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Coronavirus e ossessione sanitaria, perché della scienza non possiamo fidarci ciecamente

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Francesco Bertolini
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Uno dei grandi problemi della modernità è la rimozione della morte. Non è più contemplata; non è più la naturale chiusura di un ciclo naturale, ma qualcosa che va rimosso e contrastato in ogni modo, alterando così quell'equilibrio perfetto che ha sempre governato l'intero pianeta e i suoi abitanti, siano essi piante, animali o uomini. La rivoluzione tecnologica ha ulteriormente alterato questo equilibrio, creando continue e spesso illusorie speranze di rinviare la morte sine die. 

La scienza in realtà non è scientifica, ma un continuo susseguirsi di errori,come ci ha raccontato la gestione della pandemia, dove i medici, probabilmente, non ne sapevano molto più di noi, visti i risultati. Riporre quindi fiducia assoluta nei medici e nella scienza non è sempre la strada migliore. So che potrà apparire eretico un ragionamento del genere in questa fase storica, ma ogni qualvolta la società si sia affidata solamente ai medici i risultati sono stati deleteri; quando la salute diventa una ossessione gli effetti possono essere perversi. Se poi, come oggi l'ossessione è una sola, gli effetti deleteri non potranno che essere ulteriormente negativi. 

 

PESARE LE CIFRE
Ogni giorno muoiono nel mondo circa 97.000 persone e ne nascono 230.000, ( il saldo positivo è di circa 65 milioni all'anno) spingendo il pianeta verso un sovraccarico che inevitabilmente sarà sempre più difficile da gestire, soprattutto oggi, che tutti gli abitanti del pianeta non si accontentano più di un sistema di autoproduzione e consumo ma che richiedono di vivere come il modello occidentale, con quindi di conseguenza un fabbisogno di risorse e un impatto ambientale sempre più pesante. Ma se una volta le carestie, le guerre e le epidemie erano i regolatori del pianeta, oggi non lo sono più. 

Nessuno infatti si immagina di lasciar correre il Covid per fargli svolgere il lavoro sporco di rimessa in equilibrio del sistema; nel mondo moderno si deve cercare di prolungare la vita il più possibile, anche quando questa sia ormai divenuta poco degna di essere vissuta. Ma senza entrare in questioni etiche, oggi più delicate che mai, la morte ha sempre avuto una sua gerarchia in natura, la morte di ogni essere vivente era funzionale al mantenimento di una armonia, di un equilibrio, di un rinnovamento continuo. 

RISORSE SCARSE
Probabilmente non sarà il Covid a svolgere una funzione di ripristino, ma tutto quello che rischia di derivare da questa pandemia e soprattutto dalla sua gestione; un mondo sempre più chiuso, più diffidente, che ricostruisce le frontiere, che vede il nemico ovunque. E un clima di questo tipo non potrà che creare conflitti per le risorse, sempre più scarse, del pianeta. Niente sarà più come prima, ma non andrà tutto bene purtroppo. 

Ma se il mondo non torna a ragionare sui macro temi che ne influenzano la sua stessa sopravvivenza globale, il Covid sarà ricordato come un piccolo temporale nella storia del mondo, confuso con un tornado, che, in attesa, se la ride, osservando come il mondo si divida, su cure e vaccini, su aiuti economici e lockdown, su medici diventati detentori di una verità che purtroppo non hanno.

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