Silvio Berlusconi, negati i 30 giorni di tempo per preparare la difesa dopo la condanna per frode fiscale
Un imbroglio documentato. Non è vero che la prescrizione del reato contro Silvio Berlusconi, nel famigerato processo dei diritti tv Mediaset, sarebbe dovuta scattare il primo agosto 2013 come invece ci hanno fatto credere e scrivere per sette anni. E adesso c'è la prova della bugia. Almeno stando a quanto scrive la Corte d'Appello di Milano in un documento inviato alla cancelleria della Cassazione, il 5 luglio 2013. Documento fino a oggi rimasto ignoto, soprattutto alla difesa del Cavaliere. Che è quello che più conta in tutta la storia. Non c'era nessuna urgenza di processare l'ex premier davanti alla sezione feriale appositamente istruita, e che lo ha poi condannato estromettendolo dal Parlamento e dalla politica attiva. Nessun fretta, perché il primo termine (per una parte dei reati contestati) sarebbe stato per l'autunno 2013: il 14, o il 21 o il 30 settembre. Mentre per l'altra parte, c'era tempo addirittura fino a settembre dell'anno dopo. Il termine del primo agosto è dunque una falsità. Lo dice lo stesso documento firmato da Alessandra Galli, il giudice-presidente che a maggio 2013 aveva condannato il leader azzurro in secondo grado. Si legge nella carta mandata a piazza Cavour: « inoltro per le determinazioni di Vostra competenza ai fini della fissazione dell'udienza, il prospetto aggiornato del calcolo della prescrizione, in rettifica di quello già inviato».
Qual è l'esito di questo calcolo? Eccolo: il reato si prescrive tra metà e fine settembre 2013, non l'1 agosto. Passano quattro giorni e la Corte Suprema di Cassazione (sezione promiscua feriale), presidente Antonio Esposito, cosa fa? Avvisa Silvio Berlusconi che il giorno 31 luglio sarà processato. La comunicazione è del 9 luglio. E fa niente che gli ermellini avessero già in mano il comunicato del Tribunale di Milano che invece spostava tutto all'autunno. Un imbroglio. La difesa (ignara della mascalzonata) obietta che vengono meno i 30 giorni di cui ha bisogno e che spettano di diritto per prepararsi. Niente da fare. La legge parla chiaro: se c'è prescrizione imminente si va in aula con buona pace della difesa che si deve rassegnare. Processo. Finisce com' è ormai noto e stra-noto. Condanna definitiva, servizi sociali per un anno perché 3 su 4 di pena sono condonati dall'indulto. Poi la carica di senatore cancellata come un colpo di spugna per Silvio Berlusconi, due volte premier, che dopo 19 anni viene cacciato dal Parlamento. Lui e i suoi avvocati aspettano di avere giustizia da Strasburgo, ma dal 2014 quando hanno presentato richiesta, davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo non è ancora stata fissata l'ombra di una prima udienza. Intanto i difensori passano gli anni a integrare il ricorso.
Prima il cosiddetto "plotone di esecuzione" che il defunto Amedeo Franco illustra a Berlusconi (e di cui esiste l'audio registrato), quindi lo stesso giudice relatore della sentenza che parla al Cav di condanna «già scritta». Adesso il documento comprovante l'imbroglio sui termini di prescrizione, nonché una serie di prove testimoniali per dimostrare che i processi cosiddetti regolari sono altri e non quello celebrato contro Silvio Berlusconi. Altro che «plotone di esecuzione» dice lo storico difensore Niccolò Ghedini, aggiungendo che «il documento inviato alla Cancelleria della Corte di Cassazione quel 5 luglio 2013 (prima di convocare il Presidente Berlusconi in aula), documento mandato proprio per indicare che la prescrizione scattava a settembre invece che il primo agosto 2013, è la prova che è stato commesso un falso». Silvio è stato imbrogliato. Qualcuno, se riesce, provi a dimostrare il contrario.