Pietro Senaldi su Matteo Salvini: "Con il conto del Papeete lo Stato ha risparmiato"
Abbiamo scoperto che si stava meglio quando ci dicevano che stavamo peggio. «Dobbiamo pagare il conto del Papeete», ghignava il ministro dell'Economia l'autunno scorso ogni volta che qualcuno gli faceva notare che il taglio del cuneo fiscale sulle buste paga dei lavoratori dipendenti era poca cosa e che in realtà il governo aumentava la pressione tributaria anziché diminuirla. Tempo sette mesi e siamo già a rimpiangere il conto del famigerato bagno romagnolo. A dirlo non sono Borghi o Bagnai, gli economisti anti-euro di Salvini, bensì la Corte dei Conti, che ieri ha ufficialmente valutato come «molto positiva» la gestione del bilancio statale dell'anno scorso. I numeri parlano chiaro: l'indebitamento netto, pari a 30 miliardi, si è ridotto di 13 miliardi rispetto al 2018, molto più di quanto previsto dai documenti programmatici, mentre le entrate sono aumentate del 2,8%, con un forte incremento delle imposte dirette. Notizia ancora più positiva, sul fronte delle uscite sono calate le spese correnti e sono aumentate quelle in investimenti; il che significa che abbiamo usato più soldi per costruire e ne abbiamo buttati di meno nell'altoforno dello spreco pubblico.
Non solo. Salvini è stato accusato dalla sinistra di far salire lo spread con le sue dichiarazioni anti-europeiste, ma la Corte dei Conti rileva che la spesa per gli interessi sul debito l'anno scorso è scesa di oltre il 6%. Tutto merito degli ultimi quattro mesi? Peraltro, precisano i magistrati contabili, negli ultimi trent' anni l'Italia ha avuto un comportamento tutto sommato virtuoso, non spendendo, al netto degli interessi sul debito, più di quanto entrava in cassa. Alla fine, il conto più salato ai contribuenti non arriverà dal Papeete ma lo presenteranno i camerieri di Conte. Dopo le ultime iniziative del premier per rilanciare l'economia, il Fondo Monetario Internazionale ha corretto al 12,8%, in aumento, il calo del prodotto interno previsto per l'anno in corso. Questo nonostante il debito sia destinato a salire fino al 160% del Pil per finanziare i sussidi a chi sta a casa. A stroncare l'Italia saranno i conti di Gualtieri e del professore di Volturara Appula, non quello di Salvini. D'altronde, il nostro è l'unico governo al mondo che si illude di rilanciare l'economia senza puntare sul lavoro bensì su bonus vacanze, casse integrazioni e permessi agli statali e ai dipendenti privati per non presentarsi in ufficio fino alla ripresa delle scuole; le quali, peraltro, rischiano di non riaprire più.
SENZA SPERANZA
Questo governo non lascia speranza. Da due settimane invoca la collaborazione dell'opposizione, ma ieri ha posto la fiducia sul provvedimento che dovrebbe dare il là alla risalita. Conte e i suoi evocano lo spirito del Dopoguerra ma non dicono che fu un periodo di miseria profonda e che il miracolo economico non fu fatto andando in vacanza o collegandosi con l'ufficio dal divano di casa, bensì grazie a milioni di cittadini, poco garantiti e mal pagati, che si spaccarono la schiena, lavorando anche il sabato senza troppo badare all'economia verde e al codice degli appalti e riempiendo il Paese di macchine e case. Il tutto a un livello di tassazione che era poco più della metà rispetto a quello attuale. Uno scenario che l'esecutivo combatte con tutte le sue forze, con Gualtieri che ostenta uno strano ottimismo, sostenendo che il Pil nel 2020 calerà solo dell'8%. Sai che gioia. Conte e i suoi non hanno nessuna ricetta economica e nessuna visione politica. Tengono in ostaggio le imprese con provvedimenti che, anziché salvare l'economia, salvano solo le loro poltrone. Nel frattempo attendono i soldi della Ue e aumentano il debito per le prossime generazioni per lasciare a casa pagate quelle attuali. Forse il fatto che Bruxelles, per finanziarci, pretenda di dirci cosa fare e dove mettere i soldi, è il minore dei mali.