Riforma elettorale, serve un maggioritario contro i poltronari
Facciamo un po' di chiarezza. Il trasformismo che nasce storicamente con l'accordo siglato fra i leader della Sinistra e della Destra, Agostino Depretis e Marco Minghetti nel 1882-83 e che attraversa per parecchi decenni la storia italiana aveva una ragione d'essere nella ricerca di una stabilità politica che non poteva che avvenire al centro del sistema in forza di un accordo fra le formazioni cosiddette mediane. La qual cosa rappresentava lo sbocco necessario per blindare "l'area della legittimità" in presenza di forze antisistema sia a destra (per i cattolici vigeva il non expedit) che a sinistra (repubblicani e nascente area socialista) che, di fatto, impedivano che si creassero le condizioni di un'alternanza di governo sul modello britannico come ci si era illusi all'indomani dell'Unità. Quel che è avvenuto lo scorso anno con la rocambolesca costituzione della maggioranza giallorossa, a presidenza invariabile, è qualcosa di natura diversa e riconducibile al famigerato filone delle "degenerazioni trasformistiche": si tratta di una procedura sollecitata non da uno stato di necessità (a differenza di quanto accadeva ai tempi di Depretis e Minghetti oggi "l'area della legittimità" coincide con "l'area della rappresentanza" non essendoci più formazioni antisistema) ma dettata dal bisogno di accaparrarsi quote di potere anche attraverso accordi di governo con partner considerati fino al giorno prima politicamente non raccomandabili.
RIFORMA COSTITUZIONALE
Basti solo pensare alla riforma costituzionale per la riduzione dei parlamentari sulla quale il Partito democratico vota negativamente per tre volte, salvo ravvedersi disinvoltamente in quarta lettura dopo avere guadagnato le stanze ministeriali. A quel punto, tutte le riserve sulle ricadute istituzionali scompaiono come d'incanto. A Nicola Zingaretti interessa solo trovare un'intesa per varare una legge elettorale di tipo proporzionale. Ed è ciò che si sta cercando di fare in queste settimane nell'intento di continuare a percorrere le scorciatoie trasformistiche, sottraendo ancora una volta potere al cittadino elettore. Quando i Costituenti, all'indomani del Secondo conflitto mondiale, optarono per il sistema proporzionale - convinti che fosse l'unica garanzia per stabilizzare un Paese lacerato dalla Guerra - il giurista e politologo Giuseppe Maranini, con straordinaria veggenza, avvertì che «un sistema maggioritario a turno unico avrebbe con il passare del tempo modificato e plasmato sia i governanti che i governati, educandoli alla responsabilità delle proprie scelte, mentre con il proporzionale non si sarebbe fatto altro che passare dal notabilato dell'Italia liberale alla corruzione partitocratica».
IL LATO OSCURO
Evidenziare il lato oscuro del sistema proporzionale significa mettere il dito sul nervo scoperto del sistema politico italiano, ovvero su quella parte di classe politica, che ieri come oggi, teme che la parola definitiva su chi debba guidare il Paese passi al cittadino elettore, azzerando, in tal modo, le possibili manovre di Palazzo. Un sistema maggioritario avrebbe, invece, l'effetto di sbarrare la strada definitivamente ai poltronisti, dimostrando, nel contempo, la falsità storica di quanto propalato dalla sinistra artatamente per decenni secondo cui un esecutivo autorevole e dal forte mandato popolare spalancherebbe le porte al fascismo. È appena il caso di ricordare che fra le cause che portarono al Ventennio ci fu anche la confusione politica generata dalla legge proporzionale introdotta nel 1919.