Giuseppe Conte, Alessandro Giuli: stato d'emergenza? No, pieni poteri per non perdere la poltrona
Giuseppe Conte ci condanna a stare male almeno fino al 31 dicembre, se non oltre. Il perdurare dello stato d'emergenza, che secondo le parole del premier «ragionevolmente verrà prorogato fino al 31 dicembre» (o addirittura al 31 gennaio), si porta dietro parecchie incognite e altrettante brutte certezze. La prima delle quali è la prosecuzione dello smart working per tutti i dipendenti pubblici, accompagnata dalla conservazione dei pieni poteri per Palazzo Chigi.
Che cosa significa? Anzitutto che Conte potrà continuare a fare ricorso ai Dpcm, ovvero a legiferare aggirando il Parlamento per triangolare direttamente con la giunta monocratica del Comitato tecnico-scientifico e con la Protezione civile. L'allestimento di zone rosse e altri interventi d'urgenza finalizzati alla compressione dei nostri spazi di libertà potranno ancora essere improvvisati in tempo reale, con procedure verticali, senza alcun confronto politico a monte della stesura di testi e provvedimenti come quelli finora anticipati nelle sfiancanti conferenze stampa somministrateci a reti unificate.
In un trionfo di egolatria e cinismo che rasenta i confini della torsione autoritaria, il presidente del Consiglio tira dunque avanti riservandosi il diritto di annullare elezioni, mantenere le scuole chiuse, prolungare il nostro regime di parziale cattività contraccambiato da evanescenti paghette di Stato che per lo più pesano sulle spalle già sfiancate delle aziende cui è fatto divieto di licenziare, ma che sono costrette ad anticipare i soldi degli ammortizzatori sociali: ci sono circa due milioni d'italiani in attesa della cassa integrazione relativa al secondo trimestre dell'anno e il messaggio più promettente di Conte al riguardo è che lui al pensiero non ci dorme la notte...
Il dato politico è enorme, almeno quanto il frastornante riverbero psicologico d'insicurezza inflitto ai cittadini italiani di fronte a un allarme pandemico che si sta cronicizzando anche a fronte di un'incidenza clinico-ospedaliera bassissima. Di qui le domande elementari: che cosa si aspettano dalle curve epidemiche i nostri governanti asserragliati nelle stanze della decisione accanto ai loro scienziati di riferimento? E soprattutto che cosa dobbiamo aspettarci noi cittadini, di qui all'anno prossimo, rinchiusi come siamo in una prigione invisibile destinata a diventare chissà per quanto l'involucro naturale della vita pubblica? La prima constatazione è che di questa assurda decisione si avvantaggerà la periclitante maggioranza giallorossa, sorretta dall'adagio ricattatorio in base al quale sarebbe da irresponsabili anche soltanto sognare un percorso elettorale nazionale o un cambio di governo in piena emergenza. Ma siamo sicuri che alla lunga tale pseudo furbizia non sarà la causa efficiente di una formidabile onda di ritorno?
L'autunno dietro l'angolo s' incaricherà di smascherare i contorni di una realtà sociale esulcerata e incollerita, trattenuta a forza da una dittatura commissaria fondata sulla rigidità del principio di precauzione, concentrata sul dramma del giorno per giorno e incapace di dotarsi d'una visione d'insieme per prefigurare una credibile exit strategy, la prospettiva di un'uscita ordinata e concorde dall'incubo del 2020 e di un ritorno alla normalità. La popolarità di cui sin qui ha goduto Conte è stata direttamente proporzionale al legittimo bisogno di rassicurazione, ma già adesso l'ostentazione narcisistica di un paternalismo politico-sanitario declamatorio e inconcludente (culminato nei fastosi Stati generali di Villa Pamphilij) sta modificando il sentimento profondo degli italiani. L'impressione che il peggio non sia alle nostre spalle ma possa ancora arrivare, combinata con l'eterno ritorno dell'identica albagia mediatica di regime, rischia di provocare un corto circuito perfino violento nell'organismo di una Nazione debilitata e impoverita.
Certe decisioni non si prendono a cuor leggero, senza prima metterle al centro del dibattito parlamentare, e peggio ancora non si preannunciano in forma cursoria a margine di una passerella veneziana a favore di telecamere. Quando i cittadini matureranno finalmente la convinzione di essere vittime d'un tetro esperimento biologico-sociale, non sarà mai troppo presto; e sarà troppo tardi per Conte e per la sua superbia. La sospensione dei diritti, come la storia insegna, può provocare fragorose cadute.