Renato Farina, non solo Berlusconi: l'antico vizio della giustizia come arma, in dieci punti
Il primo caso di uso politico della giustizia in Italia ebbe per vittima innocente Cesone, condannato senza prove per omicidio all'esilio e a un risarcimento danni monumentale. Perché, povero Cesone? Era figlio di Lucio Quinto Cincinnato. Bisognava far fuori il padre famoso. Opera riuscita. Quest' ultimo però, richiamato dopo alcuni anni dal popolo, tornò. E furono cavoli amari per malfattori. Accadde nel quinto secolo avanti Cristo. Siamo andati troppo lontano? Certo, quel fatto memorizzato dal sussidiario delle elementari ha suggestive somiglianze e un auspicabile finale con i casi di Silvio Berlusconi. (Unica differenza: il Cavaliere non si è mai ritirato nei campi a coltivare porri, ma si è accontentato di schiacciare bottoni a Strasburgo). Resta il fatto che quanto accaduto all'uomo di Arcore, quanto a ingiustizia subita, non è una pera cadutagli in testa per accidente.
È dentro una storia che lo precede e lo accompagna. La racconta un libro che vale la pena di riscoprire. L'autore è Fabrizio Cicchitto, si intitola "L'uso politico della della giustizia", Mondadori, pagine 318, e lo si può acquistare sulla piattaforma Amazon come e-book per 6,72. L'ultima edizione è del 2014, ma c'è tutto per capire la truffa della sentenza del 1° agosto 2013 rinnegata come "schifosa" dal suo relatore Amedeo Franco. Non è questa però la sua forza, bensì la scoperta di come ci si arrivò, non solo in relazione alla storia politica del Cavaliere, ma nel contesto di una occupazione di fatto delle procure e della macchina giudiziaria da parte del Partito comunista sin dal primo dopoguerra. Sgombriamo il campo dall'obiezione ad personam, e cioè la militanza di Cicchitto, prima socialista, poi con Forza Italia fino al 2013, quindi su posizioni alternative al centrodestra. Che problema sarebbe? Nessuno storico è nato sotto un cavolo, la serietà si valuta dal valore dei documenti e delle analisi. (Ricordo peraltro che, quando Cicchitto licenziò i capitoli finali del suo lavoro durato decenni, aveva rotto con Berlusconi).
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Il libro è denso di particolari amaramente gustosi che avvolgono una lettura avvincente e danno credito al seguente percorso narrativo. 1. A partire dal 1945 l'Italia ha vissuto due "guerre civili fredde". La prima fino alla caduta dell'Unione Sovietica, la seconda che dura ancora oggi. Bisogna raccontare la storia di Yalta e della spartizione dell'Europa? Non è necessario. C'è un aspetto di Yalta che fu scoperto da Gianni De Michelis, socialista, ahimè calunniato e scomparso: Yalta comportò, per evitare spargimenti di sangue ben oltre gli assassinii praticati dai comunisti nel Nord Italia dopo il 25 aprile, l'attribuzione al Partito comunista di alcuni caposaldi in un territorio politico consegnato alla Democrazia cristiana. La cultura, le università e - eccoci - le Procure, con Palmiro Togliatti ministro della giustizia nel tempo cruciale della transizione.
IL FINANZIAMENTO
2. Andiamo al nodo purulento, ma sepolto per accordo generale, magistratura compresa fino al 1992. Il finanziamento dei partiti. Doppio sistema. Pci: denari palesemente più irregolari e da alto tradimento, ma accettati serenamente come ovvi da tutti. Kgb sovietico, interscambio con l'Est, Coop rosse, Eni, tangenti enti locali. Dc: Cia, grandi imprenditori, a cui Fanfani aggiunse quelli delle partecipazioni statali. I socialisti? Quando erano alleati con il Pci, i soldi arrivavano dall'Urss e dalle Coop rosse. Quando passò al centrosinistra, ci pensò la Dc.
3. Craxi cambiò strada. Volle essere autonomo anche finanziariamente. Trovò in Italia quattrini da imprenditori amici, gli si attaccarono anche parassiti e avventurieri. Insomma, ladri che rubavano per il partito ma soprattutto al partito. C'era per tutti, a partire dal 1974 il finanziamento pubblico, ma non bastava mai. E non osarono spiegarlo all'opinione pubblica, preferirono intendersi dietro le quinte.
4. 1989, ecco il crollo del Muro. Cossiga comprese che i guai sarebbero nati per tutti, non capito da Dc e Psi. Sentiva odore di ribellione tra la gente. La magistratura che era perfettamente al corrente di questa tacita spartizione, percepì la possibilità di occupare lo spazio della politica corrotta, con la sua squadra di procuratori e pm puri e duri. Era l'idea di Francesco Saverio Borrelli che teorizzò la funzione di supplenza delle toghe, magari chiamata a servire le istituzioni dal presidente della Repubblica. Nel caso Oscar Luigi Scalfaro, tenuto sotto schiaffo per elargizioni di Assolombarda e per i famosi cento milioni mensili dai Servizi segreti.
