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Paolo Becchi, dito puntato contro l'opposizione: le piazze non bastano se voi tentennate

Paolo Becchi
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Le proteste e le rivolte di questi giorni fanno capire, chiaramente, almeno una cosa: che la crisi economica, innescata con la gestione della emergenza sanitaria, ha ormai prodotto un reale conflitto sociale. Ed è stupido, e cieco, affermare che, dietro le violenze pur commesse dai manifestanti, vi siano le mani criminali della camorra, gli ultras, o i neo-fascisti. Perché significa non vedere come in piazza sia scesa, oggi, quella "piccola borghesia" avrebbe detto Carlo Marx, composta da piccoli e medi imprenditori, ristoratori, negozianti, proprietari di bar e palestre, lavoratori dello spettacolo, piccoli commercianti che, da ceto medio, si sta ormai proletarizzando. La questione sociale è reale, ed urgente. Ed il conflitto è destinato nell'autunno ad acuirsi. Difficile per il governo ripararsi ancora dietro l'"emergenza", per giustificare le misure che ha adottato, le chiusure che stanno uccidendo (non solo metaforicamente se si pensa all'aumento dei suicidi) questi lavoratori: perché il governo non ha agito quando, questa estate, avrebbe dovuto, perché non ha predisposto un organico piano di riforma sanitaria che consentisse di prepararci alla cosiddetta "seconda ondata", perché questa volta sappiamo cosa il governo avrebbe dovuto fare e non ha fatto perché tutto ciò non succedesse di nuovo.

Oggi questo governo non ha più la fiducia degli italiani: queste piazze e queste rivolte lo dimostrano. Eppure, le opposizioni - di fatto - tacciono o sussurrano, e lasciano al governo mano libera. Le "rivolte" da sole porteranno a ben poco se non riusciranno ad esprimere una vera alternativa politica al Governo Conte. Ed è questo il compito, a mio avviso, di forze come la Lega, che resta ancora, ad oggi, il primo partito in Italia. Perché i leader dell'opposizione non hanno ancora chiesto al premier di venire a riferire in Parlamento, su ciò che sta accadendo nel Paese? Perché non hanno chiesto un incontro col presidente della Repubblica, tenendo conto che il Paese si sta trasformando in una polveriera? Perché stanno perdendo tempo? Esistono, oggi, le circostanze oggettive per provocare una crisi di governo: la debolezza, se non la scomparsa, del partito di maggioranza - il M5s è ormai impegnato soltanto a uscire dai propri contrasti interni - e, insieme, uno scontro sociale nel Paese che non farà che aumentare esigono risposte politiche. 

 

 

 Strano che le opposizioni siano sempre pronte a chiedere le dimissioni del governo ad ogni una sconfitta elettorale di quest' ultimo nelle varie tornate amministrative, ma non lo facciano ora che le piazze sono in fiamme. Si crea quasi l'impressione che non lo vogliono fare, perché non saprebbero come gestire questa fase drammatica della nostra storia, tra l'emergenza sanitaria e quella economica e sociale. E però è a questo che, ora, devono immediatamente lavorare: occorre elaborare una proposta politica complessiva che sia alternativa al modo in cui il governo sta gestendo la situazione. Opporre alla retorica dell'emergenza di Conte e dei suoi comitati tecnico-scientifici una vera politica. Anche la Lega ha bisogno di esperti in questo momento, di scienziati, medici, economisti, filosofi politici, personalità autorevoli che lavorino ad un programma organico e credibile per affrontare l'emergenza, un programma che tenga conto tanto dei problemi delle nostre strutture sanitarie quanto della crisi economica. Occorre, insomma, al più presto presentare un'alternativa concreta al governo e di governo. Altrimenti le opposizioni continueranno semplicemente con le loro chiacchiere o i loro cinguettii, con i loro "emendamenti", e le rivolte proseguiranno senza sosta e saranno sempre più violente, ma senza una reale prospettiva di poter portare ad un concreto cambiamento. Forse allora sì che, lasciate senza speranza, queste proteste finiranno per essere in balìa delle più diverse infiltrazioni.

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