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Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti, tour europeo per suggellare il patto: "Cambio di strategia, non di casacca"

Antonio Rapisarda
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Né partito liquido né soggetto stanziale. Semplicemente una Lega "in movimento" anche in Europa: nel senso letterale. «Cominceremo, io e Giancarlo Giorgetti, in qualità di responsabile Esteri, un giro delle capitali europee, per creare e rinsaldare relazioni». È questo l'annuncio di Matteo Salvini al termine dell'incontro con la delegazione parlamentare leghista di stanza a Bruxelles e riunita per fare il tagliando a Roma. Per il segretario il punto di partenza è chiaro: «Cambi di casacche non sono all'ordine del giorno. Siamo alternativi al modello cinese e venezuelano. Guardiamo agli Usa, all'Occidente e a Israele e ad avere buoni rapporti con tutti, ma non cambiamo casacca a seconda delle convenienze». Tradotto: nessun abbandono - come era ampiamente previsto, nonostante i retroscena - della storica alleanza con Marine Le Pen e del gruppo Identità e democrazia in direzione Ppe; conferma in blocco del posizionamento filo-occidentale ma anche un approccio più strategico e realista con il complesso ed esigente arcipelago delle cancellerie europee.

 

 

Esattamente ciò che ha richiesto con energia Giancarlo Giorgetti, numero due del Carroccio. Assimilata la lezione che in un mondo interconnesso non basta vincere le elezioni per governare e che per questo occorre maturare solide convergenze fuori dai confini, la sintesi che mette d'accordo segretario e vice è la seguente: «Per governare questo Paese devi avere buone relazioni internazionali - ha spiegato Salvini -. Siamo una forza di governo quindi incontreremo anche forze di governo». Quali? «Nel nostro gruppo ne abbiamo parecchie», è la risposta, ma è chiaro che il perimetro si allargherà agli alleati più prossimi culturalmente sia fra i Conservatori che fra i Popolari. Proprio questo è stato un passaggio centrale dell'intervento di Giancarlo Giorgetti. L'obiettivo dell'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, nei prossimi mesi, è raccontare in Europa che cosa rappresenta davvero la Lega: un partito che in Italia guida la coalizione nei distretti produttivi del Nord Italia e che governa con gli alleati di centrodestra in quindici Regioni su venti. «Parliamo con tutti come qualsiasi partito di governo - questo il suo ragionamento - perché il nostro obiettivo è "Salvini premier"».

IL DOSSIER DEGLI AIUTI DI BRUXELLES
Un partito governista attento al «mondo che cambia», come ha spiegato ancora il numero due del Carroccio, e pronto a cambiare a sua volta ove necessario: «Ad esempio c'è una sensibilità ambientale, che non c'era anni fa. Una voglia di sicurezza da esaminare». Così come da esaminare è la visione eurocritica, senza irrigidimenti ma nemmeno senza torsioni innaturali: «Non eravamo per entrare nell'euro, ma ora che siamo dentro uscire è complicato». La stella polare? «Fare gli interessi nazionali in Europa». È da questo punto di vista che si spiega l'approccio tenuto in Parlamento nelle ultime ore dalla Lega proprio sul dossier che riguarda gli aiuti europei. Lo chiariscono i due vertici a Bruxelles, Marco Zanni e Marco Campomenosi: «Gli eventi degli ultimi mesi in Ue hanno confermato la fondatezza delle nostre posizioni, dal Patto di Stabilità alle misure di austerity, messi in crisi e accantonati con l'emergere dell'epidemia e delle sue conseguenze». Un risultato che Salvini festeggia come dimostrazione di un'opposizione ben condotta: «Prendiamo atto che l'Europa sta cambiando come volevamo noi: la Bce sta facendo finalmente quello che chiedevamo noi. Il Recovery Fund è completamente diverso dalla logica del Mes». Per l'ex ministro dell'Interno, insomma, la sua Lega "in movimento" si comprende solo alla luce di questi risultati: «Grazie alle pressioni dei sovranisti l'Europa sta cambiando lentamente, noi seguiamo l'evoluzione e orgogliosamente rimaniamo quello che siamo».

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