Roberto Formigoni su Giuseppe Conte: "Solo parole, zero idee. Come sprecherà i soldi europei"
È sufficiente notare che termine usano, diverso da quello usato da tutti gli altri, per capire l'ennesima confusione che regna sovrana nel governo rossogiallo, che insiste anche nei documenti ufficiali a chiamare Recovery Fund quello che in Europa tutti ormai indicano col termine corretto Next Generation Eu. Un nome che è stato scelto da mesi dalla Commissione europea per sottolineare con forza un concetto chiave: stiamo prendendo a prestito dalle generazioni future ingentissime risorse per affrontare i problemi generati dal Covid. E abbiamo il dovere non solo di usarle al meglio, ma anche di fare in modo che generino un ritorno positivo per le prossime generazioni, che quelle risorse dovranno restituire. Non sembra proprio che questa consapevolezza sia presente nei nostri governanti, anzi, improvvisazione e incapacità continuano a dominare. Il premier Conte ha presentato giovedì alle Camere 38 paginette con i progetti, le linee guida e gli obiettivi per l'utilizzo dei quasi 200 miliardi di euro assegnatici dall'Europa, parte come prestito a lunga scadenza parte come donazione, ma il documento non vale la carta su cui è scritto.
LE PROMESSE
Era stato promesso dal ministro dell'Economia Gualtieri che il piano italiano sarebbe stato ideato sul modello di quello francese di Macron. Ahimè il paragone è impietoso e improponibile. Tanto quanto il piano francese è preciso nelle cifre e nei numeri, nel dettagliare i progetti per costruire la Francia del futuro, nel mettere in ordine le misure secondo tre tipologie fondamentali (transizione ecologica, competitività e coesione sociale), altrettanto il piano italiano è privo di progettualità e di visione del futuro. Tanto quanto il piano francese è inappuntabile nell'indicare la ripartizione degli strumenti e delle spese, con una tabella articolata e completa per ogni singolo intervento, altrettanto il piano italiano è un'enunciazione di speranze, di sogni, di promesse elencate senza nessuna strategia per raggiungerle o cifre per realizzarle. Si proclama che si intende raddoppiare il tasso di crescita dell'economia italiana, che si vogliono portare gli investimenti al 3% del Pil, che si punta a un aumento dell'occupazione del 10% ecc. E chi non lo vorrebbe? sono obiettivi che farebbero bella figura nel componimento di uno studente di 1ª ragioneria. Ma non si indica una via, uno strumento, non si illustra un progetto per raggiungere tali traguardi. Eppure la Presidente della Commissione Ursula von der Layen aveva usato parole molto chiare alcuni giorni fa agli Stati generali di Roma, era stata dura nel far capire che potranno essere accettati solo progetti ben precisi, ben fondati sulla realtà e su previsioni accurate, capaci di fornire il risultato imprescindibile di uno sviluppo solido e a lungo termine per ogni singolo paese. Perchè col Next Generation Eu dobbiamo costruire il futuro dell'Europa, dobbiamo dare garanzie ai nostri giovani, e questi sono gli ultimi soldi a disposizione, e sono davvero tanti, e neanche un euro va sprecato. E invece il documento italiano non contiene nulla di tutto questo. È triste dirlo, ma l'impressione che si ha leggendolo è che siano stati svuotati i cassetti dei ministeri, delle aziende partecipate, delle stesse amministrazioni locali, ammucchiando quanto vi è stato trovato. Si tratta di progetti alcuni dei quali, presi a uno a uno, possono anche avere un significato, ma non sono ripensati unitariamente, non fanno parte di alcun piano strategico di lunga visione, non costruiscono una chiara prospettiva di futuro per il Paese, come invece accade per i nostri partner europei.
QUANTE CITAZIONI
Abbondano di citazioni buone per ogni epoca, dallo sviluppo del green al prolungamento delle reti infrastrutturali stradali e ferroviarie, all'ammodernamento della pubblica amministrazione fondato sull'inevitabile digitalizzazione e sull'inevitabile smart working. Mancano perfino progetti specifici per giovani e donne, cioè le categorie che più ne hanno bisogno. Anche i sindacati hanno protestato, denunciando che le mirabolanti promesse di aumento dell'occupazione non sono fondate nè su investimenti nè su progetti seri, e hanno chiesto più interventi mirati, esattamente come Confindustria, entrambi lamentando di non essere mai stati convocati nè ascoltati. E infine, perfino Mattarella ha perso la pazienza e ha dato una vigorosa tirata d'orecchio a Conte: «L'Europa s' è mossa - ha detto il Presidente - ora tocca all'Italia. Guai a sprecare l'occasione, pigrizie e ritardi non sono più ammessi!».