Coronavirus, allarme rosso in Lazio: ecco quali sono le pesantissime responsabilità di Nicola Zingaretti
Il modello lombardo è stato finalmente esportato e lo scettro è nelle mani della regione Lazio di Nicola Zingaretti: un primato silenzioso e indubbio, fatto di numeri che - peccato - per ora riguardano solo il Covid-19. Si tratta di cifre che peraltro cambiano ovunque e crescono continuamente (nel Lazio) giorno dopo giorno: ma dalla Lombardia, probabilmente, Zingaretti ha deciso di ereditare anche lo stile discreto e silenzioso giacché pare evidente, ora, che del nuovo primato preferisce non parlare. Zingaretti ieri ha preferito occuparsi di questioni più alte come la legge elettorale e le Sardine, insomma tutto fuorché la politica regionale. Però i dati sul Covid-19, aggiornati ieri sera e verificabili anche sul sito del ministero della Salute ma più dettagliatamente sul sito ilpandacentrostudio.com, mostrano che ieri i nuovi contagiati sono complessivamente calati: ma non nel Lazio che ha avuto 41 nuovi casi in terapia intensiva mentre la Lombardia 31 (nel complesso sono 610 pazienti ricoverati in terapia intensiva nel Lazio e 302 in Lombardia) e quindi il Lazio ha il 7 per cento di posti occupati in terapia intensiva e la Lombardia il 4 per cento.
Senza terapia intensiva, il Lazio ha 640 pazienti ricoverati e la Lombardia 306. Il Lazio ha il 18 per cento dei posti letto occupati dal Covid e la Lombardia solo il 5 per cento. Il Lazio ieri ha avuto 211 nuovi positivi e la Lombardia 119. Il Lazio vanta 36 nuovi casi per milione di abitanti e la Lombardia 12. Il Lazio ha 215 casi di media settimanale e la Lombardia 211. Nel complesso, il Lazio ha 681 pazienti ospedalizzati (per il Covid-19) e la Lombardia 337. Parentesi: la Campania è messa peggio, e anche Sardegna e Sicilia non scherzano (soprattutto in rapporto ai posti letto disponibili, in terapia intensiva o no) ma almeno si tratta di casi e regioni, soprattutto la Campania, dove il tema è all'ordine del giorno e le decisioni pure, insomma, se ne parla: nel Lazio, invece, non si muove foglia che non sia mossa dal Covid, dunque, discutendo della possibilità di un'ondata di virulenza di ritorno, la regione guidata da Zingaretti parrebbe decisamente in pericolo. Per dirla male, non c'è più bisogno che Zingaretti venga a prendersi il Covid in Lombardia, come probabilmente accadde nell'acerba primavera in cui passò da Milano a fare i cosiddetti aperitivi progressisti e a invitare i cittadini a uscire di casa: quindi a sfottere politicamente chi, per tempo, raccomandava di non farlo. Zingaretti si prese il coronavirus subito dopo, forse proprio a Milano. Ora deve stare attento, come tutti, ma il pericolo si annida più a casa sua che altrove, come dimostrano anche i dati sulla variazione dei ricoverati con sintomi (non in terapia intensiva) che nelle 24 ore precedenti hanno registrato proprio nel Lazio l'impennata più alta d'Italia, mentre la crescita dei ricoverati in terapia intensiva nelle ultime 24 ore è ancora un primato del Lazio ma condiviso con la Puglia.
Si tratta per fortuna di numeri modesti (rispetto alla stagione del lockdown totale) ma la regione di Zingaretti purtroppo ha ereditato anche il primato dei morti nelle ultime 24 ore (tre) condiviso con la Toscana. Mentre accade tutto questo, sappiamo che ieri il segretario del Pd ha ritenuto di doversi occupare delle cosiddette «sardine»: ha scritto una lettera pubblica al loro presunto leader, Mattia Santori, per scusarsi di «non aver cambiato sufficientemente» il partito nei mesi passati», e in generale occupandosi della riorganizzazione Partito democratico: questo dopo che «la necessità di dar vita al Governo Conte 2 prima, e la pandemia dopo, non hanno consentito di mettere in campo l'impegno dovuto». Ne parla, della pandemia, come di un problema superato che ora permette di fare altro.
Eppure i dati e la situazione della sanità nel Lazio dovrebbero preoccupare: il ministero della Salute aveva assegnato il penultimo posto in Italia proprio alla regione di Zingaretti circa i livelli essenziali di assistenza; politicamente, persino il movimento grillino aveva evidenziato come il segretario dei Democratici avesse lasciato un contesto peggiore di quello ereditato dal centrodestra nel 2013, questo «nonostante l'iniezione di liquidità ottenuta dallo Stato per l'aumento della popolazione residente o per affrontare il Giubileo straordinario», ebbe e dire Devid Porrello, consigliere regionale dei Cinque Stelle.
È un fatto che la giunta guidata dal Partito democratico ha tagliato 10mila tra medici e infermieri nonostante il maxifinanziamento di un miliardo ricevuto dal governo, così come è un fatto che i cittadini delle province di Rieti, Latina, Viterbo e Frosinone protestarono rumorosamente per la chiusura o il ridimensionamento di molti nosocomi; anche un rapporto primaverile dell'associazione medici dirigenti (Assomed) aveva parlato di rischio di collasso per mancanza di specialisti, senza contare che il numero dei posti letto ogni mille abitanti (3,7) nel Lazio è inferiore a tutte le regioni del nord Italia: con Zingaretti al comando, gli ospedali regionali hanno avuto mille posti in meno e sono stati chiusi ospedali e pronti soccorso in molti comuni. Per buona pace delle fondamentali Sardine, e coi numeri che circolano nel Lazio sul Covid, c'è da confidare che Zingaretti torni a occuparsi di sanità oggi stesso.