Paolo Becchi, il consiglio al M5s: imiti la Lega e trovi un vero leader
4 ottobre, il giorno di San Francesco, al Teatro Smeraldo di Milano va in scena Beppe Grillo con la regia di Gianroberto Casaleggio. Nasce il Movimento 5 stelle. Era il 2009. In quella occasione veniva presentato un programma articolato in «120 punti tutti utopistici, e per questo tutti attuabili». C'era di tutto e di più: politica, salute, energia, trasporti, economia, ecologia, informazione, istruzione, eccetera eccetera. Il motivo ispiratore? Occorreva rivedere completamente il rapporto tra Stato e cittadini. La politica doveva ritornare ad essere al servizio dei cittadini e non più la professione di una casta di politicanti privilegiati e in larga parte corrotti. Persino il linguaggio politico veniva trasformato: deputati e senatori diventavano semplici «portavoce» di un MoVimento in cui le decisioni venivano prese direttamente dagli iscritti, attraverso la Rete, cuore pulsante dell'intero MoVimento. E nella Rete non ci sono leader, ci sono i cittadini («uno vale uno») e c'è una nuova comunità: il popolo di Internet. Il MoVimento però non era assimilabile a quello dei «Pirati», era aperto a molti Movimenti presenti sul territorio con obbiettivi specifici: No Tav, No gronda, acqua pubblica, rifiuti zero, No dal Molin, No al nucleare, e tanti altri, chiuso invece nei confronti dei partiti, di tutti i partiti, che dovevano essere eliminati. Valeva per Gianroberto la critica ai partiti formulata da Adriano Olivetti. Per questo non aveva più neppure senso parlare di «destra» e di «sinistra»: il MoVimento era «postideologico», ma non nel senso che ci si poteva alleare con chi conveniva al momento, bensì nel senso che si sarebbero superati partiti con le loro vecchie ideologie. Fine della intermediazione, fine anche della mediazione, democrazia diretta. Partecipazione diretta, irruzione dei cittadini nella vita pubblica.
La democrazia diretta non avrebbe peraltro sostituito il Parlamento, ma ne avrebbe mutato la natura, ad esempio, introducendo il vincolo di mandato. Insomma, occorreva rivedere l'architettura costituzionale nel suo complesso, c'era bisogno «di una revisione complessiva, non di interventi su un articolo o su un altro» in funzione della democrazia diretta: referendum propositivi senza quorum, obbligatorietà della discussione parlamentare delle leggi di iniziativa popolare, elezione diretta del candidato che doveva essere residente nel collegio dove si presenta, abolizione del voto segreto e, prima di ogni altra cosa, riduzione a due mandati per i parlamentari e per qualunque altra carica pubblica. La politica non doveva essere una professione di pochi, ma un servizio per la comunità che ogni cittadino poteva esercitare per un periodo limitato di tempo. Non mi risulta che in quel programma ci fosse anche la riduzione del numero dei parlamentari, ma nel «comunicato politico numero 45» del 2011 c'era scritto che il «portavoce» poteva percepire al massimo 3.000 euro di stipendio e tutto il resto andava restituito rinunciando a ogni benefit. Questo era lo spirito «francescano» in politica. Ma questi erano solo dettagli.
C'era una visione del futuro, certo discutibile, criticabile, non condivisibile, ma era una visione. Usai il termine «webpopulismo» per tentare di identificarla. Questo era il M5S a cui partecipai con fiducia ed entusiasmo. Era incontestabilmente una grande novità nel panorama politico italiano di quegli anni. C'erano certo molte ingenuità, infantilismi, ma anche tanta passione e voglia di cambiare. E ora? Mi ritorna in mente "La Canzone del Sole": «dove sei stata, cosa hai fatto mai ma quante braccia ti hanno stretto, tu lo sai, per diventare quel che sei». Troppe braccia, in effetti, hanno stretto il MoVimento, che ha finito per perdersi in esse. In particolare l'abbraccio col Pd è stato mortale, come del resto aveva intuito sin dall'inizio Gianroberto. Il pezzo del blog del 14 marzo 2013, intitolato se non ricordo male «Il MoVimento 5 stelle e le sirene», lo scrissi io, ma il pensiero era comune.
Si dirà, i movimenti sono organismi viventi, cambiano e se per questo, essendo viventi, anche muoiono. Il MoVimento 5 stelle è allora destinato a morire, dato che sembra avere smarrito la sua identità? Può essere, ma può anche non essere. Basti pensare a quello che è successo alla Lega. Un movimento politico, anche questo con una sua forte carica identitaria, che scende fino a 3,9% per poi, grazie ad un nuovo capo politico diventare il primo partito, con un programma politico diverso da quello originario, ma anche con elementi di continuità. Si pensi al grande tema delle autonomie, che contraddistingue la Lega e che connette il suo passato al presente e al futuro. Ecco, il compito del Movimento 5 stelle: trovare il proprio principio ispiratore, che lega il passato con il presente. Niente può tornare semplicemente come prima, senza quel principio però il declino sarà lento ma inevitabile. Su questo dovrebbe interrogarsi il M5S, sulla propria identità, evitando inutili e sterili polemiche, guerre tra bande che sono solo un insulto alla memoria di Gianroberto Casaleggio. L'esempio della Lega ha però mostrato una cosa, che può piacere o meno: per risalire la china ci vuole anzitutto una nuova guida.