Giuseppe Conte aumenta lo stipendio ai suoi dirigenti: crisi per tutti ma non a Palazzo Chigi
In tempi di Covid non tutti stringono la cinghia. I dipendenti statali con contratto a tempo indeterminato, come si sa, hanno retto meravigliosamente il colpo: datore di lavoro puntuale e solvente (almeno finché c'è chi sottoscrive i titoli del debito pubblico), stipendio non decurtato e possibilità di fare quello «smart working», presunto lavoro intelligente, che, come ha detto l'economista Pietro Ichino, è stato in realtà, per molti di loro, «una lunga vacanza pressoché totale, retribuita al cento per cento». E in cima alla loro piramide ci sono i più privilegiati, bravi o fortunati (dipende dai casi) di tutti: gli alti e altissimi dirigenti pubblici, incaricati di mandare avanti le amministrazioni centrali.
Spesso (specie di questi tempi) costoro sono di gran lunga più capaci dei loro referenti politici, i quali se li tengono in palmo di mano. Come dice l'anonimo capo di gabinetto nel libro Io sono il potere di Giuseppe Salvaggiulo, «noi non siamo rottamabili. Chi ha provato a fare a meno di noi è durato poco. E s'è fatto male». Ragionamento che vale per tutti i mandarini della pubblica amministrazione italiana. Un grand commis che ti risolve problemi vale oro, a maggior ragione se a pagarlo non sei tu, ma il contribuente. Regola che Giuseppe Conte conosce bene e non ha problemi ad applicare. Così il premier che in Europa si presenta col piattino in mano sta per far piovere sui 242 dirigenti di palazzo Chigi un aumento poco in sintonia col clima di miseria e mestizia che avvolge il resto del Paese, e soprattutto con la situazione di coloro che lavorano (o lavoravano, prima di perdere il posto a causa dell'epidemia) nel settore privato.
Il nuovo contratto proposto dall'Aran, l'agenzia che rappresenta lo Stato nella contrattazione con i sindacati del pubblico impiego, arriva infatti a garantire sino a 1.126 euro in più al mese. Destinatari di questa somma sono i 161 dirigenti di seconda fascia della presidenza del consiglio, che addizionando le diverse voci (aumento generalizzato, incremento per ridurre il divario dai loro colleghi di prima fascia, fondo legato al risultato) giungono, appunto, a una simile cifra, anomala persino per le tradizioni della loro casta. Va molto bene anche agli altri dirigenti di palazzo Chigi, che nella peggiore delle ipotesi sommeranno 331,80 euro di aumento ai 136,80 euro della retribuzione di risultato, arrivando così ad avere una busta paga più pesante di 468,6 euro.
E si tratta dei numeri portati al tavolo dall'Aran, la «parte datoriale», che durante il confronto con i sindacati potrebbero persino lievitare. A dimostrazione di quanto la salute economica dei suoi dipendenti sia cara a Conte, già nella manovra varata lo scorso dicembre il governo aveva inserito uno stanziamento extra di 2 milioni di euro, al solo scopo di facilitare la copertura degli aumenti per le posizioni alte di palazzo Chigi, sebbene la loro trattativa non fosse ancora iniziata. Altri 5 milioni di euro erano stati previsti per finanziare gli adeguamenti degli stipendi dei «normali» impiegati della presidenza del consiglio. Per avere un'idea dell'ordine di grandezza, si tratta di retribuzioni che nel caso dei dirigenti di seconda fascia di palazzo Chigi si aggirano oggi sugli 88.500 euro lordi l'anno, e che per gli 81 dirigenti di prima fascia oscillano generalmente attorno ai 182.300 euro, ma in certi casi possono superare i 207mila.
E questo dopo dieci anni di blocco della contrattazione collettiva del pubblico impiego, che fu deciso dal governo Berlusconi nel 2010, confermato dai successori del Cavaliere e bocciato nel 2015 dalla Corte costituzionale. Ovviamente a palazzo Chigi c'è, o ci dovrebbe essere, la crème de la crème, remunerata di conseguenza. Per le altre amministrazioni centrali l'aumento deciso a marzo e destinato a dirigenti e professionisti di prima e seconda fascia prevede un aumento medio complessivo di circa 260 euro mensili: una frazione di quanto destinato ai loro colleghi più quotati, ma comunque tanto per i parametri dei comuni mortali, soprattutto in un periodo nero come questo.