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Paolo Becchi e il referendum: "Perché Pd e M5s ci stanno prendendo per i fondelli"

Paolo Becchi e Giuseppe Palma
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Ci prendono per i fondelli. Il Pd aveva subordinato il suo Sì al referendum sul "taglio dei parlamentari" all'approvazione di una legge elettorale che correggesse la minore rappresentanza popolare in Parlamento, ma la commissione Affari costituzionali alla Camera ha adottato giovedì il testo base di questa nuova legge elettorale, il Germanicum, che passerà all'esame dell'aula di Montecitorio a partire dal 27 settembre, cioè dopo il referendum. Nessun correttivo, come aveva richiesto Zingaretti, una pessima legge che non fa altro che aggravare l'eventuale riduzione del numero dei parlamentari. Il Germanicum introduce un sistema elettorale proporzionale con soglia di sbarramento su base nazionale al 5%, con diritto di tribuna per quelle liste che - pur non raggiungendo la soglia a livello nazionale - ottenessero il 5% in almeno tre circoscrizioni, in due regioni alla Camera o in una circoscrizione al Senato. Il tutto senza preferenze, vale a dire con il sistema dei listini bloccati. È il vecchio vizio di voler controllare gli "eletti" nominandoli prima del voto nonostante le ripetute bocciature da parte della Corte costituzionale di Porcellum e Italicum. Si obbietterà che l'Aula potrà ancora inserire le preferenze, come del resto ha chiesto il M5S, ma non accadrà. È troppo ghiotta l'occasione per i partiti di maggioranza di poter nominare i loro futuri parlamentari per controllarli meglio. Tutti felici e contenti, tranne gli elettori. Meno parlamentari e pure nominati, la fine della democrazia rappresentativa. Un sistema oligarchico retto esclusivamente dai capi-partito e senza alcun controllo da parte degli elettori, che si limiteranno nelle urne a ratificare le candidature decise a tavolino dalle segreterie dei partiti.

Carta tradita - Eppure la Costituzione prevede che i parlamentari siano eletti direttamente dai cittadini, e che il voto sia una libera scelta e non una mera ratifica. Così il voto democratico si trasforma nel voto sulla piattaforma Rousseau, che si limita a ratificare le decisioni già prese dai vertici del nuovo partito pentastellato. La riduzione del numero dei parlamentari crea gravi problemi di rappresentatività soprattutto al Senato, con intere zone sotto-rappresentate. La soglia di sbarramento al 5% su base nazionale, accompagnata dalla riduzione del numero dei senatori da 315 a 200 e da una legge elettorale che prevede i listini bloccati, renderà l'Aula di Palazzo Madama un posto accessibile solo alle liste più votate - con sacrificio delle minoranze - e con senatori nominati dai capi-partito. Altro che "uno vale uno"! Il vero sconfitto di questa partita è però il Pd, che per ben tre volte aveva votato contro "il taglio" per poi accettarlo in nome di un patto di potere che ha consentito ai Dem di andare al governo da sconfitti nelle urne. Lo scalpo della Costituzione in cambio del governo. Dopo il referendum, quando la legge elettorale approderà a Montecitorio, ItaliaViva e LeU - che in commissione non l'hanno approvata - faranno saltare il tavolo. Renzi non vuole la soglia di sbarramento al 5% ed è più propenso per un sistema maggioritario, mentre LeU vorrebbe abbassare la soglia dal 5 al 4 percento. A quel punto Zingaretti si troverà nel partito in grosse difficoltà con una riforma costituzionale che non voleva e senza la legge elettorale che voleva. E sarebbe ancora peggio se passasse il No, perché la sconfitta del M5s sarebbe anche una sua sconfitta, visto che sono al governo insieme e insieme ora sostengono il taglio.

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