristi islamisti. Li chiamo così anche se questo linguaggio è vietato dal Consiglio e dal Parlamento d'Europa perché considerato islamofobo. E anche evitato dal Papa, per non associare gli assassini all'islam ritenuto in sé non violento e dialogante. Giusto per evitare repliche assassine, evitare di fornire pretesti. Ma è la realtà ad urlare «Allah-u-Akbar», e a milioni lo stanno ripetendo, facendo coro, e non riusciamo ad essere sordi. La prima è lei. Era andata di buon ora in chiesa a pregare, dicono i testimoni. La si vedeva spesso salire i cinque gradini del sagrato e quasi fondersi nel biancore neogotico della basilica di Notre-Dame, nell'alba marinara di Nizza. A settant' anni si ha tanto da chiedere a Dio per i nipoti. Se ne stava andando. Si era avvicinata all'acquasantiera, dimenticando che è vuota, e invece c'è il flacone con il gel disinfettante. Le si era avvicinato il sacrista a ricordarglielo e a dirle qualcosa, suppongo: «Si dice che le chiese da lunedì chiuderanno per le re-confinement, ma i vescovi stanno protestando». Magari l'avesse già chiusa... Ma no... Sarebbero entrati suonando e chiedendo la carità in un convento, bussando in un rifugio per barboni tenuto da preti e suore. Cercavano quello: gole cattoliche. È il loro mestiere essere martiri. Ma una pensionata, un sacrestano, come si fa? Che acqua tossica ha bevuto questa schiatta sanguinaria?

IL SACRESTANO
Vincent, 45 anni, sposato con due figli, da dieci anni angelo custode del piccolo gregge. Altre voci si spandono tra le navate, un sussurrio: «Je vous salue Marie». Ed ecco irrompe nella pace un urlo rauco: «Allah-u-Akbar!». Il coltello si muove con furia esperta. La nonna cade per prima, la testa resta attaccata al busto solo con un brandello di pelle candida. La figlia correrà dopo poco verso la chiesa per un presentimento. Un lago di sangue, le vetrate ne parlano: gocciola dal collo dell'agnello in un calice. Ma questo è vivo, non è il vino transustanziato, somiglia a quello sul Calvario di duemila anni fa, è uguale a quello versato in questi primi decenni da migliaia di decapitati in Libia o in Iraq che recitavano il Padre nostro in aramaico. Cristiani, ma quel sangue e la testa mozzata è la medesima del professore Paty. Vincent geme sgozzato. L'uomo - si può dire che è islamico? - impazza contro chiunque sia lì con il torto di essere cristiano, peggio ancora cattolico per di più praticante, nel momento in cui è abbandonato e perciò inerme, perfetto per la lama. Balza addosso anche a una signora di trent' anni, riesce a bucarle la gola, mentre la vita le sgorga via, riesce a uscire, a entrare in un bar, dice accasciandosi: «Dite alla mia famiglia che l'amo». La risposta a questa tremula dichiarazione in cui consiste l'essenza della razza umana e del cristianesimo - l'amore - è stato il latrato irrefrenabile dell'assassino: «Allah-u-Akbar!». Due minuti. Agenti della polizia municipale irrompono in basilica. Abbattono l'assassino. Fanno in modo di non ucciderlo. Eccolo ancora e ancora, mentre viene curato in ospedale, ripetere il nome di chi crede suo mandante e troppi come lui nel cuore della nostra Europa: «Allah-u-Akbar!». Chissà se qualuno in piazza esibirà il cartello "Je suis catholique", alle prossime manifestazioni di sacrosanta protesta e solidarietà. Basterebbe anche un più laico: «Non possiamo non dirci cristiani».

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