Coronavirus, "l'idea imbecille" del governo: lasciare l'economia congelata in attesa che passi l'onda
L'impreparazione del governo davanti alla prevedibilissima seconda ondata infettiva è dovuta principalmente a questo: al fatto che da mesi ha l'unica preoccupazione di pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici e le pensioni. Che non è una preoccupazione insensata, nel senso che bisogna pur pagarli, ma diventa distruttiva quando pretende di trattare il sistema economico che li paga come una cosa acquisita che si accende e si spegne in base alle curve del contagio. L'idea imbecille secondo cui il problema del governo sarebbe di tutelare "innanzitutto" la salute anziché le condizioni del sistema economico e produttivo, che sono esattamente quelle che permettono di tutelare meglio anche la salute fisica e psicologica dei cittadini, è il segno distintivo di un'azione pubblica che ormai quasi da un anno si svolge su quel presupposto sbagliato: lasciare l'economia così com' è e congelarla nell'attesa che passi l'onda, come se non si trattasse invece di lavorare per allenarla alla sopravvivenza nel nuovo scenario.
"A questo punto meglio chiudere ora". Italia verso il disastro, impensabile e disperato appello
Ti preoccupi delle tasse che servono a mantenere il Paese, perlopiù quello improduttivo, e concedi qualche insignificante dilazione: ma non ti passa per la testa di abbassarle. Ti preoccupi dei licenziamenti e dunque li vieti: ma figurarsi se immagini di incentivare le assunzioni cambiando qualcosa nel sistema che fa dell'imprenditore un'agenzia pubblica che passa metà del tempo a riempire moduli e a far versamenti anziché a dar fuori prodotti e servizi buoni per il circuito economico. Ti tiri a lucido sul ponte sottratto alle grinfie dell'individualismo che l'ha fatto crollare, ma seppellisci sotto i bollettini dei contagi la notizia dei crolli dei ponti di Stato e a quello, allo Stato, prometti di affidare la viabilità del modello italiano. Ti godi il consenso venezuelano garantito dalla stampa più conformista d'Europa perché (maggio) «il peggio è passato», ma non dici, come dovresti, su le maniche e adesso al lavoro, vedete di recuperare il tempo perduto e io vi assicuro che vi tolgo tasse e scartoffie: dici invece che dopo tre mesi di divano è l'ora dell'ombrellone e ammassi venti milioni di italiani sulle spiagge a suon di bonus, portati dalla compagnia aerea cui hai regalato tre miliardi di cui nemmeno un centesimo è servito per l'unica cosa che semmai serviva e cioè tenere in sicurezza i voli.
Nel frattempo non fai un ca**o per acquisire le miliardate europee, e non lo fai per la stessa ragione inconfessata: perché tu dall'Europa vorresti quei soldi per fare quell'altra cosa, appunto pagare stipendi pubblici e pensioni, ma l'idea di guadagnarteli mettendo a posto l'economia produttiva e il sistema del lavoro è per te come l'aglio per il vampiro. Perché questa è la verità sottesa al luogo comune secondo cui l'Italia «non sa spendere» i fondi: non è che non sa spenderli, è che l'unico modo che conosce per spenderli è destinarli all'alimentazione dell'inefficienza pubblica. In Europa andiamo a dire che «a noi ci ha rovinato er Covid», e semplicemente non è vero perché l'epidemia ha virulentato le cause di un'infezione risalente e ben più grave: quella che mantiene la spesa pubblica a livelli difficili da sostenere già in tempi normali, e che va in cancrena se pretendi di curala con le mascherine peraltro tardive