Vaticano, Papa Francesco predicava povertà ma aveva 20 milioni sul conto (senza protezione)
C'è qualcosa che non torna, nell'ultima storia vaticana, e riguarda il pontefice molto da vicino. Qualcosa di grosso: almeno 20 milioni di sterline, che al cambio di ieri fanno 22.023.884.903 euro. Cifra che stona con la retorica pauperista che avvolge il papato di Jorge Mario Bergoglio e legittima alcune domande, anche alla luce degli 1,14 miliardi di euro che ogni anno i contribuenti italiani, tramite l'Otto per mille, devolvono alla Chiesa cattolica. È normale che Bergoglio, nella banca privata svizzera Ubs, abbia un conto riservato che i documenti vaticani definiscono «Fondo discrezionale creato nel 2015 per le spese discrezionali del Santo Padre e dallo stesso autorizzate»? Un conto la cui consistenza è - presumibilmente - assai maggiore di quei 20 milioni di sterline che alcuni collaboratori infedeli hanno prelevato per le loro speculazioni? È normale, è credibile che un dipendente della segreteria di Stato vaticana, tale Fabrizio Tirabassi, assieme a monsignor Alberto Perlasca (già capo dell'ufficio che gestisce l'Obolo di San Pietro, ex collaboratore del cardinale Angelo Becciu, quindi nominato da Bergoglio magistrato del supremo tribunale della Segnatura apostolica) possa prendere simili cifre dal conto personale del Papa con la convinzione di farla franca? È normale che questi e molti altri soldi versati dai fedeli per sostenere la Chiesa e le sue opere di carità finiscano nelle parcelle di ricchissimi avvocati o - peggio - in speculazioni spericolate e fallimentari, realizzate in combutta con finanzieri che figurano nelle liste internazionali dei personaggi «ad alto rischio»? In altre parole: che Papa è Francesco? Dietro al grande moralizzatore dei costumi vaticani capace di mostrare il pugno con aria grintosa, del pastore che vuole una Chiesa povera e pretende comportamenti irreprensibili da chi lo circonda, si vede per la prima volta un uomo molto diverso. E parecchio solo. Un capo che non sa scegliere i collaboratori. Che non vede ciò che gli accade sotto il naso. Incapace di impedire che centinaia di milioni di euro versati dai fedeli finiscano in qualche conto criptato delle isole Cayman anziché in opere di bene. Che non è in grado nemmeno di proteggere il proprio «fondo discrezionale».
Santo subito - Un Papa che in sette anni e mezzo, insomma, pare aver capito molto bene come funzionano i media italiani, dai quali è stato proclamato santo subito, ma poco o niente di come funzioni il Vaticano, e in particolare il giro di soldi che lo alimenta. Non c'è bisogno di ipotizzare l'esistenza di «fondi neri di Bergoglio», come ha fatto il vaticanista non allineato Marco Tosatti, per capire che la narrazione costruita attorno al pontefice argentino fa acqua da tutte le parti. Quando il quotidiano Repubblica, che ieri ha raccontato dei furti sul conto riservato del papa, lo definisce «una macchia bianca circondata da anime nere che lo hanno tradito», vorrà pure rendergli un favore, evidenziare che egli è una vittima e che gli autori delle malversazioni hanno agito alle sue spalle e senza il suo consenso (e ci mancherebbe). Così facendo, però, conferma il fallimento della missione di Bergoglio. In uno dei suoi primi discorsi da pontefice, rivolto ai giovani, Francesco disse che era necessario aprirsi, pure correndo rischi, perché è meglio una Chiesa «incidentata» nella esplorazione di nuovi percorsi che una Chiesa «malata» di chiusura. Anni dopo, gli incidenti di ogni tipo non si contano, inclusi quelli con Carlo Caffarra e altri cardinali su aspetti della dottrina fondamentali come l'accesso ai sacramenti da parte dei divorziati risposati (questione tuttora avvolta nel mistero). E la Chiesa dimostra di essere chiusa come prima: un luogo di ombre, inganni e scandali sessuali. La grande apertura di Bergoglio ha portato il crocifisso con falce e martello donato dal presidente boliviano Evo Morales, la pila di interviste rilasciate a Eugenio Scalfari e non molto di più. Troppo poco, per l'uomo che voleva rinnovare la Chiesa.