Autonomia, Giuliano Zulin smaschera il governo: "Il Palazzo di Roma ignora gli italiani. Questione di quattrini"
Giuseppe Conte pochi giorni fa ha detto che il decreto semplificazioni è «la madre di tutte le riforme». Sbagliato. L'unico cambiamento di cui avrebbe bisogno l'Italia è il regionalismo differenziato. L'autonomia. Sabato sono passati mille giorni dal referendum consultivo in Veneto e Lombardia. In quel 22 ottobre 2017, una giornata umida e piovosa, circa sei milioni di cittadini si sono recati ai seggi per chiedere più risorse per il proprio territorio. Nell'ex Serenissima addirittura fu un plebiscito: l'affluenza sfiorò il 60% e i Sì trionfarono con percentuali bulgare, tipo 99%. Eppure, nonostante il popolo si sia espresso, il Palazzo romano ha fatto finta di nulla. O meglio, ha preso in giro gli elettori di due grandi regioni italiane. Prima il governo Gentiloni, po il Conte I hanno iniziato una melina estenuante allo scopo di perdere tempo e non affrontare il problema. Per quale motivo? Semplice, il mostro burocratico capitolino teme di perdere quattrini. Ma soprattutto ha paura che delegando la spesa ai territori si dimostri una volta per tutte l'inefficenza di uno Stato centralizzato che non riesce più a stare al passo con i propri cittadini. Infatti il regionalismo differenziato per i finti sordi grillini, dem, renziani e comunisti vari, non è un semplice trasferimento di risorse dal centro alla periferia, bensì una responsabilizzazione degli enti locali, affidando loro competenze - previste dalla Costituzione - con relativo budget. Solo l'autonomia è in grado di applicare la spending review, che qualunque commissario governativo non è in grado di mettere in pratica.
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70 MILIARDI
In base ai calcoli della Ragioneria dello Stato sulla spesa regionalizzata, se l'Italia gestisse la cosa pubblica come la Lombardia risparmierebbe quasi 70 miliardi l'anno. Con l'emergenza Covid in parecchi hanno però puntato il dito contro il sistema lombardo, che avrebbe impoverito la sanità proprio per questa forma di austerity. Falso, poichè il sistema ospedaliero lombardo si è magari rimpicciolito a causa dei tagli che ha subito la Regione, iniziati dal 2010. A parte il fondo sanitario, stabilito a tavolino da Roma, bisogna ricordare che le Regioni ordinarie hanno contribuito in maniera rilevante al risanamento dei conti pubblici nazionali mediante tagli ai trasferimenti e un inasprimento dei vincoli di bilancio: a fronte di una sforbiciata ai trasferimenti statali di quasi 7 miliardi di euro, alle tre Regioni d'eccellenza è stato chiesto un contributo di 2,3 miliardi di euro, vale a dire 1/3 dei tagli totali. Rispetto al 2010, l'Emilia Romagna (che anch' essa rivendica l'autonomia) ha perso il 54% dei trasferimenti statali non destinati alla sanità, mentre Lombardia e Veneto il 48%. Ora quei soldi avrebbero fatto comodo. Eccome. Se le regioni avessero quelle risorse, potrebbero aiutare le imprese e i lavoratori, senza aspettare i contributi distribuiti in modo farraginoso da Inps o Agenzia delle Entrate (i contributi a fondo perduto). Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna stanno investendo, certo, nella ripresa. Ma i budget messi in campo, seppur utilissimi, non sono sufficienti a far ripartire in maniera decisa l'economia.
Se invece avessero i quattrini legati alla riforma autonomista, Roma avrebbe meno grane da gestire, ma soprattutto gli imprenditori e i dipendenti potrebbero contare su una mano forte e vicina. I commercialisti ci hanno raccontato che sono andati in fumo 280 miliardi di fatturato con il blocco delle attività. Ma ogni provincia vive una storia a parte. Come fa Palazzo Chigi a intervenire chirurgicamente dove c'è una ferita? Per questo ci ritroviamo una marea di bonus o di soldi a pioggerellina generalizzati, che non sanano crisi profonde e scontentano tutti. Sapete di quanto aumenterebbe invece il bilancio delle Regioni con l'autonomia? L'applicazione del regionalismo differenziato per il Veneto un incremento dei bilanci di 3,3 miliardi. Sarebbero invece di 6,4 miliardi i benefici per la Lombardia, e solo di 136 milioni per l'Emilia Romagna, che non vorrebbe gestire tutte le 23 competenze previste dalla Costituzione.
Il dato emerge dal settimo rapporto dell'Osservatorio economico delle tre Cna regionali dello scorso anno. I numeri non sono cambiati di molto. Supponiamo che, considerando i tempi borbonici della Repubblica, un anno dopo il referendum l'autonomia fosse stata concessa: la Lombardia ora avrebbe in cassa 13 miliardi in più, il Veneto circa 7. Una ventina di miliardi che potrebbero essere investiti immediatamente per la ripresa. Sempre le Cna del Nord ci dicono che dal confronto con i distretti più ricchi di Germania e Spagna, federalisti, (ovvero Baden-Württemberg, Baviera, NordReno-Vestfalia; Catalogna, Paesi Baschi e Comunità Valenciana) emerge che le regioni italiane, a statuto ordinario, sono tra le prime del continente per valore dell'export - e il "made in Veneto" addirittura conquista il podio in 54 degli 88 prodotti del paniere contribuendo al Pil nella misura del 38% - ma diventano fanalino di coda per investimenti in favore della crescita. A farne le spese, in particolare, i budget destinati alle aziende e alla ricerca scientifica.
IN TESTA E IN CODA
Ancora: la Lombardia è al 4° posto in Europa per valore delle esportazioni, dietro solo ai grandi Länder tedeschi, l'Emilia Romagna occupa la 6° posizione in Europa per export per abitante (circa 13.500 euro, la prima tra le Regioni "non tedesche"), il Veneto figura invece all'8° posto tra le principali Regioni Ue per quota delle esportazioni sul Pil (oltre il 38%). Eppure la Lombardia può spendere per investimenti 119 euro per abitante, i Paesi Baschi 529 euro, la Baviera 466 euro. Il ministro per gli Affari Regionali, il dem Francesco Boccia, ha fatto sapere che il cantiere autonomia tornerà in primo piano: forse il Parlamento ne discuterà prima del 20 settembre, quando si terrano le regionali. Speriamo sia così, che si acceleri. È da matti non capire che se riparte il Nord, riparte l'intero Paese. In fondo democrazia significa potere del popolo. E i cittadini lombardo-veneti hanno chiesto autonomia. Non vorremmo che il Nord aspetti altri mille giorni prima di vedersi riconosciuti i propri diritti. I doveri li rispetta già anche troppo.