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Giuseppe Conte, il sospetto dell'Europa: bilanci truccati? Ombre nere sul premier

Paola Tommasi
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Tra gli uffici economici della Commissione europea sta montando il sospetto che i numeri di bilancio che Giuseppe Conte e il ministro Roberto Gualtieri hanno intenzione di presentare a Bruxelles siano «poco aderenti alla realtà». E sarebbe questo il motivo dei continui ritardi dell'approvazione in Consiglio dei ministri dei documenti di finanza pubblica. Il messaggio recapitato a Conte, però, questa volta è chiaro: le risorse in ballo sono talmente tante che o fa sul serio oppure si trova qualcun altro che le gestisca come si deve al posto suo.

La Nota di aggiornamento al Def è il documento economico più importante dell'anno, su cui si basa la Legge di bilancio per il periodo 2021-2023. Inserendo in essa i fondi europei, ancora lontani dall'essere approvati in via definitiva, quindi figuriamoci dall'arrivare, la crescita (auspicata) del Pil viene sovrastimata. Ne deriva un rapporto deficit/Pil "calmierato" e un percorso di riduzione del debito pubblico nel prossimo triennio che, è evidente già da ora, non si realizzerà. Un bel "trucchetto" per sistemare i numeri sulla carta e rinviare, come piace tanto a Conte, i problemi. Ma questo significa che già fra un anno ci troveremo un buco di bilancio enorme, quanto mai successo prima, che si aggiunge ai danni del Covid, anch' essi mai così gravi per l'economia italiana, che bisognerà in qualche modo colmare. Se non lo farà l'Italia, ce lo imporrà l'Unione europea, che è vero che dallo scorso marzo ha sospeso le regole del Patto di stabilità ma, poiché questo stato di grazia non durerà all'infinito, fra uno-due anni potrebbe riattivarle. E poi c'è un limite a tutto: va bene andare oltre il 3% di rapporto deficit/Pil, ma senza esagerare. Già nel 2020 l'Italia è arrivata al 10,8%.

 

 

 

Se il governo ha ancora bisogno di deficit straordinario nel 2021, è il ragionamento che fanno in Europa, vuol dire che quel 10,8% del 2020 è andato sprecato. Cosa ovviamente vera. Quel 10,8% è, infatti, il risultato dei 100 miliardi di manovre per il Covid che si sono risolte in bonus e sussidi improduttivi, con il sistema Italia che, nonostante la pioggia di miliardi del governo, è rimasto quello che era prima della pandemia, anzi peggiorato da essa. Quei 100 miliardi avrebbero dovuto essere l'occasione per porre le basi di riforme strutturali vere, all'implementazione delle quali destinare anche le risorse degli anni successivi. Invece del cantiere delle riforme non c'è neanche l'ombra, data pure l'incapacità della maggioranza di trovarsi d'accordo su qualsiasi tema. Si pensi alla riforma delle tasse, che il ministro dell'Economia vorrebbe fare sul modello tedesco. Se il fisco italiano oggi è complicato, con un'eventuale "riforma Gualtieri" lo diventerebbe ancora di più.

Se oggi abbiamo 5 scaglioni, domani potremmo averne oltre 40 milioni. Ogni italiano che presenta la dichiarazione dei redditi, cioè, avrebbe la sua aliquota "personale", risultato di un calcolo talmente complesso che nessuno sarà più in grado di capire quante tasse paga e perché così tante. Ma forse è proprio questo che vuole Gualtieri, con buona pace della trasparenza e della semplificazione. A mali estremi, come arriveremo a trovarci fra una anno o poco più, con i conti pubblici totalmente fuori controllo, i rimedi sono noti: tasse sulla casa, patrimoniale e aumento dell'Iva. A questo ci porterà il governo giallo-rosso. Finirà che saremo noi a dover versare all'Europa quei 209 miliardi che il presidente Conte dice di aver conquistato grazie alla sua credibilità e al suo saper fare. Almeno, se si evitasse di spendere e spandere facendo finta di avere i fondi Ue già in bilancio, il danno potrebbe essere contenuto. Ma all'avvocato del popolo non importa: è così bello distribuire moneta sonante e far lievitare i consensi. Tanto per pagare i debiti c'è sempre tempo. Toccherà farlo a un'altra generazione, che già non lavora e ha difficoltà oggi, domani sarà pure appesantita dagli effetti della sbornia contiana. Altro che il conto del Papeete che Gualtieri attribuiva a Salvini.

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