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Giuseppe Conte, finché c'è coronavirus c'è speranza. Stato di emergenza, Italia ingabbiata per altri 4 mesi

Fausto Carioti
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Un altro quadrimestre in stato d'emergenza, sino al 31 gennaio 2021 e senza un dibattito parlamentare degno di questo nome. Inanellando così dodici mesi consecutivi di democrazia limitata. Succede in Italia, caso unico tra i Paesi occidentali. È grazie allo stato di emergenza che Giuseppe Conte ha potuto governare per mesi a colpi di "decreti del presidente del consiglio dei ministri", i Dpcm tramite i quali, con un semplice tratto di penna, ha ridotto gli spostamenti individuali e sospeso la libertà d'impresa, il diritto al lavoro e il diritto all'istruzione. In questa situazione, infatti, il governo e la Protezione civile sono autorizzati ad agire «con mezzi e poteri straordinari», in deroga «ad ogni disposizione vigente» e con l'unico vincolo di rispettare «i principi generali dell'ordinamento giuridico». I famosi «pieni poteri», appunto. L'ex avvocato del popolo ha presentato l'estensione dei termini come un atto notarile e scontato: «In consiglio dei ministri abbiamo convenuto che andremo in parlamento a proporre la proroga dello stato di emergenza, ragionevolmente fino alla fine di gennaio 2021. La situazione, che continua ad essere critica per quanto la curva del contagio sia sotto controllo, richiede la massima attenzione». Il passaggio in parlamento è la foglia di fico messa lì per salvare le apparenze: i senatori e i deputati giallorossi (e non solo loro) vivono sotto il perenne ricatto della fine della legislatura, che per molti comporterà il ritorno all'anonimato e al reddito zero, e dunque sono pronti ad approvare qualunque richiesta presentata dal governo, senza nemmeno leggerla. La storia, però, può essere raccontata con parole diverse da quelle usate da Conte. Iniziando dal fallimento della macchina che doveva prevenire il ritorno del contagio. I reparti di terapia intensiva hanno ricominciato a riempirsi (ieri 24 vittime) e i dati giunti dopo la parziale riapertura delle scuole e il ritorno dei passeggeri sui mezzi pubblici fanno temere il ripetersi dello scenario peggiore. I governatori delle regioni più colpite, come Nicola Zingaretti, sono pronti a varare ordinanze per imporre l'uso delle mascherine all'aperto in ogni circostanza e altri obblighi. La tanto sbandierata app Immuni è stata snobbata persino dai parlamentari: il senatore grillino Francesco Mollame, risultato positivo al test per il Coronavirus, ha confessato di non averla nemmeno scaricata («Ci ho provato un paio di volte, ma non ci sono riuscito». E sono quelli che predicano la democrazia digitale). Lo stesso ministro della Sanità, Roberto Speranza, non esclude una nuova chiusura generalizzata: «Noi lavoriamo perché si evitino lockdown, ma è chiaro che monitoriamo con grandissima attenzione giorno per giorno. Adegueremo le misure all'evoluzione epidemiologica».

Maggioranza - C'è dell'altro, e ha a che vedere con la sopravvivenza della maggioranza. Il Partito democratico vuole che il governo accetti il Mes, il fondo salva-Stati europeo. Ne ha bisogno soprattutto Zingaretti, che continua a definirlo «indispensabile». Il fatto che quei soldi possano essere utilizzati solo per la copertura dei costi di assistenza sanitaria, cura e prevenzione, per lui è un enorme valore aggiunto: significa che avrà una grossa somma da spendere per la sconquassata sanità laziale e le cooperative del settore, ed è grazie ad essa che conta di conquistare la rielezione a governatore. E dopo il disastroso risultato rimediato dai Cinque Stelle alle Regionali, lui e gli altri dirigenti del Pd si sentono autorizzati a dettare la linea. I reduci del M5S, però, intendono vendere cara la pelle. Ieri hanno ribadito il veto: «Accedere al Mes comporta una sorveglianza rafforzata da parte delle istituzioni europee sulla politica economica dello Stato aderente. E noi non vogliamo esporre il Paese a rischi potenziali». Anche per loro è una questione di sopravvivenza: dopo avere ceduto su tutto ed essere costretti a subire la revisione del reddito di cittadinanza, è sul fondo salva-Stati che si giocano il rispetto degli elettori rimasti.

Lo stallo - Al momento esiste un'unica via d'uscita dallo stallo, racconta chi lavora per tenere in piedi il governo: un nuovo lockdown, del quale la proroga dello stato d'emergenza è la premessa, cambierebbe radicalmente la situazione e consentirebbe ai Cinque Stelle di accettare il Mes senza perdere la faccia. Solo chiudendo di nuovo l'Italia, insomma, si riuscirebbe a non chiudere il governo. Finché c'è Covid c'è speranza, almeno a palazzo Chigi.

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