5. In un primo momento la Procura di Milano era convinta di poter colpire anche l'ex Pci. Cicchitto testimonia della paura fottuta di molti amici comunisti di essere presi al lazo. Con l'unità nazionale, anni '78 e seguenti, partecipavano tranquillamente alla distribuzione della torta (come spiegò Tonino Di Pietro a Vittorio Feltri).
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LE PROVE DEGLI ARCHIVI
6. Ci sono altre prove dell'antica corruzione comunista e della consapevolezza dei suoi vertici del marcio di cui campavano, Enrico Berlinguer compreso, lo stesso che proclamò la "questione morale" per gli altri. Uno storico, Guido Crainz, ha potuto attingere dagli archivi di Botteghe Oscure. Elio Quercioli, segretario regionale lombardo, direzione del 1° febbraio 1973, dice: «Molte entrate straordinarie derivano da attività malsane. Nelle amministrazioni pubbliche prendiamo soldi per far passare certe cose. In questi passaggi qualcuno resta con le mani sporche e qualche elemento di degenerazione poi finisce per toccare anche il nostro partito». Armando Cossutta denuncia il 3 giugno 1974: «In alcune regioni ci sono entrate che non sono lecite legittimamente, moralmente, politicamente. (Il finanziamento pubblico, ndr) sarà il modo per liberare il partito da certe mediazioni». Non accadde. Anche con Berlinguer, grande mistificatore, si insisté nel procurarsi l'oro di Mosca.
7. La sostituzione di tutti i partiti con i pm era qualcosa di troppo grosso. Con la mediazione del procuratore aggiunto Gerardo D'Ambrosio, la cui scrivania era sempre perfettamente sgombra (Di Pietro dixit), si perfezionò l'accordo con i post-comunisti. Furono spazzati via tutti i partiti con umiliazione pubblica dei segretari al processo Enimont, tranne quelli del Pci (ad eccezione dei miglioristi e di alcuni quadri locali per cui le indagini erano già partite). Fu preservata la sinistra dc. Lo spazio lasciato vuoto dal Pentapartito sarebbe stato occupato dai progressisti e dai loro utili idioti.
8. Ah il processo Enimont! Cicchitto racconta gli incredibili magheggi con cui Di Pietro e il Tribunale preservarono Occhetto e D'Alema. Mentre tutti gli altri dovevano sapere, anche se non c'era prova avessero avuto la valigia dei soldi tra le mani, invece i leader comunisti neppure furono convocati come testimoni. Ammise Di Pietro che i soldi erano davvero spariti lì a Botteghe Oscure, ma non poteva chiamare a testimoniare "il Signor Pci". Così al processo si condannarono i corruttori confessi del Pci, cioè Sama e Cusani, e non i corrotti...
9. In quegli anni furono arrestati tutti gli imprenditori finanziatori di Craxi, da Gardini a Ligresti e Cagliari. Non invece Berlusconi. Con spregiudicatezza il pool di mani Pulite lo preservò perché serviva l'appoggio delle sue tivù e giornali. Il Cavaliere accettò lo scambio. Mai neppure sfiorato da un avviso di garanzia. Dopo di che fece un errore per noi salvifico. Comprese che Mani Pulite salvava il Pci, e appena annunciò di voler contrastare i comunisti, gli arrestarono come avvertimento il fratello Paolo. Da allora non hanno più smesso pm e sinistra di usare la giustizia per eliminarlo. 70 processi! Con una capacità di resistenza mostruosa, ha saputo reggere fino agli ultimi due attacchi: quello del bunga bunga, da cui è uscito vittorioso (salvo ulteriori fantasiose code) e quello fiscale.
DIFESA NEGATA
10. E siamo alla sentenza del 1° agosto 2013. Preparata da un'incredibile sequenza di negazione del diritto di difesa. Su 170 testimoni proposti, la Corte ne ha accettati 22, escludendo quelli decisivi, tra cui l'ad di Paramount che era il complice del presunto socio di Berlusconi in una frode che il Tribunale civile ha completamente smontato, ridicolizzando le accuse mostruosamente falsificate in tre gradi di processo condotti a ritmo di quadriglia. Tutto documentato. Adesso come finirà? I magistrati associati con i loro giornali hanno sparato già contro il morto colpevole di aver detto la verità, e cercano di mettere sotto tortura mediatico-giudiziaria testimoni compromettenti per i giudici. Vinceranno ancora loro? Siamo condannati a veder decapitare ogni volta, appena rialza la testa, la democrazia sotto i colpi di sciabola di chi usa la giustizia a scopo di potere proprio? Speriamo che stavolta le vittima vada di traverso ai cannibali.