Vittorio Feltri sull'amico Paolo Berizzi: "Merita un vaff***, ma non punizioni. Scrivi pure ciò che ti pare"
Un giornalista della Repubblica, Paolo Berizzi, che assunsi a Libero perché bravo e non solo in quanto ero amico di suo padre, ha scritto un tweet con quale esprime solidarietà verso i veronesi colpiti dal nubifragio e al tempo stesso dice che la sciagura sta meglio di un vestito nuovo ai fascisti e ai razzisti abbondanti nella città di Giulietta e Romeo. È scoppiato uno scandalo di serie B. Molta gente si è scagliata contro il redattore in modo eccessivo, benché il suo tweet fosse infelice. Ma se un cronista o un qualsiasi cittadino ha una opinione che riteniamo sbagliata ha comunque il diritto di esprimerla senza essere linciato.
Parlo per esperienza. È capitato anche a me di immettere in rete qualche messaggio ai limiti del buon gusto, e pure io sono stato trattato da delinquente. Se da una parte manca la misura, l'altra parte non è autorizzata a usare l'arma della diffamazione. Io non condivido le parole di Berizzi, tuttavia questo non mi dà la licenza di chiedere che egli sia addirittura buttato fuori dall'Ordine, come ha fatto qualcuno. Cosa c'entra la corporazione degli scribi con la libertà di pensiero, tutti i pensieri, belli o brutti che siano? Al massimo il mio amico Paolo merita un vaff***lo in puro stile Grillo, mentre invocare punizioni esemplari nei suoi confronti è una operazione di sapore appunto fascista.
Personalmente sono stato aggredito spesso dal suddetto Ordine per aver esternato la mia idea non conformista sui guai del Meridione, e qualche fesso mi ha addirittura denunciato. Tutte cose ingiuste che rivelano una mentalità liberticida. Ma se sono ingiuste se colpiscono me lo sono ugualmente se feriscono Berizzi. Al quale consiglio di fottersene non soltanto dei reazionari e dei razzisti ma anche dei tardivi comunisti a cui lui spesso si aggrega pur non avendone bisogno. Scrivi ciò che ti pare Paolo, io sebbene non conti nulla, ti difenderò perfino qualora non sia d'accordo con te.